Recensione La terra dell'abbondanza (2004)

Wenders continua a volare fra i tetti, viaggia con la camera accanto ai volti dei protagonisti e fa entrare prepotentemente in scena la colonna sonora. Ma soprattutto vuole aprire gli occhi agli americani, confusi e vittime di paranoie.

Maledetti States, vi amerò

Non ha usato metafore o mezze misure. Wim Wenders è andato dritto dritto al problema e ha sparato un missile (pieno per metà di veleno e per metà di amore) contro gli Stati Uniti e le paranoie da post 11 settembre, dando comunque una possibilità di via d'uscita alla terra dell'abbondanza (Land of plenty il titolo originale, nome anche della canzone di Leonard Cohen che chiude il film).

Wenders infatti presenta gli States da due prospettive opposte: la prima è quella di Paul (John Diehl), un veterano del Vietnam che dopo l'attentato alle torri è ossessionato dai suoi fantasmi e lavora giorno e notte a caccia di terroristi che crede di vedere dappertutto; la seconda è quella di una giovane americana, Lana (Michelle Williams), che oltre a essere la nipote che Paul non ha mai conosciuto è vissuta sempre tra Europa e Palestina (è stata missionaria) con una visione opposta a quella dello zio, forte anche della sua fede cristiana.
Paul e la sua esistenza da paranoico cacciatore di terroristi dovranno fare i conti con la presenza di Lana, e quando i due si troveranno alle prese con l'omicidio di un senzatetto mediorientale, decideranno di svolgere insieme le indagini.

Il personaggio di Paul, per il quale Wenders prova anche affetto e comprensione, è emblematico delle fobie americane del dopo 11 settembre: il suo personaggio è sì portato all'eccesso (e forse si eccede un po' nel macchiettismo), ma racchiude in fondo tutte le paure dell'americano medio, che si insospettisce alla sola vista di un arabo. In realtà, nel caso dell'omicidio, i responsabili che Paul crede di vedere nei mediorientali saranno proprio i frutti marci della terra dell'abbondanza.
Ma l'ancora di salvezza gettata da Wenders (il quale non rinuncia a soffermare il suo sguardo sull'America dei poveri e dei diseredati) è rappresentata da Lana, non solo per la sua diversa visione delle cose, ma anche perchè alla fine porterà lo zio a capire che nel nome delle vittime delle torri non si può continuare a seminare altra morte.

Per confezionare il tutto Wenders ha girato in digitale, non tradendo però il suo rassicurante stile: continua a volare fra i tetti, viaggia con la camera accanto ai volti dei protagonisti e fa entrare prepotentemente in scena la colonna sonora. Ma soprattutto vuole aprire gli occhi agli americani, confusi e vittime di paranoie. E alla fine, con tanto di scritta in sovrimpressione, invoca "la verità, prima o poi".

Movieplayer.it

4.0/5