Recensione Ghost Rider: Spirito di vendetta (2012)

Il secondo capitolo del franchise punta soprattutto sull'azione e sugli effetti speciali, lasciando in secondo piano l'intreccio narrativo.

Mitologia di un vendicatore infuocato

Il demonio cammina tra gli uomini sotto mentite spoglie. I suoi passi si sovrappongono a quelli dei suoi ignari vicini, mentre la curiosità e la malvagità lo inducono a contaminare un mondo sempre più fragile. Eppure anche il male ha un punto debole che non riesce a controllare e alterare: l'inevitabile imperfezione del corpo che abita, la forma fisica destinata a invecchiare e scomparire, costringendolo a una costante ricerca di un nuovo essere da possedere. Così, sottoposto alla minaccia del tempo, Mefistofele è costretto a stringere dei patti con gli uomini. Accordi che, permettendogli di mantenere intatta la sua supremazia assoluta, gettano gli sventurati in un'eternità senza anima. Di questa sorta di maledizione eterna è vittima Johnny Blaze, costretto a convivere dentro di se con un angelo maledetto, assetato di vendetta. Un cacciatore di peccatori dalla testa fiammeggiante cui, però, viene offerta una possibilità di redenzione e salvezza nelle vesti di un ragazzino ossessivamente desiderato dal demonio per un rituale destinato a trasformarlo nell'Anticristo. Blaze riuscirà a proteggerlo e, allo stesso tempo, a tenere a bada la forza distruttrice del rider? Sicuramente comprenderà che la differenza tra bene e male è spesso impercettibile e che la debolezza degli uomini è fatta per essere perdonata.


Il destino dei sequel è caratterizzato da un insuccesso quasi annunciato. Se si pensa che, secondo alcuni appassionati, anche l'impeccabile L'Impero colpisce ancora non sostiene il confronto con Guerre Stellari, è pressoché impossibile che Ghost Rider: Spirito di vendetta possa rompere il maleficio che grava sui secondi capitoli delle saghe. Ispirato dall'omonimo fumetto della Marvel Comics, nel 2007 il film diretto da Mark Steven Johnson (Daredevil) aveva sì unito la critica in un giudizio globalmente negativo ma, allo stesso tempo, era stato premiato al box office dall'entusiasmo degli appassionati. Un risultato che non sembra destinato a ripetersi una seconda volta per la creatura di Mark Neveldine e Brian Taylor. Il duo, noto soprattutto per Gamer con Gerard Butler e per non aver diretto Jonah Hex, non è riuscito nell'impresa rara di trasformare una sceneggiatura lacunosa e inconsistente in un film comunque destinato ad un divertimento un po' chiassoso e spensierato. Partendo dal presupposto che in un action movie dai risvolti soprannaturali i dialoghi non rappresentano certo l'elemento fondamentale della narrazione, non è possibile assistere a un disinteresse totale nei confronti dell'intreccio e della vicenda. In questo modo si danneggia non solamente il film ma anche lo spettatore che, colpito solo da rumori, sparatorie e inseguimenti, non riesce a godere fino in fondo di un'ironia volutamente trash.

Certo la natura fumettistica del progetto potrebbe indurre a chiudere un occhio di fronte ad uno stile poco rifinito, ma, pur comprendendo e apprezzando il carattere pop delle figure principali, il film appare privo di una guida ben precisa. Per questo motivo, dominatore assoluto dello schermo è l'effetto speciale, utilizzato con grande abbondanza tanto da sommergere e rendere invisibile anche l'applicazione del 3D. Così, il teschio infuocato del rider vendicatore e il potere malvagio che lo possiede dominano completamente lo schermo, rappresentando l'elemento visivo più esaltante dell'intero film. Peccato che Nicolas Cage, nell'interpretazione di un Johnny Blaze eternamente in lotta con la sua parte oscura, non riesca a confrontarsi con questo anti eroe con la stessa leggerezza che lo aveva caratterizzato in Drive Angry 3D. In questo caso, rispettando la materia originale del fumetto, il protagonista appare troppo schiacciato dai sensi di colpa per lasciarsi andare ad un linguaggio disinvolto e ad uno stile destinato a diventare un must. Al posto di battute indimenticabili e di un umorismo nero, troviamo invece una riflessione superficiale sugli elementi che uniscono il bene e il male, sulla forza della fede e sulla necessità di ritrovare l'angelo che è dentro ognuno di noi. Materiale insolito e deludente per un film potenzialmente destinato a trasformarsi in un cult del divertimento senza pensieri.

Movieplayer.it

2.0/5