Recensione Peter Pan (2003)

Un film coraggioso nello scegliere di mostrare elementi cupi e dark, dalle molte sottoletture, ma che non perde di ritmo e di mordente nel raccontare una grande avventura in grado di affascinare i più piccoli.

Nei meandri della favola

A più di 50 anni dalla splendida versione animata firmata Walt Disney, torna al cinema una delle più belle favole moderne, quella di Peter Pan, scritta dallo scozzese J.M. Barrie nel 1904, nata prima come opera teatrale e poi diventata una serie di libri.
A prendersi la briga di realizzare questo nuovo film - primo esperimento in live action dai tempi del muto - è stato l'australiano P.J. Hogan, rivelatosi al pubblico internazionale con una commedia agrodolce come Le nozze di Muriel e poi autore ad Hollywood di un film mediocre come Il matrimonio del mio migliore amico (non a caso unico film da lui diretto a partire da una sceneggiatura altrui) e il recente e ben più interessante Insieme per caso; a credere nell'ambizioso progetto del regista è stata la Columbia, che ha stanziato ben 100 milioni di dollari di budget.
Un budget che è stato utilizzato in maniera decisamente insolita da Hogan, il quale ha dato vita ad un prodotto tanto anomalo dal punto di vista industriale quanto riuscito da quello artistico: è infatti decisamente peculiare nel cinema contemporaneo la decisione di rinunciare in un film dal budget tanto consistente ad un cast ricco di stelle hollywoodiane e di scegliere invece quasi esclusivamente da attori semisconosciuti od esordienti, concentrandosi invece sulle scenografie, sugli effetti speciali e sugli aspetti tecnici in generale.

Una vera e propria scommessa quella di Hogan, resa ancora più rischiosa dal fatto di essere tornati alle radici letterarie della storia raccontata, "dimenticando" quanto fatto da Disney nel '53, e portando quindi sullo schermo una vicenda che come tutte le vere favole è sì una grandissima avventura per bambini e non, ma anche una storia dai tratti a volte cupi e dark, ricca di sottotesti adulti e di possibili quanto azzeccate letture psicanalitiche; una scommessa che comunque definiremmo vinta.

In primo luogo per il cast, che regge benissimo in tutti i reparti. I nomi più celebri coinvolti in questo Peter Pan sono quelli di Jason Isaacs e di Ludivine Sagnier: il primo è bravo e credibile nel doppio ruolo di Capitan Uncino e del padre di Wendy (come vuole la tradizione teatrale di Peter Pan), la seconda simpatica e divertente in quello di Trilly, la fatina amica di Peter, con il quale comunica attraverso una mimica trascinante ed e tratti esilarante. Ma a stupire sono i giovanissimi protagonisti, il Jeremy Sumpter che veste i panni di Peter ma soprattutto l'esordiente Rachel Hurd-Wood, che ci regala una Wendy intensa, coinvolgente e commovente.

Ottima poi a nostro giudizio la scelta di Hogan di utilizzare per le scenografie del film degli ambienti reali(stici) e allo stesso tempo "da favola", che sembrano una trasposizione fisica delle illustrazioni dei libri di favole e d'avventura di una volta.

Ma quello che colpisce di più del Peter Pan di Hogan, e che ci spinge a definirlo un film decisamente riuscito, è il grande equilibrio con il quale il regista ha sposato gli aspetti più leggeri, avventurosi e infantili della storia con i suoi aspetti più oscuri e complessi, dando vita ad un film molto adulto - che pure risulta avvincente anche per i più piccoli - e dotato di diversi livelli di lettura.
Nelle mani di Hogan Peter Pan torna ad essere quello che era in origine: una favola che è una profonda e a tratti dolorosa metafora sulla crescita, sulle difficoltà che crescere comporta e sul come affrontarle.
Per questo vera protagonista della storia non è tanto Peter quanto Wendy, una Wendy su difficile soglia tra l'essere bambina ed il diventare una giovane donna, sconcertata e confusa sul come affrontare questa cesura esistenziale. E per questo Peter è l'incarnazione della pura essenza infantile, in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi. Hogan ha infatti avuto l'intelligenza di presentare Peter per quello che è, un personaggio ambiguo, e complesso: come tutti i bambini da un lato è e rappresenta la gioia, l'allegria, la positività, dall'altro è egotico, concentrato su se stesso e capace di grandi crudeltà con estrema leggerezza. A completare questo quadro un Capitan Uncino che è simbolo dei lati più oscuri,scomodi e malvagi dell'età adulta, quegli stessi lati che spaventano Wendy e che il suo stesso padre (e ancora si dimostra non casuale la scelta dello stesso attore per i due ruoli) ha riluttanza ad accettare e vivere.
Per superare indenne la soglia si trova davanti, Wendy dovrà conoscere i recessi più puri e profondi dell'infanzia (Peter appunto) e rinunciarvi a malincuore, non senza però aver sconfitto il lato oscuro del crescere (Uncino) con l'aiuto dello stesso Peter, un Peter maturato e consapevole della necessità del rinunciare all'egotismo e ad aprirsi agli altri per il bene degli altri, conquistato da uno dei tratti più forti e distintivi dell'età adulta: l'amore.
E quindi per tutti i personaggi la chiave di volta per una crescita che è soprattutto interiore prima che fisica sta nell'accettazione critica di alcuni aspetti: Wendy accetterà di crescere rinunciando ai lati più oscuri dell'infanzia e dell'età adulta; Peter accetterà la partenza di Wendy perché maturato dall'Amore. Lo stesso Uncino troverà il suo destino - la morte - accettando la sua natura malvagia e solitaria ripetendola come un mantra; così come il signor Darling accetterà di essere il tipo di adulto che è quando ritroverà i suoi figli, persi proprio durante un tentativo di imporre a se stesso e agli altri una natura non sua.

In conclusione, Peter Pan è un film ricco di significati e di sottotesti, che toccano non solo i temi fin qui descritti ma anche, in maniera più sottile e velata, il rapporto con denaro e con la carriera per quanto riguarda gli adulti e con la sessualità per quanto riguarda i ragazzi; un film coraggioso nello scegliere di mostrare elementi cupi e dark, ma che allo stesso tempo non perde di ritmo e di mordente nel suo raccontare una grande avventura in grado di affascinare i più piccoli. Che il risultato ai botteghini americani non sia stato eccezionale non sorprende, considerando un pubblico per la maggior parte assuefatto alla piatta monodimensionalità dei blockbuster standardizzati. Ci auguriamo invece che nel nostro paese vengano apprezzate maggiormente le tante sfumature di cui è ricco questo film.