Mektoub, My Love: Canto Uno, il travolgente “racconto d’estate” di Abdel Kechiche

A quattro anni di distanza dal trionfo de La vita di Adéle, il regista franco-tunisino porta in concorso al Festival di Venezia il suo nuovo, fluviale lavoro, Mektoub, My Love: Canto Uno: la cronaca dell'estate del giovane Amin in una cittadina costiera del Sud della Francia, tra flirt, divertimento, erotismo e malinconia.

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C'è una qualità che rende assolutamente unico il cinema di Abdellatif Kechiche, una qualità che sembra crescere e rafforzarsi da una pellicola all'altra: la sua eccezionale capacità di mimesis, ovvero di offrire una riproduzione della realtà in grado di annullare la distanza fra lo spettatore e lo schermo, favorendo un'immersione completa all'interno dello spazio filmico, dei suoi ritmi interni e delle sue dinamiche.

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Tale effetto di naturalismo portato all'estremo, un'elevazione alla massima potenza degli assiomi del cinéma vérité, ha caratterizzato l'opera di Kechiche fin dalle origini, e pare riempire ogni fotogramma del sesto lungometraggio del regista franco-tunisino: Mektoub, My Love: Canto Uno, primo tassello di un'annunciata trilogia ispirata a La blessure, la vraie, un romanzo semi-autobiografico del giornalista François Bégaudeau, già autore del libro alla base de La classe - Entre les murs (nonché protagonista del film di Laurent Cantet).

L'educazione sentimentale di Amin

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Presentato in concorso alla 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia (un Festival che dieci anni prima aveva visto ricompensato con il Gran Premio della Giuria un altro film di Kechiche, Cous cous), Mektoub, My Love: Canto Uno si pone in una categoria pressoché indefinibile: non ha l'ampiezza cronologica propria del racconto di formazione, a differenza del precedente La vita di Adéle (qui la vicenda si consuma invece nell'arco di una manciata di giorni), e ha solo in apparenza i connotati di una tipica "educazione sentimentale". Eppure, l'unicità di Kechiche risiede anche in questo: nel non lasciarsi ingabbiare nelle convenzioni narrative o entro le barriere dei generi, per seguire invece una libertà compositiva forse senza eguali nel cinema contemporaneo. E fin dall'incipit, con il personaggio di Amin che percorre in bicicletta una strada solitaria alle prime luci del mattino, l'occhio dello spettatore viene portato a coincidere con quello del protagonista, interpretato dall'esordiente Shaïn Boumedine: un ragazzo che ha appena abbandonato gli studi di medicina a Parigi per fare ritorno al suo paese natale, in Occitania.

Mektoub, My Love: Canto Uno, Shain Boumedine in un momento del film
Mektoub, My Love: Canto Uno, Shain Boumedine in un momento del film

Al principio del film Amin giunge nei pressi di una strada di campagna, si accosta a una finestra e sbircia il cugino Tony (Salim Kechiouche) a letto insieme alla procace Ophélie (Ophélie Bau), la ragazza per la quale lo stesso Amin potrebbe provare dei sentimenti inespressi. Se l'esplicita e prolungata sequenza di sesso fra Tony e Ophélie riafferma fin da subito l'interesse di Kechiche per la carnalità, per i corpi e le loro pulsioni istintuali (come già ne La vita di Adéle), queste scene serviranno anche a definire la peculiarità di Amin: la tendenza ad osservare il mondo circostante, privilegiando lo sguardo (la sua passione per la fotografia) e la riflessione (le ambizioni di sceneggiatore) rispetto all'azione diretta. È la differenza ineludibile fra Amin e Adéle: tanto lei esprimeva un'insaziabile 'voracità', un'autentica brama di vivere, quanto lui sceglie consapevolmente di restare una figura passiva, adottando una prospettiva e un ritmo inesorabilmente diversi da quelli di chiunque altro attorno a sé.

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Un'estate d'amore

Mektoub, My Love: Canto Uno, Salim Kechiouche in una scena del film
Mektoub, My Love: Canto Uno, Salim Kechiouche in una scena del film

Agli antipodi rispetto ad Amin si collocano infatti Ophélie e Tony. Ophélie, fidanzata con un militare quasi sempre lontano dalla Francia, è animata da una sensualità prorompente e spesso incontenibile, declinata sia nella latente tensione sessuale fra lei e Amin, sia nella sua necessità di sentirsi al centro delle attenzioni maschili. Tony, in maniera analoga, incarna l'archetipo del tombeur de femmes, con un insopprimibile dongiovannismo che gli impedisce di farsi imbrigliare dai lacci di una relazione più stabile. All'interno di questo triangolo, per alterarne gli equilibri e mutarne le coordinate, si materializza poi un nugolo di altri personaggi, inclusi amici e familiari, e in particolare una coppia di giovani turiste in cerca di divertimento, incontrate da Tony e Amid in riva al mare: Charlotte (Alexia Chardard), la quale non tarda a infatuarsi dell'intraprendente Tony, e Céline (Lou Luttiau), che all'inizio flirta con Amin salvo poi "spostare la mira" alla prima occasione utile.

Mektoub, My Love: Canto Uno, Opheline Baufle in una scena del film
Mektoub, My Love: Canto Uno, Opheline Baufle in una scena del film

In fondo, sul piano dell'intreccio Mektoub, My Love: Canto Uno - mektoub è la parola araba per "destino", il Canto Uno fa riferimento all'intenzione di un progetto in più capitoli - si sviluppa all'incirca in questi termini: un balletto di attrazioni incrociate e di rapporti agognati, sfiorati, intrapresi ma mai condotti troppo in là, in un'apoteosi dell'effimero, dell'hic et nunc, dell'istinto rapidamente soddisfatto e placato che coincide alla perfezione con lo spirito edonistico della stagione estiva. Si potrebbe perfino arrivare a dire, con una piccola forzatura, che questo sia il film 'rohmeriano' di Abdel Kechiche: se tuttavia, in Eric Rohmer, la rappresentazione dell'erotismo e dei sentimenti si inseriva nel contesto dell'analisi dei comportamenti umani, secondo modalità squisitamente antropologiche e intellettuali (nell'accezione migliore del termine), in Kechiche la macchina da presa si incolla ai personaggi e si stringe sui corpi con una prossimità quasi feticistica, avida di coglierne sfumature, umori e palpiti. Da qui la decisione e l'esigenza di costruire scene strabordanti (e non solo nella durata) e di reiterare momenti di semplice vita quotidiana, da una spaghettata sulla spiaggia alle lunghissime sequenze in discoteca.

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La malinconica quiete di un tramonto

Mektoub, My Love: Canto Uno, un momento del film
Mektoub, My Love: Canto Uno, un momento del film

Se questa "frenesia del piacere" è la forza vitale e vitalistica che muove - letteralmente: siamo di fronte a un film dal dinamismo trascinante - l'intera comunità marittima, incluso uno zio/Falstaff con goderecce manie da satiro, Amin è il solo a non assecondare, se non in apparenza, questo flusso ininterrotto di cibo, musica, sudore e sesso: la sua attitudine è quella di contemplare, ascoltare, 'studiare' l'umanità che lo circonda, facendosi depositario di sfoghi e confidenze o testimone di repentini attimi di bellezza e di meraviglia (la scena della nascita dei due agnellini, con tanto di musica classica a sottolinearne l'atmosfera sacrale). E in una pellicola percorsa da un erotismo sfrenato e palpabile (quanto e più de La vita di Adéle), in cui soprattutto le sequenze ambientate nei locali e in spiaggia sono messe in scena come un'irrefrenabile girandola di corpi che si cercano, che si toccano, che si desiderano, Amin è anche l'unico per il quale l'Eros è destinato a rimanere puro impulso: un impulso che non avrà mai modo di concretizzarsi (per volontà sua o altrui), e che il protagonista finirà per sublimare con la sua macchina fotografica.

Mektoub, My Love: Canto Uno, una scena del film
Mektoub, My Love: Canto Uno, una scena del film

Tenendo conto di questo presupposto, e a dispetto dei numerosi punti di contatto, sarebbe fuorviante considerare Mektoub, My Love: Canto Uno come una sorta di "film gemello" de La vita di Adéle: il capolavoro del 2013 era scandito da un'urgenza, da una visceralità, da un senso di struggente empatia che Mektoub, My Love recupera solo in parte, e probabilmente senza raggiungere i vertici della precedente opera di Kechiche. Ma nel corso di oltre tre ore di cinema comunque straordinario e irrinunciabile, una scena nello specifico, e guarda caso proprio quella più rohmeriana di tutte (impossibile non pensare al meraviglioso Racconto d'estate), riesce ad imprimersi nella memoria e nel cuore: l'epilogo in spiaggia, con il rinnovato incontro di due spiriti 'quieti' e forse per la prima volta in sintonia l'uno con l'altro, nella soffusa malinconia di un tramonto.

Movieplayer.it

4.5/5