Recensione Hard Romanticker (2011)

il regista Gu Su-yeon offre un affresco del mondo delle gang giovanili giapponesi dai forti toni autobiografici. Il passato di 'ribelle senza causa' del regista è rappresentato dal film con uno stile secco e diretto, memore delle tante pellicole sulla delinquenza giovanile che il cinema giapponese ci ha offerto negli ultimi anni.

Nero Nichilista

Gu è un giovane di origini coreane, dedito a piccoli crimini, risse tra bande e droghe, mal visto anche nell'ambiente delle gang giovanili a causa della sua condizione di figlio di immigrati. Il ragazzo finisce involontariamente per provocare un delitto da parte di alcuni suoi vecchi conoscenti, e così iniziano per lui una serie di guai; questi lo portano a doversi guardare costantemente le spalle, sia dalla polizia, rappresentata da uno scaltro ispettore che si mette sulle sue tracce, sia dagli esponenti delle gang rivali.
Con Hard Romanticker, il regista Gu Su-yeon offre un affresco del mondo delle gang giovanili giapponesi dai forti toni autobiografici. Il passato di "ribelle senza causa" del regista è rappresentato dal film con uno stile secco e diretto, memore delle tante pellicole sulla delinquenza giovanile che il cinema giapponese ci ha offerto negli ultimi anni (la mente va subito a Crows Zero di Takashi Miike) ma con uno stile ancora più crudo e meno virato al grottesco. Non c'è molto da sorridere nel vedere le scorribande di Gu e compagni tra risse, stupri e violenze assortite, con una rappresentazione del sottobosco criminale nipponico dalle tinte cupissime: anche i pur presenti momenti iperrealistici assumono una valenza rafforzativa del nichilismo di fondo del film.

Stupisce il cinismo profuso a piene mani dalla sceneggiatura, in una narrazione complessa e piuttosto tortuosa, in cui c'è ovviamente in primo piano il personaggio interpretato da Shota Matsuda, figlio d'arte (il padre Yusadu Matsuda vestì i panni del gangster in Black Rain di Ridley Scott), interprete già dotato di un notevole carisma. E' sostenuto, il ritmo del film di Gu, che gira il tutto come un film d'azione, non lesinando nulla in termini di graficità e di rappresentazione della violenza. Manca qualsiasi tono elegiaco nella sceneggiatura, non troviamo alcuna concessione a valori quali la fedeltà di gruppo e l'amicizia, e qualsiasi visione romantica dell'universo gangsteristico è rigorosamente bandita. Gu e i suoi amici, le cui occupazioni preferite sono picchiare, rapinare e scopare, hanno come unico "codice" che li guida quello di una violenta anarchia.

Non è il personaggio tragico che trova alla fine la sua espiazione, il giovane Gu,e il suo stesso tentativo di darsi un'immagine più socialmente accettabile appare dettato più che altro da un calcolo utilitaristico; la catarsi finale è coscientemente negata, mentre questo antieroe contemporaneo, così radicalmente diverso da quelli che siamo abituati a vedere sullo schermo, scompare nelle ultime sequenze così come era entrato in scena. Col suo magnetico sguardo di sfida, difficile da ignorare, e con la sua attitudine punk e nichilista che ce lo ha reso, nonostante tutto, decisamente simpatico.

Movieplayer.it

3.0/5