Love Life 2, la recensione: una love story moderna più equilibrata e black

Maggior equilibrio nella scrittura e caratterizzazione del protagonista, che punta però sempre a un target hipster millennial. Questo caratterizza la seconda ed ultima stagione di Love Life, dal 13 gennaio su Netflix dopo il passaggio in sordina su TIMVISION. Merito soprattutto della cultura black di William Jackson Harper.

Love Life 2, la recensione: una love story moderna più equilibrata e black

Spesso diciamo che le serie se arrivano su altre piattaforme meno altisonanti passano quasi inosservate (soprattutto se non vi è una comunicazione adeguata da parte delle stesse) e vengono in seguito scoperte da tutti quando arrivano su Netflix. Se arrivano sul servizio streaming di Reed Hastings, allora "esistono". In quest'ottica, dopo The Sinner, nella recensione di Love Life 2, la seconda e purtroppo ultima stagione della prima serie originale HBO Max, recuperiamo anche la conclusione del serial, in Italia passato in sordina su TIMVISION e ora disponibile insieme alla prima, appunto, su Netflix.

Love Life 2 William Jackson Harper 3
Love Life 2: una scena della serie

Dato che Love Life è una serie antologica che ha per protagonisti in ogni stagione personaggi diversi in cerca dell'amore in quel di New York, ma legati tra loro, la scelta dei creatori e produttori sarebbe ricaduta su Jim (Peter Vack, Mozart in the Jungle), già visto nella prima stagione, come si vociferava. Invece sono andati in un'altra direzione, scegliendo una new entry e legandola ai personaggi già visti nel ciclo inaugurale.

Non più Darby, largo a Marcus

Love Life 2 William Jackson Harper Anna Kendrick
Love Life 2: una scena della seconda stagione

Protagonista della seconda stagione di Love Life è infatti Marcus Watkins (William Jackson Harper, che potreste aver apprezzato in The Good Place o in The Resort), curatore editoriale che prova a trovare il nuovo autore emergente nero di successo in una casa editrice gestita da bianchi.
Lo conosciamo al matrimonio di Darby (Anna Kendrick, che torna come guest star) e Magnus, poiché sua moglie Emily è amica della sposa. Da lì la struttura procede come la stagione inaugurale: ogni episodio ha il nome di una persona che sarà importante nella vita, personale e sentimentale, di Marcus, per farlo arrivare all'amore della sua vita (che forse quindi non sarà Emily). Un amore meno romantico e più pragmatico, ai tempi dei millennial disillusi e precari. Se la Darby di Kendrick risultava abbastanza respingente, il Marcus di William Jackson Harper riesce a trovare un po' di equilibrio nel tratteggiare le sue tante contraddizioni, a partire dalla sceneggiatura e dalla caratterizzazione del creatore Sam Boyd. La scelta ricaduta su un personaggio come quello di Marcus è dovuta al punto di vista maschile e black, diverso da quello di Darby nella prima stagione, che poteva portare a focalizzarsi sull'amore ai tempi dei millennial.

Love Life, la recensione: l'amore ai tempi dei millennials

Relazioni e contraddizioni

Love Life 2 Punkie Johnson William Jackson Harper
Love Life 2: un momento della serie

La classe sociale di Marcus rimane però la middle class della City: il personaggio così come gli altri non ha mai davvero problemi di soldi e trova sempre qualcuno a cui appoggiarsi, come la sorella. Rispetto alla prima stagione, i personaggi secondari rimangono sullo sfondo ma ad emergere è proprio Ida (Punkie Johnson) e la sua avventura amorosa nel mondo gay nella New York degli anni 2020. Love Life 2 vuole riflettere, ancora una volta, come sia difficile muoversi nel mondo delle app, degli incontri al bar, degli appuntamenti al buio e così via in una metropoli forse fin troppo piena di possibilità, tanto da non averne infine nessuna. La New York che è dipinta nello show è di nuovo quella della classe benestante, dei vernisage e degli eventi mondani, intervallati da semplici uscite per le vie della Grande Mela. Dove si cammina un sacco, si scovano vicoli alla ricerca della magia e si scoprono posti nuovi e ricercati dove mangiare.

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Amore in pandemia

Love Life 2 Jessica Williams William Jackson Harper
Love Life 2: un'immagine della serie

Uno degli episodi più riusciti della stagione è sicuramente il penultimo, ambientato durante la pandemia. Un anno intero che scorre in una sola puntata da mezz'ora è un esperimento interessante e sorprendentemente riuscito. Non viene data troppa enfasi ma la pandemia diviene tessuto del racconto amoroso, personale e lavorativo di Marcus. Soprattutto quando svviene la morte di George Floyd e il conseguente movimento del Black Lives Matter. È interessante però un parallelismo che ci viene in mente guardando la stagione, con Entergalactic, esperimento animato di Netflix dedicato sempre a una storia d'amore black nella Grande Mela. Una sorta di storia in videoclip musicale di Scott Mescudi (in arte Kid Cudi) lungo quanto un film, con un'animazione quasi foto realistica e una regia iper dinamica e accattivante. Anche perché in comune hanno anche un'interprete, Jessica Williams: in Entergalactic è Meadow, la protagonista femminile della storia, mentre in Love Life è Mia, una ragazza che Marcus incontra e che continuerà a tornare stranamente nella sua vita. Che sia lei l'amore della sua vita?

Conclusioni

Una serie sempre dedicata al target hipster millennial ma un po’ più equilibrata ed aperta, merito del protagonista black. È questo che è emerso dalla recensione di Love Life 2, la seconda ed ultima stagione della prima serie originale HBO Max. Funzionano il protagonista e la risoluzione della sua storia d’amore, insieme ai collegamenti con la prima stagione e l’inserimento dell’attualità come la pandemia e il Black Lives Matter.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • William Jackson Harper funziona, più di Anna Kendrick.
  • C’è un maggior equilibrio nella narrazione, complice il punto di vista di un ragazzo nero a New York oggi.
  • L’episodio dedicato alla pandemia e al BLM.

Cosa non va

  • Il target a cui si rivolge la serie è sempre quello specifico degli hipster millennial, di classe benestante che non arrancano per davvero.
  • I comprimari restano fin troppo nelle retrovie, ma una menzione speciale va a Punkie Johnson.