Recensione In the Land of Blood and Honey (2011)

Un esordio alla regia, quello di Angelina Jolie, che ha il suo limite principale nella struttura narrativa, non abbastanza compatta per reggere un film di due ore, ma si lascia apprezzare per il coraggio di raccontare una storia assolutamente non facile.

Love During Wartime

In un paese poco distante dal nostro, nei primi anni Novanta, un uomo e una donna si frequentano e vivono una storia d'amore: lei è Aijla, un'affascinante pittrice bosniaca musulmana, lui è Danjel, un poliziotto serbo bosniaco, che da lì a poco, quando il conflitto sarà ormai divampato diventerà il suo amante e nemico, protettore e carnefice. Qualche mese dopo l'attentato al locale in cui stavano stavano trascorrendo una serata insieme, Danjel e Aijla si ritroveranno in una struttura di detenzione nella quale sono state radunate diverse donne islamiche, ma a lei saranno risparmiate (almeno in parte) le umiliazioni e gli abusi che le sue compagne saranno invece costrette a subire quotidianamente, mentre Danjel - che adesso è un comandante dell'esercito bosniaco guidato da suo padre, il generale Vukojevich - tenterà di proteggere la donna che ama con cautela e cercando di non destare sospetti.

Per il suo chiacchierato esordio alla regia Angelina Jolie sceglie di portare sul grande schermo una storia d'amore ambientata durante la guerra in Bosnia e con la volontà precisa di raccontare (e analizzare) una dolorosa pagina della nostra storia più recente per mantenerne viva la memoria e affrontare al tempo stesso temi impegnativi come quello del ruolo delle donne in un conflitto. Nonostante il tema della storia d'amore che si sviluppa in uno scenario bellico sia uno dei più ricorrenti al cinema, la regista mette da parte la componente più "romantica" della vicenda per concentrarsi più sul confronto fisico e "politico" tra i due protagonisti e la conflittualità con la quale vivono la loro relazione. Mentre la passione tra Aijla e Danjel si riaccende, i due devono fare i conti con la diffidenza reciproca, i sospetti, la volontà di non tradire i sacrifici e le identità dei popoli ai quali appartengono e i dubbi sulla natura del conflitto che insanguina la loro terra.
Dopo essersi ritrovati una prima volta, i due amanti saranno costretti a separarsi ancora, ma si incontreranno di nuovo in circostanze fortuite e alla fine lui deciderà di tenere Ajila accanto a sè ufficialmente come ritrattista personale. Una storia d'amore (e di passione) quella al centro di In the Land of Blood and Honey, che è un pretesto per raccontare la guerra in Bosnia attraverso due prospettive differenti, quella di una donna costretta a lasciare la sua casa e a separarsi dai suoi affetti, per essere obbligata a servire i suoi nemici e a vivere sulla propria pelle esperienze terrificanti, e quella di un uomo che senza mai smettere di guidare i propri uomini in una guerra senza senso, è anche pienamente cosciente del fatto che i suoi nemici sono i suoi vicini di casa, persone con le quali è cresciuto e ha condiviso tanti aspetti della propria esistenza.

Il limite principale del film è proprio nella struttura narrativa, che risulta non abbastanza compatta per reggere un film di più di due ore. Se, come abbiamo detto, il rapporto tra i due protagonisti del film vuole mettere a confronto due punti di vista differenti, sono proprio questi ultimi che non trovano spazio adeguato all'interno della storia, o almeno non sono sviluppati in maniera tale da formare un racconto uniforme e capace di sollevare la partecipazione dello spettatore, mettendo in evidenza quindi una difficoltà nell'assemblare (e filtrare) il materiale narrativo alla base del film stesso. Se da un lato la Jolie evita di cedere a facili esasperazioni (pur concedendosi un finale spettacolare) scegliendo di raccontare la sua storia con rigore, evitando per quanto possibile di essere di parte, dall'altro non approfondisce ulteriori aspetti della storia che sarebbero stati interessanti, forse nel tentativo di non escluderne nessuno ma continuando a girare attorno alle stesse riflessioni. Se si esclude questo limite, che resta comunque importante, il film si lascia apprezzare soprattutto per le valide interpretazioni dei due protagonisti, Goran Kostic la bella Zana Marjanovic, che dà vita ad una creatura vibrante e sensuale come Aijla, una donna coraggiosa e capace di amare senza tradire sè stessa e le sue radici. E a proposito di coraggio, va sottolineato anche quello della regista, che ha scelto di debuttare dietro la macchina da presa con una storia assolutamente non facile, al quale manca il respiro che sarebbe riuscito a dargli un autore più collaudato, ma che riesce comunque a regalare qualche emozione.

Movieplayer.it

3.0/5