Nella mente del criminal profiler

Tra aneddoti divertenti e teorie interessanti sulla mente criminale e lo sviluppo dei plot, ecco il resoconto della masterclass tenuta da Matthew Gray Gubler e Simon Mirren di 'Criminal Minds' al Roma Fiction Fest 2010.

La seconda masterclass organizzata dal RomaFictionFest ha avuto come protagonisti due delle menti più creative e vitali della serie Criminal Minds: il produttore e sceneggiatore Simon Mirren e l'attore e regista Matthew Gray Gubler. Entrambi veterani della serie, non hanno nascosto la loro passione per gli aspetti più inquietanti e disturbati della psiche umana, vero fulcro del lavoro dei criminal profiler. E questo sebbene il loro ingresso nell'universo dei criminal profiler non fosse così scontato: Mirren racconta infatti che, al tempo della genesi di Criminal Minds, era al lavoro su Third Watch Squadra Emergenza, prodotta da quello stesso Ed Bernero che non esitò a dirottarlo verso la nuova produzione che era in procinto di allestire. E fu così che avvenne l'incontro con Matthew che, a dispetto della sua formazione di regista, venne convinto dal proprio agente a presentarsi al provino per il ruolo di Spencer Reid. Dopo aver precisato che "amo tantissimo la vostra città, la amo talmente tanto che stanotte l'ho amata fino alle sei del mattino, e dovrete scusarmi se certe mie risposte non avranno senso", Matthew racconta di come le sue precedenti esperienze da attore si fossero limitate ad alcune comparsate, all'epoca in cui un regista italiano, di cui era assistente, gli faceva interpretare alcuni cameo in qualità, per colmo di ironia, di assistente regista all'interno delle sue pellicole.

In tema di aneddoti, Simon ha scherzato su come sua madre lo abbia preso in giro una volta saputa la notizia che avrebbe tenuto una masterclass: Mirren ha infatti abbandonato gli studi a quindici anni, ma questo non gli ha impedito di sviluppare una grande passione per le storie, e per il modo in cui vengono raccontate. Inglese di nascita, lo sceneggiatore ci ha tenuto a precisare che, nonostante Inghilterra e Stati Uniti condividano la stessa lingua, non si tratta dello stesso linguaggio. Per sviluppare delle storie convincenti ci si deve basare sui personaggi, e questi personaggi devono essere profondamente radicati nella storia e nella mitologia del luogo in cui vivono. Prima ancora che scrittore, Mirren si definisce un narratore: questo perché al centro della sua ricerca c'è prima di tutto la storia, indipendentemente dal contesto in cui si svolge. Le belle storie hanno la stessa forza ovunque, e come esempio lampante di questa teoria ci ha portato l'episodio Cavalcando il fulmine, incentrato sulla figura di una madre che, sposata ad un serial killer, vuole impedire che il proprio figlio venga a conoscenza della natura malata del genitore. Si è detto che i serial killer spesso non sono in grado di redimersi, e lo strazio di questa madre nel preservare l'innocenza del proprio retaggio ha costituito per Mirren la prima tappa dell'evoluzione della serie, che ha lasciato sempre più spazio all'approfondimento psicologico dei personaggi presi in esame, e alle implicazioni morali delle loro scelte.

Soprattutto per quel che riguarda Spencer Reid, è evidente l'importanza dei dialoghi nella caratterizzazione dell'identità del personaggio: a dispetto della sua personalità esplosiva, Matthew assicura che, avendo imparato a recitare studiando regia, comprende bene le difficoltà del dirigere un cast, e da parte sua cerca di facilitare il lavoro del regista, assecondandone le indicazioni. Attraverso un comico aneddoto ci svela che, però, non è sempre stato così: "Quando ho fatto il mio primo provino per Criminal Minds, il produttore continuava a dirmi 'bene, molto bene, ma è completamente sbagliato!'. Allora torno il giorno dopo, e lui ancora mi dice 'bene, perfetto, ma non c'entra nulla!', e dopo tre o quattro provini sullo stesso tono mi hanno preso, probabilmente per sfinimento!". A sua difesa, Simon ha dichiarato che, nell'idea originale, Spencer doveva avere una personalità simile a quella di Data, l'ufficiale androide di Star Trek, che per forza di cose poco si confaceva all'indole espansiva di Matthew. D'altra parte tutti i personaggi della serie, Spencer compreso, sono andati incontro, lungo i cinque anni di programmazione, ad una evoluzione che, nel caso del giovanissimo Matthew, è andata di pari passo con una crescita sia personale che professionale, tanto che Simon si trova a volte a chiedersi se il collega sia più attore o regista.

Nell'ambito del cambiamento del suo personaggio, Matthew ha confessato che fin dall'inizio sperava di poter interpretare un individuo capace di evolversi: "io amo tantissimo la televisione, ma al suo interno si è sempre fermi nel tempo, i personaggi sono sempre gli stessi. Per qualcuno questo può essere di conforto, ma per me diventa presto noioso. A volte sento la gente lamentarsi perché Reid non piange più, e io cosa posso rispondere? Che ora Reid piange da solo, nella vasca da bagno, perché è andato incontro ad una crescita".
A questo interesse al realismo dei personaggi principali corrisponde altrettanta attenzione alla personalità dei serial killer, vero fulcro della serie. Ma c'è un motivo preciso per cui in Criminal Minds si è scelto di preferire, agli aspetti meramente investigativi, il processo logico che sottende alla comprensione della mente dell'omicida, e Simon ce lo confida senza mezzi termini: "La verità è che io non sopporto i procedural classici, alla CSI per intenderci, anche se so che tra di voi ci sono molti fan della serie. Io mi occupo principalmente dei personaggi, e sono i personaggi che volevo emergessero all'interno delle nostre storie. Non descriviamo come la gente uccide, ma perché lo faccia, perché, su trecento milioni di americani, un assassino abbia scelto proprio quella vittima. Un serial killer non uccide per soldi, non uccide per vendetta: uccide perché gli piace farlo, e trovo che analizzare e comporre un simile puzzle umano sia enormemente affascinante."

Proprio questo approccio appassionato e attento alla scrittura ha tranquillizzato Matthew al momento del suo esordio alla regia. E' Simon a ricordare: "Mattew venne da me praticamente in ginocchio, a chiedermi di scrivere un episodio completamente folle; lui ha sempre amato le cose strane. Allora ci siamo chiesti: qual è la cosa più malata che ci possa venire in mente? E abbiamo concluso che il santo graal di un potenziale omicida è la possibilità di far sparire le prove. Cosa poteva esserci di meglio di una coppia di anziani che gestisce un crematorio e ne approfitta per bruciare vivi dei bambini?". A noi profani potrebbe sembrare un'idea eccessiva, ma per Matthew, grande ammiratore di Dario Argento e dell'estetica horror italiana, si è trattato di un modo per stilizzare l'orrore, tanto da farlo apparire quasi come una favola. L'atto di bruciare vivo un bambino è orribile, mostruoso, e soltanto la lente dell'assurdo e del paradossale può farci sopportare e metabolizzare certi orrori.

E' anche vero che il conoscere gli aspetti più aberranti dell'essere umano è in grado di cambiare la percezione del mondo: tanto Matthew quanto Simon si dicono profondamente segnati dall'esperienza di Criminal Minds. "Reid vede tutto attraverso un velo di innocenza, ha compassione anche per gli assassini. La parte interessante di questi personaggi è proprio la loro capacità di suscitare l'empatia altrui. Il bianco e il nero vanno bene, ma il grigio è meglio! Con questo non voglio dire che mi piacciano i serial killer, anzi: Boo! Io odio i killer! Yeah! Amo l'amore! A parte gli scherzi, questa sarebbe una discussione lunghissima, sulla natura animale e predatoria dell'uomo, ma è innegabile che questa sfaccettatura della psiche sia affascinante. Io stesso ammetto di aver provato una gioia, indubbiamente malata, nel girare quella scena, ma credo che sia perché, acconciando i capelli della signora in quella maniera, vestendola in maniera così caricaturale, ci si è staccati dall'orrore che il suo gesto rappresentava.".
Una visione decisamente più razionale ed ottimistica è quella di Simon, che invece vede in Criminal Minds una fonte di consapevolezza ma anche di conforto: è giusto che gli spettatori sappiano che cose come quelle raccontate nella serie possono davvero accadere, e anche che qualcuno come Reid, o Morgan, verrebbe a salvarli all'occorrenza. D'altronde Mirren non fa mistero che, in molti casi, l'ispirazione per le storie di Criminal Minds è presa dalla realtà, al cui confronto anzi i prodotti dell'immaginazione impallidiscono. La quotidianità stessa ha spesso persino una funzione catartica: "quando rallentiamo per guardare un brutto incidente stradale, lo facciamo in un certo senso per scongiurarlo, pensando quasi che, se lo abbiamo visto, allora a noi non potrà accadere". A suffragio di questa tesi, Matthew (che da piccolo dormiva sul pavimento della camera dei genitori e che in seguito, per smettere di aver paura di tutto, si specializzò nell'arte di spaventare gli amici) sostiene la propria idea che l'intrattenimento possa cambiare in meglio il mondo, infondere speranza in coloro che sono troppo provati dalla crudezza della realtà. Al contrario, alla prospettiva che le storie di Criminal Minds possano ispirare qualche potenziale mente criminale, il giovane attore pone un netto rifiuto: "se sei un pazzo e hai la volontà di uccidere, prima o poi lo farai comunque. Non credo che videogiochi, film e quant'altro possano provocare una violenza che prima non c'era."

Attingendo a piene mani dalla realtà e concedendo il giusto spazio all'elemento di fiction, non è difficile prevedere che Criminal Minds godrà ancora a lungo di ottima salute. Per la prossima stagione è inoltre in programma lo spin-off Criminal Minds: Suspect Behavior, prodotto da Chris Mundy, già executive della serie originale, che offrirà una diversa prospettiva dei casi, più sporca e meno razionale. Alla domanda su un futuro crossover, Simon rimane sul vago, affermando che per ora è giusto che Mundy ritrovi il proprio spazio di manovra, senza considerare che resta ancora da superare la prova dell'audience.