Recensione The Park - Biglietto per l'inferno (2003)

Il film inanella una serie di situazioni trite e ritrite, così prive di un reale senso compiuto, da far rimpiangere anche la peggiore delle ghost-story.

Noia al parco giochi dell'orrore

Evento speciale apripista del Ravenna Nightmare Film Festival 2004, The Park narra la riapertura di un inquietante parco giochi, chiuso per 14 anni dopo che un incidente sulla ruota panoramica causò la morte di una bambina. La scomparsa di Alan, un giovane ragazzo, convincerà la sorella Yen ed un gruppo di suoi amici a mobilitarsi per ritrovarlo. Inizierà una lenta ed inesorabile catena di omicidi.

Dopo un inizio fracassone in cui Lau spara già tutte le sue cartucce, generando nello spettatore l'immediata consapevolezza di trovarsi di fronte all'ennessimo horror orientale con i soliti inconciliati fantasmi che spuntano da ogni dove (possibile che a nessuno venga il dubbio che il pubblico si stia stancando di queste storie), ben presto il film vira sul grottesco involontario, inanellando una serie di situazioni trite e ritrite, così prive di un reale senso compiuto, da far rimpiangere anche la peggiore delle ghost-story.

Non bastano infatti al film lo sfoggio di un notevole dispendio produttivo, la banale trovata delle parentesi in 3d, come le impennate di violenza efferata ed i facili spaventi per sollevarsi dalla mediocrità imperante del tutto e dalla noia che fa inevitabilmente capolino. Alla trascuratezza narrativa, inoltre, non fa purtroppo nemmeno da contrappunto una cosciente virata sull'ironia. E' in virtù di questo che l'immancabile sterzata conclusiva sul melodramma ha un effetto del tutto disturbante, per la sua mancanza di plausibilità o di qualsiasi profondità, ed ha l'effetto di generare nel pubblico una salvifica ilarità sdrammatizzante. D'altronde, il film è così sbilanciato sotto il profilo dell'ostentazione visiva da non curarsi neanche di proporre una scrittura perlomeno pretestuosa. La sceneggiatura è difatti del tutto inesistente e i pochi rimandi alla psicologia dei personaggi sono al limite dell'insultante.

Un film in definitiva, da cui è veramente difficile tratte spunti positivi e che ci lascia con un interrogativo piuttosto inquietante: com'è possibile che dietro la macchina da presa si sia seduto lo stesso uomo che ha diretto la trilogia Infernal Affairs (tre eccellenti action-movie inediti in Italia)? Ma soprattutto, per quale geniale motivo la distribuzione italiana ha pensato di farci sorbire questo pessimo horror, invece che il notevole terzetto sopra citato?