Marco De Angelis e Antonio Di Trapani parlano di Tarda Estate

Con Tarda Estate la sezione Controcampo Italiano della 67esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia guarda a Oriente. In questa intervista esclusiva, i due autori ci hanno raccontato la genesi del loro progetto.

Una storia girata in Giappone e con una prevalenza di attori orientali per Tarda Estate, il nuovo progetto di Marco De Angelis e Antonio Di Trapani che è stato presentato alla 67esima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Controcampo Italiano. Una scelta sicuramente inusuale e coraggiosa, che i due registi ci hanno spiegato nell'intervista che segue, nella quale hanno raccontato anche le circostanze creative che hanno dato vita alla loro collaborazione.

Tarda estate si presenta sin dal trailer come un progetto decisamente inconsueto, per il nostro cinema, a cominciare dall'ambientazione e dal cast, quasi tutto orientale. A leggere la trama, c'è anche l'apparizione di un fantasma, cosa che per molti aspetti richiama il cinema asiatico. A cosa si deve questa scelta così fuori dal comune? Marco De Angelis: La scelta, per alcuni versi eccentrica, di girare fuori dall'Italia (in Giappone), in un'altra lingua e quindi con attori stranieri, non ha nulla di "programmatico" nell'odierna accezione promozional-furbesca del termine. Scaturisce invece da una dolorosa, urgente, ineludibile necessità di bellezza e allo stesso tempo di astrazione rispetto a opprimenti debiti di contingenza con l'attualità. Infatti, la pertinace e diffusissima aderenza alla realtà quotidiana e ai suoi risvolti sociali, espressa oggi da gran parte del cinema italiano, (tanto da far ironicamente ipotizzare che anche l'Italia, al contrario delle apparenze, sia divenuta patria del genere "vampire") ci è oltremodo lontana.

Com'è nata l'idea per il film, e in che modo l'avete portata avanti, dal punto di vista narrativo?

Marco De Angelis: L'idea di partenza del film è costituita dalla partenza stessa, dall'idea di viaggio e dalla scommessa, a cominciare da una sceneggiatura solo abbozzata, di trovare il film in corso d'opera. Tenendo presente le forze e il budget ridottissimi, ma spinti da una esigenza di rigore, abbiamo cercato di modellare gli attori, conosciuti per la maggior parte il giorno stesso delle riprese, intorno all'antica leggenda del Tanabata che costituisce il nucleo poetico iniziale della vicenda. A differenza delle precedenti esperienze (avevamo già girato un corto, Voci di rugiada, ispirato ad un dramma , metà a Kyoto metà in un Giappone ricostruito sulle nevi di Monte Livata), lo sviluppo narrativo, seppure molto discreto e a tratti eluso, questa volta doveva occupare uno spazio maggiore. Lo abbiamo così costruito sposando sensazioni ed emozioni personali provenienti dai precedenti viaggi (mia moglie, collaboratrice del film, è giapponese) a suggestioni letterarie, estetiche, cinematografiche in senso stretto.

Il cinema italiano dovrebbe provare a guardare fuori dai propri confini, per ritrovare una sua identità, secondo voi, oppure quello di Tarda estate è un caso a parte? Antonio Di Trapani: Penso che ogni discorso legato al tema dell'identità sia sempre troppo ambiguo. Non credo debbano ancora esistere le cinematografie nazionali. Ci sono solo autori diversi che devono guardarsi intorno e viaggiare: il cinema, per chi lo fa, è il migliore strumento di conoscenza e non un imbuto dentro cui parlare; per quello può bastare la televisione. Certo, ognuno di noi è inevitabilmente influenzato dal clima culturale in cui è cresciuto. Se qualcuno ci dicesse che il nostro film è poco "giapponese" ci metteremmo a ridere. Per quanto riguarda l'Italia, poi, nani e ballerine a parte, credo che siamo ancora nelle secche di un post-Neorealismo d'accatto: troppo spesso si bada all'argomento del film, più che al suo stile; ho l'impressione che troppe coscienze sporche inseguano il tema sociale e poi si accontentino di mettersi la macchina in spalla e fare una sorta di telegiornale di finzione. Per trattare questi argomenti occorre avere la purezza degli angeli o la lucidità di un demone. E noi, che santi non siamo ancora (ma quant'è dura l'ascesa al Monte Ventoso!) e demoni non lo siamo abbastanza, preferiamo al momento allontanarci dal confronto innecessario con l'attualità.

Come vi siete divisi il lavoro sullo sviluppo del film? Non avete incontrato difficoltà nell'occuparvi di così tanti aspetti relativi alla lavorazione, oltre alla regia?

Antonio Di Trapani: Le difficoltà sono state enormi. A parte il preziosissimo aiuto di Junko Mori, che ha dato un grande contributo artistico oltre che logistico, siamo sempre stati soli. In Giappone abbiamo perfino affittato una carrozzella per disabili per trasportare con meno fatica l'attrezzatura (nonché per tentare invano improbabili carrelli). Questo seguire il film dall'idea alla post-produzione sotto ogni aspetto sia tecnico che artistico, anche se sfiancante, ci ha dato la possibilità di un controllo totale sul film, senza l'uso di alcun filtro. A meno che non ci sia una sintonia quasi perfetta, le maestranze che ruotano attorno alla macchina, seppure portatrici di professionalità ed esperienza, a volte possono offrirsi come resistenza, come tendenza all'appiattimento "di mestiere".

Cosa vi aspettate dalla presentazione di Tarda estate nella sezione Controcampo italiano? Che futuro è previsto per il film, altre presenze festivaliere? Marco De Angelis: Cosa ci aspettiamo? Di non esser troppo negletti. E' naturale, è umano... A tal proposito mi piacerebbe ricordare alcune frasi pronunciate da Accattone (dell'amatissimo Pasolini) nella sequenza del sogno: "A sor mae', perché non me la fate un pochetto più là? Non lo vedete che è tutta scura qui 'a tera? Fatemela un po' più là, poco poco, per favore a sor mae', lì 'ndo' sta 'a luce è mejo.".

Dopo aver concluso questo progetto, c'è altro in cantiere per voi? Contate di proseguire il lavoro in due, o state valutando progetti individuali? Antonio Di Trapani: Non stiamo pensando a progetti individuali. Finché ci sopporteremo andremo avanti insieme. Abbiamo una sceneggiatura pronta già da qualche anno, ma sarebbe impossibile realizzarla con le stesse condizioni produttive di Tarda estate. Ci sono poi alcune idee che ci affascinano da parecchio tempo. Credo comunque che non sia fondamentale partire da una storia, ma piuttosto da un'urgenza, un bisogno.