Il ritorno di Ulisse: Oltre il mito

L'archetipico poema di Omero viene utilizzato in modo creativo, in un prodotto che sta a metà tra la reinterpretazione e il sequel. I 100 minuti visti in anteprima mostrano buone idee e una confezione curata, ferma l'impossibilità di dare un giudizio più compiuto.

Nonostante il potenziale cinematografico dell'epica omerica, e il suo carattere archetipico (nonché fondativo di una parte importante della narrativa - e della cultura - occidentale) sono state sorprendentemente poche le riduzioni cinematografiche e televisive delle opere del leggendario poeta greco. L'Odissea in particolare, prototipo ancestrale della narrativa incentrata sul viaggio, radice di tutte le opere (letterarie e non) che affrontino i temi della ricerca solitaria, del ritorno a casa, della perdita e ritrovamento dell'identità, ha visto pochi registi cimentarsi con le sue vicende: tra questi, vanno ricordati ovviamente Mario Camerini col suo Ulisse, Franco Rossi con lo sceneggiato televisivo Odissea, e buon ultimo Andrei Konchalovsky con la sua omonima serie tv del 1997. Nonostante i temi di Omero (e dell'Odissea in particolare) abbiano influenzato in lungo e in largo le strutture del racconto cinematografico (e televisivo) fin dalla sua nascita, cimentarsi direttamente con la sua opera ha evidentemente provocato in molti cineasti un (giustificato) timore reverenziale. Al novero delle riduzioni destinate al piccolo schermo, si aggiunge ora questo Il ritorno di Ulisse, co-produzione franco-italo-portoghese in dodici puntate, che vede i nostri Alessio Boni e Caterina Murino rispettivamente nei ruoli dell'eroe e di sua moglie Penelope. Di questa nuova opera, che reinterpreta creativamente la seconda parte del poema (quella che vede l'approdo di Ulisse a Itaca, e la sua lotta per tornare sul trono) abbiamo potuto vedere in anteprima, nel corso del RomaFictionFest, il secondo episodio, preceduto da un breve riepilogo del pilot.

Ferma l'impossibilità di dare un giudizio minimamente compiuto, dopo la visione di un semplice spezzone (circa 100 minuti) di un'opera ben più articolata, va detto che agli ideatori di questo Odysseus (questo il più secco titolo internazionale) non è certo mancato il coraggio: la strada scelta è infatti qualcosa che sta a metà tra la reinterpretazione e il vero e proprio sequel. La serie risolve in due episodi la riappropriazione del trono da parte dell'eroe (con notevoli differenze rispetto alla narrazione omerica), concentrandosi poi su ciò che dal poema è rimasto fuori: il nuovo regno di Ulisse, il governo di Itaca, e la vita personale e pubblica del ritrovato sovrano. In questa narrazione, lo script non fa alcun riferimento alle tante, ipotizzate prosecuzioni della vicenda di Ulisse (compresa quella descritta da un indovino nello stesso poema) scegliendo invece una strada del tutto originale. Il motivo prescelto dagli sceneggiatori sembra infatti essere quello, già presente in Omero e qui prolungato e diversamente declinato, del riconoscimento: riconoscimento che non si limita più all'avvenuta presa d'atto dell'identità del protagonista, ma si estende alle trasformazioni da lui subite in un ventennio di assenza, assumendo inoltre una doppia direzione. E' anche lo stesso Ulisse, infatti, a non riconoscere più il suo popolo, le persone a lui fedeli, persino i suoi familiari: il tema dello scorrere del tempo irrompe prepotentemente nel racconto, mentre il carattere dello stesso protagonista assume sfumature diverse e originali rispetto alla descrizione a cui siamo abituati. L'Ulisse che vediamo qui è infatti rabbioso, ossessionato dal tradimento, incapace di discernere tra alleati e nemici, tra complotti reali e immaginari: l'autocontrollo frutto della metis, la proverbiale astuzia che Omero gli attribuisce, sembra averlo definitivamente abbandonato. Un accenno (da verificare) dei temi shakespeariani legati al potere, alla sua capacità di logorare l'individuo, e di mettere in crisi gli stessi affetti familiari (il rapporto padre-figlio è descritto da subito come problematico) sembra far capolino nel racconto, aprendo scenari inediti per il personaggio.

In tutto questo, la prova offerta da Boni sembra decisamente efficace, nel dar vita ad un protagonista arso dai dubbi, dalla frustrazione del mancato riadattamento, dal mancato ritrovamento di luoghi e persone così com'erano ricordati, dalla costante preoccupazione del tradimento (che arriva a sfiorare la paranoia). Il nuovo Ulisse potrà forse far storcere il naso ai puristi, ma per capire quanto, effettivamente, questo personaggio si allontani da quello descritto da Omero, quanto la visione di Frédéric Azémar (ideatore) e Stéphane Giusti (regista) sia libera reinterpretazione, e quanto risulti invece, eventualmente, indebito travisamento, l'episodio a cui abbiamo assistito è indubbiamente troppo poco. Qualche dubbio resta sulla prova di Caterina Murino, che già in questi 100 minuti risulta spesso inutilmente sopra le righe, nonché gravata da un'enfasi poco indicata per il personaggio. La ricostruzione scenografica dell'isola di Itaca, caratterizzata da un uso abbastanza parco (ma presente) del digitale, sembra invece di buon livello, segno dell'impegno profuso in questa coproduzione internazionale (ai capitali di Rai Fiction si sommano, tra gli altri, quelli dell'emittente franco-tedesca Arte - sui cui teleschermi la serie ha già debuttato a giugno - e della portoghese RTP). La confezione del prodotto, più in generale, sembra decisamente curata, così come il realismo, in termini di graficità della rappresentazione, delle scene d'azione: non siamo ai livelli di prodotti come Spartacus, ovviamente, ma il regista non si tira certo indietro quando c'è da mostrare il sangue, né si fa spaventare, pur nei limiti di un prodotto destinato alla tv generalista, dalla rappresentazione del sesso. Per una valutazione più compiuta, attendiamo ovviamente l'approdo della serie sui teleschermi Rai, previsto per il prossimo dicembre.