María Novaro racconta l'Alzahaimer al pubblico di Roma

L'apprezzata regista messicana, assieme all'attrice Úrsula Pruneda presentano il film 'Las Buenas Hierbas', che affronta in maniera veristica e senza patetismi il doloroso calvario della malattia degenerativa.

In competizione in questa quinta edizione del festival di Roma partecipa anche l'opera indipendente della regista messicana María Novaro, una delle autrici più appezzate nel suo Paese, che dopo un decennio di silenzio registico si cimenta nella difficile impresa di raccontare la sindrome dell'Alzahaimer. Per affrontare questo complesso tema, l'autrice decide di ricorrere a un'inedita prospettiva, scegliendo come protagonista una botanica e sottolineando la stretta correlazione esistente tra esseri umani e mondo della Natura. Las Buenas Hierbas si caratterizza per un'impostazione veristica e semidocumentaria, che mostra in tutto il suo realismo le tragiche conseguenze dell'Alzahaimer e si affida alle autentiche prove recitative di Úrsula Pruneda e della star messicana Ofelia Medina. Alla conferenza stampa capitolina erano presenti María Novaro e Úrsula Pruneda, che hanno raccontato nel dettaglio la lunga e complessa genesi che ha dato vita al film.

Una cosa che mi è più piaciuta nel film è la messa in scena della contrapposizione tra bellezza e crudeltà della natura. E' intenzionale?
María Novaro: Ho voluto ricordare a tutti noi che siamo solo una parte infinitesimale della Natura. Nella società moderna lo dimentichiamo spesso, invece le antiche culture del Messico sapevano bene che noi esseri umani siamo delle piccole creature alla mercé della Natura.

Come è arrivata a scrivere questa sceneggiatura, molto complessa nel descrivere le caratteristiche officinali delle piante? María Novaro: Una borsa di studio del Guggenheim mi ha consentito di fare ricerca per un anno, e questo mi ha immerso completamente nel mondo delle piante. Ma soprattutto ho ritrovato un codice azteco trascritto in un manoscritto del Cinquecento, in cui si afferma che alcune erbe possono curare le emozioni umane e guarirne l'anima. Questo è stato lo spunto di partenza da cui è scaturito lo sviluppo della sceneggiatura.

Alla fine del film affronta il tema dell'eutanasia. Era suo intento denunciare questo fenomeno? María Novaro: Volevo raccontare che la morte è inevitabile, ma al tempo stesso volevo parlare della vita, rileggendola attraverso la morte. Anche se la morte è inevitabile, penso che possiamo comunque scegliere il modo in cui morire. Ritengo che a nessun essere umano si possa proibire di porre fine alla propria vita con dignità.

In Messico è legale l'eutanasia? María Novaro: Attualmente soltanto a Città del Messico c'è la possibilità di ottenere la morte assistita. A mio avviso nella capitale il governo ha adottato delle misure più avanzate e progressiste rispetto al resto del paese.

Ha avuto la possibilità di sperimentare personalmente l'effetto di alcune piante? María Novaro: In Messico quest'antica cultura delle piante continua ad essere molto viva. In realtà da noi è normalissimo che le nostre mamme e nonne ci diano degli infusi con essenze di fiori. Io provengo poi dalla cultura degli anni Settanta, che credeva molto nelle proprietà delle sostanze psicotrope, in grado di aprire la percezione mentale. Ma durante questo studio di un anno devo dire di essere diventata ancora più esperta nella conoscenza delle piante.

Quanto è stato difficile entrare nei panni di Dalia? Ha seguito i consigli della regista
Úrsula Pruneda: La preparazione del personaggio l'ho curata insieme a Maria, e abbiamo avuto lunghissime conversazioni prima delle riprese. Grazie alla spiegazione della regista ho compreso le motivazioni profonde dei personaggi. Poi ho arricchito il tutto con il mio bagaglio personale e le mie esperienze vissute.

Perché è stato necessario un decennale di silenzio per realizzare questo progetto? María Novaro: Ho cresciuto i miei figli da sola e ho tre nipoti cui badare. Girare film è per me un lusso, perché devo reperire soldi per autofinanziarmi. Inoltre amo dedicare molto tempo allo studio del soggetto e della sceneggiatura. Le riprese del film sono durate un anno, perché abbiamo girato "a singhiozzo" proprio per ragioni economiche. Ho capito però che autofinanziandomi riesco a conseguire una maggiore libertà espressiva. Volevo anche filmare nel tempo la crescita del piccolo Cosmo e riprendere il ciclo della vita delle piante durante l'anno.

Come è riuscita a interpretare in maniera così autentica la drammatica scena dell'eutanasia? Úrsula Pruneda: Il momento decisivo per la consapevolezza del personaggio è quando sua madre le chiede, quando possiede ancora le sue facoltà mentali, di praticarle l'eutanasia. Il mio personaggio decide di onorare la richiesta della madre e trova la forza di mantenere la sua promessa attingendo alla conoscenza botanica appresa proprio da lei. La scena finale è durissima, ma sono certa che se mi trovassi in una situazione del genere mi comporterei esattamente in questo modo, perché si tratta solo di un atto d'amore.

Com'è stato trovato il bellissimo bambino del film? Come avete filmato le sue scene?
María Novaro: E' stata una grande fortuna lavorare con Cosmo. Amo dirigere bambini, ma uno così piccolo rappresentava una vera sfida. Buona parte del film è stato girato a casa mia con la camera seminascosta, senza che Cosmo fosse consapevole di essere filmato. E' un bambino molto intelligente e figlio di attori, che lo hanno sin da piccolo abituato alla macchina da presa. Ovviamente non c'erano delle vere e proprie battute e Ursula doveva di volta in volta improvvisare alle sue reazioni. Nell'ultimo giorno di ripresa aveva però capito tutto e mi ha detto che era pronto per il ciak. Il fatto di girare in HD ha reso molto più facile filmare in maniera naturale e spontanea.

Com'è stato lavorare con Ofelia Medina? María Novaro: Ursula e io abbiamo subito pensato che Ofelia fosse una scelta perfetta per il ruolo della madre. Lei ha accettato molto generosamente l'offerta, anche se ci ha chiesto di concentrare il lavoro in due settimane e di girare le sequenze in ordine progressivo, in modo da lavorare sullo sviluppo della malattia. Si è lasciata guidare da me, e le ho confidato il mio vissuto personale (mia madre si è ammalata di Alzhaimer e avevo l'urgenza di realizzare questo film). Il momento in cui è stata girata la scena in cui Lala non si ricorda più come vestirsi, realizzata in gran parte attraverso l'improvvisazione, è stato uno dei più commoventi di tutta la mia intera carriera.
Úrsula Pruneda: Credo che sia una delle attrici messicane che ho amato di più. È stato un grande onore lavorare con lei. Ho ammirato il fatto che fosse ancora molto disciplinata con il suo corpo e che si sottoponesse a esercizi fisici continui.

Che funzione hanno le figure maschili presenti nel film? María Novaro: A me piace giocare con il tema degli uomini. Dicono che io tratto gli uomini come caricature, e io sinceramente cerco di provocarli un po'. In molti film le donne sono solo una presenza secondaria, quindi non vedo perché io non possa una volta tanto ribaltare le prospettive, anche se a molti messicani questa mia impostazione non va proprio giù. Spero che si capisca che i miei film sono frutto di un'impronta fortemente messicana e al tempo stesso femminista.

Rispetto a tanti cineasti messicani che ottengono fortuna a Hollywood, cosa significa per lei continuare a lavorare in Messico? María Novaro: Noi siamo soliti dire che il Messico è un paese troppo lontano da Dio e troppo vicino agli Stati Uniti. Gli USA condizionano fortemente la nostra vita culturale e il cinema non fa eccezione. Penso che tutti i registi messicani devono prendere una decisione: andare negli Stati Uniti per girare con più soldi, oppure rimanere in patria e realizzare film indipendenti e low budget. Io ho optato per quest'ultima strada.

Quali sono i suoi progetti futuri? María Novaro: Desidero molto realizzare un film per bambini. Sto lavorando a una raccolta di sei storie diverse che parlando delle condizioni dell'infanzia in Messico. Ma vorrei realizzare un film dal tono lieve, in modo da potere essere visto dai bambini. Il nome del film sarà Aire.

Che accoglienza ha avuto il film in patria? María Novaro: Il film è stato distribuito solo in dieci copie in Messico, ma credo che ci sia stata una buona reazione degli spettatori. Spero che si sprigioni un effetto passaparola e che lentamente possa conquistare il pubblico.