Parla il regista de Il silenzio tra due pensieri

Incontro con Babak Payami, che, parlando della sua osteggiata pellicola, ci dà un quadro della situazione politica e artistica dell'Iran di oggi.

Alla presentazione del nuovo, martoriato, film di Babak Payami sono presenti il regista stesso e il montatore, Babak Karimi. Nonostante l'ottimo italiano di quest'ultimo, la conferenza stampa sarà quasi esclusivamente un frizzante dialogo tra il cineasta iraniano e i giornalisti.

Oltre che in Italia, dov'è stata distribuito Il silenzio tra due pensieri? Babak Payami: Solamente in Inghilterra. Ora esce in Italia e prossimamente uscirà in Canada e alcuni altri paesi europei. Ci vuole coraggio a mostrare un film del genere. Il film si potrebbe paragonare alla storia di un viaggiatore, che riesce ad arrivare allo stremo delle forze alla meta, e che prima di morire racconti tutto.

Al di là dei tagli e dei problemi con la censura, perché secondo lei uno spettatore italiano dovrebbe essere interessato a vedere un film del genere? Forse bisognava inquadrare meglio il contesto, che si capisce poco. Babak Payami: Il mio obiettivo non è fare un film perché uno spettatore straniero lo possa capire. Gli interrogativi che lei si pone sono quelli che vorrei si ponesse lo spettatore. In tutti i miei film mi pongo come osservatore, non come giudice. Quelli che vanno qualche settimana in Iran e tornano pensando di averlo capito sono irrispettosi. Se lei si impegnasse a trovare risposte a quegli interrogativi, potrei ritenermi un regista di successo. Non avevo intenzione di fare un film pubblicitario. Ma sono convinto che chi affronta uno sforzo produttivo del genere o è pazzo o sa quel che sta facendo. Io credo di essere un po' di entrambi.

Qual è stata la motivazione ufficiale della censura?Non l'abbiamo saputo ufficialmente. Il film acquista più valore sia per l'imminenza delle elezioni nel suo paese che per le imperfezioni dovute a quell'origine travagliata. Babak Payami: Grazie per la solidarietà. Io sono solo un cineasta, ma non ho paura di guardare negli occhi il nemico. Non sono impegnato politicamente a livello di partito, e non mi ritengo tanto autorevole da poter esprimere giudizi , tanto più a questa che si presenta come una illusione elettorale.

Ritornando alla censura, secondo lei qual è stato il motivo del sequestro del suo film? Babak Payami: Non penso che chi mi si oppone abbia una profonda motivazione. Per come mi hanno trattato li considero dei dittatori primitivi. Quando ho chiesto a chi mi interrogava se avesse visto il film, ha risposto che non serviva, che era indifferente. Può bastare questo.

Dovrebbe, mi scusi, dare riferimenti più precisi, indicare luoghi e date. Insomma, dovrebbe prendere una posizione più precisa. Babak Payami: Cerco di non cadere nella provocazione e risponderò di conseguenza. Quando faccio un film, cerco di far condividere allo spettatore quel che sento. Cerco così di creare personaggi che non siano legati a persone specifiche o luoghi. Il film si apre descrivendo un assassino a cui vengono dubbi sull'autorità a cui è asservito, e va al di là della condizione della donna nel rapporto col suo carnefice. Ha dei dubbi. Alla fine i propri dubbi lo porteranno alla morte. Nel film c'è questa contrapposizione tra un patriarca e una patriarca. Il resto dell'analisi del film lo lascio allo spettatore.

Qualche parola in più sulle elezioni? Babak Payami: Sono uno dei pochi, in verità, che ha parlato di elezioni. Ho fatto un film intero che ha parlato di elezioni. Non voglio assolutamente legittimare con un giudizio delle elezioni che sono una farsa e un'illusione.

Come vede il futuro dell'Iran sul piano culturale? Babak Payami: Dal punto di vista tecnico non lo so. L'Iran è un paese con grandi potenziali, una società giovane con una storia millenaria. La situazione in Iran continuerà perché gli artisti useranno la loro creatività in modo libero, cosa che la polizia cercherà di arginare non riuscendoci.
Quando mi hanno interrogato, ho detto a un certo punto a chi mi interrogava:"Se mi sequestrate il film ne faccio un altro. Se mi uccidete, ci sarà un altro regista. Se ucciderete dieci, ce ne saranno altri dieci"

La copia digitale, quella che abbiamo noi, ha problemi solo estetici o cambia anche il contenuto originario del film? Babak Payami: No, contenutisticamente il film è questo. Ci siamo però dovuti rifare a materiali secondari, di scarto.