NYFF 2014: Richard Gere diventa Homeless per Time out of Mind

L'attore ha presentato il suo ultimo film al Festival di New York. A dirigere il film Oren Moverman, regista di The Messenger e sceneggiatore di Io sono qui.

Senza alcun dubbio Richard Gere ha trovato il suo posto nel mondo. E con questo non consideriamo solamente il successo per cui, come ha ammesso, continua a lavorare ancora all'età di 64 anni e dopo molte conferme. La svolta della sua esistenza, infatti, è arrivata soprattutto con il misticismo buddista e gli insegnamenti di un suo maestro zen dal quale ha imparato a controllare l'impulsività con una particolare tecnica respiratoria. Da qui la sua espressione placida e il pacato distacco con cui affronta gli impegni del suo mestiere. Per lui le problematiche della vita sono altre e riflettono sempre la condizione dell'uomo e della comunità in cui vive.

Per questo motivo è rimasto conquistato dallo script di Time Out of Mind, film in cui percorre la strada difficile e solitaria del senza tetto newyorkese George, rintracciando in Oren Moverman, regista di Oltre le regole - The Messenger, la voce migliore per raccontarla sul grande schermo. La prima stesura della sceneggiatura è rimasta in attesa per oltre 10 anni ma, nonostante un gap di tempo così ampio, continua ad essere incredibilmente attuale visto che la condizione degli homeless della Grande Mela non è poi molto cambiata. Così, insieme a Moverman porta al Festival di New York un film fatto di poche parole ma molti "rumori" interiori sulla compassione e sulla ricerca di sentimenti universali come la comprensione, la speranza e l'affetto, che danno senso alla vista stessa e alla condizione dell' uomo.

All'inizio fu uno script

Richard Gere e Oren Moverman al Festival di New York con Time Out of Mind
Richard Gere e Oren Moverman al Festival di New York con Time Out of Mind

Spesso nel cinema ci sono dei progetti cui sembra impossibile opporsi, per una ragione o per l'altra. Questi, infatti, sembrano arrivare nella vita di attori o registi con la precisa necessità di essere raccontati. L'importante, però, è saper aspettare il momento giusto senza bruciarli con troppa fretta o ansia da prestazione. In questo senso Richard Gere, incontrando la storia di George, ha sentito di doversi prendere tutto il tempo necessario per essere emotivamente pronto. "Questa storia è arrivata nella mia vita più o meno dieci anni fa ma in quel momento non avevo intenzione di realizzare una progetto del genere - spiega l'attore - Non ero pronto. Poi, però, ho cominciato a pensare a questo script ed ho capito di volerlo portare sullo schermo ma seguendo una direzione diversa. Ad attrarmi era il percorso interiore di George, la sua storia di vita vissuta per le strade della città raccontata, però, attraverso una poesia incolta priva di qualsiasi auto commiserazione. Così sono corso da Oren spiegandogli che avevo tra le mani questo script incredibile, ma che non avevo idea di come risolverlo per il cinema. A quel punto lui ha accettato di visionare il materiale ed abbiamo iniziato a discutere delle varie possibilità. Il risultato è stata una sceneggiatura incredibile che Oren ha voluto dirigere, visto che l'aveva scritta. In quel momento desideravo affrontare una regia ma ero anche consapevole che non avrei mai potuto dirigere me stesso in un progetto del genere. Così è iniziata la nostra collaborazione."

La drammaticità dell'anima

Richard Gere homeless in Time Out of Mind
Richard Gere homeless in Time Out of Mind

Trattare gli ultimi, ossia gli uomini invisibili alla società, ha dei rischi narrativi evidenti, primo tra tutti puntare su toni eccessivi con l'intento di evidenziare il pathos e l'affinità con il personaggio. In questo caso, invece, Moverman e Gere hanno scelto di optare per uno stile solo a prima vista più semplice ed essenziale. "Abbiamo individuato un modo particolare per portare questa storia sul grande schermo" continua l'attore "Non volevamo costruire delle grandi scene drammatiche che, di volta in volta, facessero comprendere allo spettatore cosa stava per accadere o cosa era successo nella vita di George per portarlo a quel livello di solitudine e negazione umana. La nostra intenzione, invece, era di entrare nel respiro di quest'uomo, comprendere come funzionava la sua mente e dove stavano andando i suoi pensieri, sempre considerando il contesto del mondo in cui viveva, ossia una New York rumorosa e spesso intransigente. Lo script era più specifico sul passato di George ma, secondo me, il background psicologico di un personaggio non interessa a nessuno. E' molto semplice per un personaggio raccontare da dove viene e come vive. Molto più difficile, invece, é denudare emozionalmente se stesso. In questo caso il livello drammatico si fa più alto. Per questo motivo per noi é stato naturale dirigerci in questa direzione. Si tratta di un racconto puro e questo doveva portare ad un film quasi silente."

Un uomo da marciapiede

Prima delle riprese Gere ha avuto la possibilità di trascorrere del tempo con dei senzatetto, non tanto per scoprire i ritmi di esistenze caratterizzate dal tempo dilatato tra ricoveri dove dormire e mense in cui magiare, quanto per comprendere il senso di una esistenza in cui non esiste aspettativa e sempre meno conta ciò che sta per accadere. Questa conoscenza, poi, è culminata con il primo giorno di riprese in cui proprio Gere, considerato per molto tempo il sex symbol per eccellenza e l'emblema dell'eleganza maschile, ha messo in gioco tutto se stesso scendendo in strada come un senzatetto qualunque. E il fatto veramente eccezionale è che nessuno lo ha riconosciuto sotto la barba incolta e l'aspetto trascurato. "Ci sono delle sensazioni che non possono essere articolate facilmente. Il primo giorno che sono stato in strada per noi ha rappresentato una sorta di test per capire se questo esperimento avrebbe funzionato o meno. Per quanto mi riguarda, però, è stata anche la prima occasione che ho avuto per confrontarmi con le persone e come mi potessi sentire in quella situazione specifica. Sono bastati pochi isolati per vedere come la gente rifiutasse qualsiasi contatto visivo con me e questo perché stavo rappresentando un fallimento. E nessuno vuol stare vicino ad un fallimento, soprattutto a New York dove tu puoi essere facilmente risucchiato in quel buco nero di miseria. La macchina da presa era in uno Starbucks e nemmeno un passante se ne è accorto. Era come se fossi nudo nel mezzo della strada, nessuno mi guardava e si accorgeva di me. cercavo di approcciarmi a loro senza aggredirli ma nessuno mi ha dato un soldo. E per me è stato sconvolgente scoprirlo."

Time Out of Mind: Richard Gere in una scena del film
Time Out of Mind: Richard Gere in una scena del film