Recensione Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi (2004)

Quello che però va riconosciuto al regista Brad Silberling è di aver cercato in tutti i modi e di essere perlomeno parzialmente riuscito a riportare sul grande schermo lo spirito particolarissimo alla base dei romanzi di Lemony Snicket.

Ombrose note su un film gradevolmente spiacevole

Tratto dai primi tre romanzi dell'omonima serie firmata dallo statunitense Daniel Handler, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi racconta le vicende di Violet, Klaus e Sunny Baudelaire - rispettivamente 14, 12 e nemmeno un anno di vita. Dopo la morte dei genitori, avvenuta in un tragico e misterioso incendio che ha raso al suolo la loro dimora, i Baudelaire vengono affidati ad un lontano parente, il Conte Olaf, attorucolo borioso, grottesco e arrogante. Il Conte Olaf ha in realtà un unico interesse: mettere le grinfie sull'enorme patrimonio ereditato dai Baudelaire, anche a costo di eliminare fisicamente gli orfani. Grazie alle loro abilità, alla loro astuzia e alla forza che dà loro l'unione, gli orfani riusciranno a sfuggire dal conte Olaf e ad essere affidati a qualcun altro. Ma imperterrito, perfido (e travestito) Olaf si ripresenterà puntuale per portare a termine il suo piano malvagio.

Per quelli che, come chi scrive, sono appassionati e ammiratori dei romanzi di Lemony Snicket, è operazione non facile giudicare questo film, visto che per ovvie necessità cinematografiche i tre romanzi alla base del film (L'infausto inizio, La stanza delle serpi e La funesta finestra) sono stati condensati, mescolati, semplificati. Emily Browning e Liam Aiken, i giovani attori che interpretano Violet e Klaus (su Sunny non ci pronunciamo per ovvi motivi anagrafici), in potenza divi e sex symbol di domani vista la loro buona performance ed il loro bell'aspetto, sono poi funzionali alla parte, ma forse troppo distanti fisicamente e caratterialmente dall'immagine che dai libri traspariva. Soprattutto le loro abilità (Violet è una provetta inventrice, Klaus divora ogni libro che ha a tiro e ha quindi un'ottima cultura) non vengono forse rappresentate e valorizzate nella giusta maniera da una sceneggiatura frammentaria e a tratti frettolosa.

Quello che però va riconosciuto al regista Brad Silberling è di aver cercato in tutti i modi e di essere perlomeno parzialmente riuscito a riportare sul grande schermo lo spirito particolarissimo alla base dei romanzi di Lemony Snicket. Romanzi sì "per ragazzi", ma maturi, stimolanti e intelligenti, che oltre ad essere divertenti e di piacevolissima lettura hanno il coraggio di essere (soprattutto) dark e cupi e di mostrare e raccontare senza mezzi termini temi come la morte, il lutto, la crudeltà, le difficoltà della vita.
Silberling ha indubbiamente dovuto mediare questo spirito di base con le esigenze hollywoodiane, e quindi il risultato è sicuramente più conciliato, ottimista e aperto alla speranza di quanto avvenga nelle pagine dei libri: ciò nonostante Lemony Snicket si differenzia dal grosso della produzione hollywoodiana (del genere e non) proprio grazie al coraggio che dimostra nell'affrontare certi temi.
Questo, unito al fatto che l'aspetto visivo e formale del film (dai costumi alle scenografia passando per fotografia e il trucco premiato con l'Oscar) e alla incontenibile performance si Jim Carrey, rende il film un prodotto di sicuro godimento, e ne fa perdonare il difetto più visibile anche a chi i libri che vedono protagonisti gli orfani Baudelaire non li ha mai letti, ovvero una certa farraginosità ed episodicità del racconto che non aiuta ad entrare appieno nel vivo della storia.

Viene quindi promosso con una sufficienza piena il film che potrebbe segnare l'inizio di una nuova lunga serie cinematografica, contando che la serie letteraria conterà in totale di tredici titoli e che quindi ne rimangono ancora a disposizione dieci per far tornare sul grande schermo Violet, Klaus, Sunny e la loro nemesi, il conte Olaf.