Recensione Shinobi (2005)

Il cattivo uso del digitale rappresenta uno dei più gravi problemi del film, poichè la sensazione di "costruito" finisce per impedire anche una fruizione ottimale delle molte sequenze d'azione, dando la sensazione di assistere a un videogioco giocato da qualcun altro.

Medioevo digitale

Giappone, diciassettesimo secolo. Gennosuke e Oboro sono due giovani innamorati che vivono in due villaggi vicini, divisi da un contrasto secolare. I due fanno parte della casta degli Shinobi, guerrieri potentissimi dai poteri straordinari; quando lo Shogun decide di eliminare gli Shinobi, e per questo annulla il patto di non belligeranza tra i due villaggi, i due giovani si troveranno su fronti opposti.

Delude non poco, questo Shinobi, grande successo del 2005 in Giappone (dove ha incassato 1 miliardo e 41 yen, circa 12 milioni di dollari), e presentato in anteprima nella seconda serata del Far East Film Festival. Nonostante il materiale sulla carta attraente, un soggetto di sicura presa, e una produzione di livello medio-alto, il film risulta ridondante e alla lunga noioso, a causa di una narrazione frammentata ed eccessivamente enfatica. Presentato come una grande epica su un periodo che da sempre esercita il suo fascino al cinema, Shinobi manca paradossalmente proprio di epicità, laddove propone una reiterazione senza fantasia di duelli in CG praticamente slegati tra loro, senza un climax in grado di coinvolgere sia pur a un livello superficiale lo spettatore.

Ed è proprio questo cattivo uso del digitale a rappresentare uno dei più gravi problemi del film, poichè la sensazione di "costruito" finisce per impedire anche una fruizione ottimale delle molte sequenze d'azione, dando la sensazione di assistere a un videogioco giocato da qualcun altro. Un digitale "pesante", non funzionale alla narrazione, che aggrava i difetti di una pellicola già caratterizzata da uno script farraginoso e poco curato. Personaggi appena abbozzati, motivazioni poco chiare e una desolante mancanza di melodramma, proprio laddove il centro del film dovrebbe essere una storia d'amore e morte.

Si arriva alla fine della proiezione stremati da battaglie e sequenze d'azione tutte uguali, dirette senza fantasia e la cui potenziale fisicità viene annullata dall'uso smodato del digitale; con un finale che cerca maldestramente di restituire il film alla dimensione melodrammatica che negli intenti doveva caratterizzarlo. Risultato mancato, e tuttora il "nuovo" cinema d'intrattenimento nipponico deve trovare una sua dimensione, un equilibrio tra le enormi potenzialità che la tecnologia offre e le necessità narrative che da sempre "fanno" il buon cinema di genere.

Movieplayer.it

2.0/5