Recensione Amityville Horror (2005)

Ennesimo remake di uno dei più celebri film di quel che è considerato il periodo d'oro dell'horror; il film di Douglas ne riprende fiaccamente il plot originale, e lo ripropone in una versione riveduta, ma non corretta.

Non rientrate in quella casa

Convinti che sia la casa dei loro sogni, i Lutz decidono di acquistare la villa che fino all'anno precedente era appartenuta ai De Feo, trucidati nel sonno da Ronald, il figlio maggiore, che sosteneva di aver sentito delle voci misteriose che lo istigavano a far fuori i propri cari. George Lutz è il secondo marito di Kathy, che ha avuto i suoi tre figli dal matrimonio precedente, e pazientemente cerca di farsi accettare dai ragazzi, che non hanno dimenticato il loro padre naturale. Nella nuova casa, le normali incomprensioni iniziali tra George ed i figli di Kathy, sembrano farsi più frequenti ed illogiche - in modo preoccupante - e spingono l'uomo verso lo stesso terrificante percorso nella follia che aveva portato Ronald De Feo ad uccidere tutti i membri della propria famiglia.

Ennesimo remake di uno dei più celebri film di quel che è considerato il periodo d'oro dell'horror - quegli anni '70 che si ricordano per capisaldi della suspence come Il presagio o Changeling - il film di Andrew Douglas ne riprende fiaccamente il plot originale - ispirato ad una vicenda realmente accaduta e romanzata da Jay Anson - e lo ripropone in una versione riveduta, ma non corretta.

Il cinema dell'orrore, spentosi sul finire degli anni '80, si risveglia con l'inizio del nuovo millennio rivitalizzato dalle terrificanti suggestioni de Il sesto senso di Blair Witch Project e dalle cupe ghost-stories provenienti dal lontano Oriente, che introducono una concezione della paura che era stata poco considerata, ovvero l'orrore suggerito che si serve della fantasia degli spettatori per farsi più minaccioso ed incombente. I remake dei classici degli anni '70, oltre al plot originario, ripropongono ossessivamente le coordinate vincenti del film di Shyamalan e di quegli horror orientali che hanno conquistato anche l'Occidente - ed i botteghini - privandole però delle componenti emozionali che erano alla base della loro riuscita.

Il film di Douglas quindi non emerge dall'invasione magmatica di remake che Hollywood continua a rovesciare nelle sale: le caratteristiche che resero indimenticabili i classici dell'horror del passato restano sepolte sotto i vani tentativi di raccontare una vicenda spaventosa, nonostante la mancanza di idee e la scarsa conoscenza del genere; e tutto ciò che si possa considerare sinistro o angosciante, viene banalizzato dal consueto, montaggio da videoclip, e dall'abuso degli effetti speciali realizzati in digitale. Le presenze di Amityville non hanno nulla di misterioso e non fanno leva sull'atavico terrore dell'uomo per l'ignoto, ma semplicemente si svelano con eccessiva facilità spegnendo sin dalle prime scene la curiosità dello spettatore, che vorrebbe essere trascinato nei fitti misteri di una ghost-story che si rispetti. Nonostante il film si mantenga al di sopra dei consueti horror estivi, grazie anche ad un cast discreto, si rivela comunque un inconsistente bluff destinato a non lasciare tracce, ed una versione sterilizzata del film originale.

Movieplayer.it

2.0/5