Recensione Tenebre (1982)

Nonostante l'idea di base possa essere apprezzabile, il film non è tra i migliori di Argento: le luci bianche di 'Tenebre' annullano l'oscurità da fiaba di 'Suspiria', Argento prende un'altra direzione e molto lentamente, ma inesorabilmente si avvia al suo declino artistico.

Orrore bianco

Lo scrittore americano Peter Neal è a Roma per per promuovere il suo ultimo romanzo, il thriller Tenebrae, ma il suo non è un soggiorno tranquillo: qualcuno, al suo arrivo nella capitale, gli ha distrutto il contenuto del bagaglio e lo perseguita con telefonate minacciose, ed è forse la stessa persona che uccide giovani donne ispirandosi agli omicidi descritti nel suo libro, e non è una semplice coincidenza, perchè nella bocca della prima vittima, vengono trovate alcune pagine di Tenebrae. Attorno allo scrittore, una rosa di personaggi ambigui: una segretaria eccessivamente premurosa e segretamente innamorata di lui, un agente viscido e falso e la sua ex moglie, ossessionata da lui fino al punto di seguirlo in ogni suo spostamento.

Dario Argento stavolta concepisce un film molto diverso dai precedenti; il titolo non evoca l'oscurità d'ispirazione fiabesca di Inferno e Suspiria, nella quale albergano streghe malefiche e candide fanciulle, ma il buio della psiche: Tenebre, infatti è ambientato in una Roma solare ma desolata al tempo stesso, ed in cui gli omicidi più efferati si svolgono in case dalle pareti completamente bianche, o in piazze assolate. L'oscurità quindi risiede nei personaggi, non nei luoghi dove si svolge la storia: l'assassino è ossessionato dal suo passato, da ricordi confusi su una ragazza che domina sessualmente un gruppo di amici maschi, una spiaggia ed un paio di scarpe rosse con i tacchi alti. Il ricordo di questa ambigua e silenziosa dark lady vestita di bianco spinge l'assassino ad uccidere quel che lui considera luride pervertite da punire, e quindi sceglie le sue vittime tra donne "diverse", ad esempio la cleptomane Elsa Manni e una coppia di lesbiche dalla sessualità libera.

L'idea di base del film dev'essere nata da un progetto mai realizzato - perchè De Laurentiis lo giudicò impossibile da proporre al pubblico tanto era malsano - un film che parlava di pasti cannibalici tra barboni e di un giornalista che inserendosi nella loro "società" perdeva la personalità. Nonostante il plot di questo progetto sia molto diverso da quello di Tenebre, c'è qualche punto di contatto per quanto riguarda il tema della diversità che in questo film viene sviluppato in maniera più pessimistica che nel successivo Phenomena: i personaggi del film sembrano fagocitarsi a vicenda prima di essere uccisi.

Nonostante l'idea di base possa essere apprezzabile, il film non è tra i migliori di Argento: a parte le scene degli omicidi, dirette con inventiva e una certa classe, tutto risulta piatto e datato, la recitazione dei protagonisti non propriamente da manuale e i dialoghi forzati e poco spontanei rivestono il film di una considerevole patina trash tipica degli anni '80. Argento si distacca nettamente da quanto fatto in passato e prova a dirigere un thriller anticonvenzionale, ma lo riempie di personaggi talmente stereotipati da sembrare macchiette: un'intellettuale femminista isterica, sbuffante e polemica, una ragazzotta disinibita che va in giro seminuda, la segretaria dello scrittore di successo, timida ed innamorata, l'ispettore fascinoso e la sua inutile assistente e l'ex moglie dello scrittore che si fa vedere ogni tanto in atteggiamento furtivo e sospetto, e se il suo ruolo non fosse abbastanza chiaro, indossa anche un paio di vistosi occhiali da sole.
Le luci bianche di Tenebre annullano l'oscurità da fiaba di Suspiria, Argento prende un'altra direzione e molto lentamente, ma inesorabilmente si avvia al suo declino artistico.

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2.0/5