Mad Men: Pazzi a Madison Avenue

Quello che viene raccontato in Mad Men, sin dalla straordinaria sigla di apertura, è un mondo in rapida evoluzione, totalmente fuori dalla portata perfino di pubblicitari così arrogantemente convinti di comprenderlo e dominarlo. E' la fine di un antico ordine.

Se, tra sciopero e piccole delusioni, l'ultima stagione televisiva poteva sembrare ai più non proprio esaltante, il tutto andrebbe ridiscusso alla luce di Damages e Mad Men. Due mondi diversi e due modalità di intrattenimento perfino opposte ma accomunabili per la radicalità dello sguardo sull'America di oggi e di ieri e per una confezione esaltante. Con Mad Men inoltre, il mondo delle serie tv si dimostra in grado anche di raccontare i cruciali anni '60 americani senza filtri o edulcorazioni, mettendo al centro l'arrogante sfarzo delle agenzie pubblicitarie di Madison Avenue, da cui deriva l'abbreviazione Mad Men.

Al centro delle vicende della serie creata da Matthew Weiner (autore e produttore de I Soprano) ci sono infatti proprio gli uomini della Sterling Cooper, una delle agenzie pubblicitarie più potenti del periodo, con un portfolio comprendente giganti come Lucky Strike e Clerasil, fino alla fallimentare campagna presidenziale di Nixon del 1960.
Protagonista indiscusso è Don Draper (un grandissimo Jon Hamm, vincitore del Golden Globe), art director talentuoso e indecifrabile, con un passato misterioso e una durezza d'animo che neanche la lussuosa vita condotta e la stupenda moglie sembrano riuscire a limare. Intorno a lui, la moglie appunto, madre-casalinga di due figli, profondamente insoddisfatta ma ancora incapace a esprimerlo, un gruppo di rampanti copywriter, un'indecifrabile segretaria dalle ambizioni creative, un capo eccentrico e donnaiolo, un'amante artista e emancipata proveniente dal fermento culturale newyorkese di quegli anni e una terza donna ricca, ebrea e intelligente, l'unica che pare riuscire a far breccia nel cuore di Don.

Immergendosi in Mad Men pare di entrare nei ridicoli sogni machisti di Tom Cruise in Magnolia tanto si è spiazzati dal modo inequivoco in cui viene raccontata una società competitiva e maschilista oltre ogni immaginazione. Prima della spinta civile e sociale che scosse le fondamenta da lì a poco, la New York ricca degli affari era fatta di uomini eleganti con la sigaretta e il bicchiere perennemente in mano, artefici di un mondo a loro immagine e somiglianza, in cui le donne sono mere servitrici dei loro bisogni e del loro ego. Trattate perfino come prostitute da ginecologi per un semplice diaframma o come cavie da psicanalisti ingaggiati dai mariti per tenere sotto controllo le depressioni delle loro compagne.
Ma quello che viene raccontato in Mad Men, sin dalla straordinaria sigla di apertura, è un mondo in rapida evoluzione, totalmente fuori dalla portata di pubblicitari così arrogantemente convinti di comprenderlo e dominarlo. E' una spinta al rinnovamento che la serie documenta con una finezza di scrittura e un coraggio nelle scelte drammaturgiche che lascia davvero il segno e va perfino oltre la sinuosa messa in scena e l'intensità dei rapporti tra i personaggi. Don Draper non è allora né un demone cinico e spietato, né un povero uomo che ha incamerato una rabbia infinita per un buio passato. Don Draper è semplicemente un uomo "vecchio", impossibilitato a vedere la società che gli si sta creando davanti, nonostante sia il creativo più stimato del mondo della pubblicità e Mad Men racconta questo incolmabile sfasamento.