Mission: Impossible – 5 cose che (forse) non sapete sul franchise spionistico

In occasione dell'uscita del quinto capitolo cinematografico, qualche curiosità sulla serie capitanata da Tom Cruise.

Tom Cruise in una scena di Mission: Impossible diretto da Brian De Palma
Tom Cruise in una scena di Mission: Impossible diretto da Brian De Palma

"Questo messaggio si autodistruggerà fra cinque secondi." Da quasi cinquant'anni questa frase fa parte dell'immaginario collettivo grazie a Mission: Impossible, franchise nato come serie televisiva nel 1966 dalla fantasia del produttore-sceneggiatore Bruce Geller e poi rivitalizzato a partire dal 1996 sul grande schermo grazie all'entusiasmo di Tom Cruise, star e produttore di una saga spionistica capace di rivaleggiare con quella di James Bond. Oggi, a quasi vent'anni dall'uscita del capostipite cinematografico, diretto da Brian De Palma, Ethan Hunt torna nelle sale con Mission: Impossible - Rogue Nation, adrenalinico e spettacolare come i suoi predecessori. Un'ottima occasione per rievocare alcuni dettagli (forse) meno noti sulle missioni impossibili di Cruise e soci.

1. Genesi impossibile?

Sebbene oggi sia visto come un ottimo debutto per la saga, il primo Mission: Impossible non è nato nel migliore dei modi. Fortemente voluto da Tom Cruise, il film è arrivato fino all'inizio delle riprese senza una sceneggiatura completa, con David Koepp e Robert Towne che cercavano di costruire una trama coerente per giustificare le sequenze d'azione ideate da De Palma. A complicare ulteriormente la situazione fu un disaccordo fra la star e lo studio - la Paramount - sul budget (la ebbe vinta Cruise), per non parlare dell'ormai leggendaria abitudine del divo di girare da solo (quasi) tutte le scene pericolose, nata in questo caso dal desiderio di De Palma di rigirare una sequenza con Cruise al posto dello stuntman poiché il regista riteneva che quest'ultimo fosse poco convincente.

Tom Cruise in una celebre sequenza di Mission: Impossible
Tom Cruise in una celebre sequenza di Mission: Impossible

2. Come far arrabbiare i fan

Jon Voight in una scena di Mission: Impossible
Jon Voight in una scena di Mission: Impossible

Nel film non viene specificato, ma Jim Phelps, interpretato sul grande schermo da Jon Voight, è una figura storica nel franchise di Mission: Impossible, avendo fatto parte del team "impossibile" in entrambe le sue incarnazioni televisive (l'originale del 1966 e il revival degli anni Ottanta) con le fattezze di Peter Graves. Questi fu contattato per interpretare nuovamente Phelps nella trasposizione cinematografica, ma rifiutò per un motivo abbastanza comprensibile: nel film, Jim è un traditore, responsabile della morte di un'intera squadra dell'IMF. Questo colpo di scena non andò giù ai fan duri e puri della serie televisiva, e neanche ad altri interpreti storici del franchise: nel 2009, Martin Landau criticò aspramente la scrittura del film, e ha rifiutato più volte di apparire nella saga cinematografica.

3. Debutto costoso

Una bella immagine di J.J. Abrams
Una bella immagine di J.J. Abrams

Non capita spessissimo che ad un regista esordiente, almeno per quanto riguarda il lungometraggio, venga affidato un progetto con un budget sostanzioso, nella fattispecie 150 milioni di dollari (o di più, se pensiamo ad un caso recente come Maleficent). Eppure è ciò che è accaduto con Mission: Impossible III, che dopo i rifiuti di David Fincher e Joe Carnahan è finito nelle mani di J.J. Abrams, capace di fare colpo su Cruise con i suoi lavori televisivi (per l'esattezza, le prime due stagioni di Alias). Il divo accettò addirittura di rimandare di un anno l'inizio delle riprese (nel frattempo girò La guerra dei mondi) per consentire ad Abrams di reinventare il film a suo piacimento, e l'intesa fra i due fu tale che ancora oggi il co-creatore di Lost fa parte dei produttori del franchise, che gli consentì anche di girare Star Trek (e, qualche anno dopo, Star Wars: Episodio VII - Il risveglio della Forza).

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4. Attento a quello che dici

Grazie ad Abrams è entrato a far parte della famiglia di Mission: Impossible anche il britannico Simon Pegg, che affianca da quasi dieci anni Tom Cruise nei panni di Benji Dunn, sorta di risposta dell'IMF al Q della saga di 007. Fa abbastanza sorridere il fatto che il comico inglese - che sostituì Ricky Gervais - sia uno dei pesi massimi del franchise, dato che lo stesso Pegg, pochi anni prima, aveva escluso categoricamente una carriera hollywoodiana dopo il successo de L'Alba dei morti dementi - Shaun of the Dead. Per l'esattezza, disse: "Non finirò mica a fare Mission: Impossible III". I casi della vita...

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Simon Pegg e Tom Cruise in una scena di Mission: Impossible - Protocollo Fantasma
Simon Pegg e Tom Cruise in una scena di Mission: Impossible - Protocollo Fantasma

5. Separazione amichevole (?)

Tom Cruise in una pericolosissima scena di Mission: Impossible - Protocollo Fantasma
Tom Cruise in una pericolosissima scena di Mission: Impossible - Protocollo Fantasma

Un altro effetto del terzo episodio, questa volta più nefasto, fu la rottura del rapporto professionale fra Tom Cruise e la Paramount, che aveva finanziato e/o distribuito la maggior parte dei film interpretati e prodotti dall'eroe di Top Gun, per motivi finanziari (il film incassò meno del previsto, e Cruise si tenne una percentuale troppo alta dei guadagni delle vendite del DVD) e personali (i comportamenti bizzarri dell'attore). Il divo passò quindi alla rediviva United Artists, con la quale produsse Leoni per agnelli e Operazione Valchiria, per poi riappacificarsi con la major in tempi più recenti, grazie a Mission: Impossible - Protocollo Fantasma (ad oggi, l'incasso maggiore della sua carriera) e Jack Reacher - La prova decisiva, di cui uscirà presto il sequel. Quanto durerà questa volta? Solo il tempo, e le avventure di Ethan Hunt, ce lo potranno dire...