Lost: Lindelof e Cuse ci parlano dell'evoluzione della serie

Molti dettagli sullo sviluppo della serie nel corso degli anni e sul futuro della televisione nella nostra chiacchierata con gli autori di Lost.

Disponibili, ma ovviamente restii a rilasciare qualunque dettaglio su quello che vedremo nel corso della stagione finale di Lost, Damon Lindelof e Carlton Cuse non si sono tirati indietro di fronte alle nostre richieste di chiarimenti su come si è evoluta la serie che li ha resi famosi nel corso degli anni passati sin dal suo incredibile pilot fino ad oggi, ad un passo dalla sua stagione conclusiva e dalla messa in onda in Italia del finale della quinta stagione, previsto il 20 Luglio su Fox, e della programmazione in chiaro su RaiDue.

Con Lost in qualche modo avete rotto le regole e creato il futuro contemporaneo della televisione. Guardando al futuro, che tipo di evoluzione immaginate?

Carlton Cuse: Spero che una cosa che accadrà nella televisione sia di avere molti più show, ma di durata più limitata. Il modello attuale della televisione americana è di creare una serie e farla durare il più possibile, ma non è sempre efficace: nel nostro caso, per esempio, abbiamo concordato ulteriori 48 episodi della serie dopo tre stagioni e questo ha cambiato tutto, perchè ci ha permesso di sapere quanto sarebbe durato ancora il viaggio che stavamo facendo. Ci saranno molti più show che termineranno dopo due o tre stagioni e ne guadagneranno: una serie come Prison Break, per esempio, sarebbe stata perfetta di due stagioni.
Sarebbe un tipo di modello nuovo che mi entusiasma perchè permetterebbe di raccontare delle storie e non semplicemente di creare dei franchise che vanno avanti per anni ed anni come E.R. - Medici in prima linea o CSI.

L'impressione da spettatore di Lost è che tra la seconda e la terza stagione abbiate voluto risparmiare informazioni, come in attesa di sapere quanto altro tempo avevate a disposizione. Quale è stato il compromesso tra le vostre esigenze creative e quelle del network, naturalmente interessato a tenere la serie in vita il più a lungo possibile?

Damon Lindelof: Tutti, dopo aver visto il pilot, ci dicevano "come pensate di sostenere questa idea? non può durare per sempre". Ma subito dopo la premiere e gli ascolti che abbiamo ottenuto, questo problema sembrò essere passato in secondo piano ed ad ogni nostro tentativo di definire una fine, ricordando i commenti iniziali ricevuti, ci veniva detto "la serie sta andando così bene, perchè volete parlare della fine?"
All'inizio della terza stagione abbiamo chiuso alcuni dei personaggi in gabbia, con l'intenzione di fare un riferimento a come noi ci sentivamo: imprigionati. Poi siamo stati costretti a realizzare gli episodi inutili, che non facevano progredire la storia, e quando il network ha visto che la serie era in una fase di stallo, ha capito quello che intendevamo ed ha preferito definire una fine, anche se a lungo termine, preferendo avere sei stagioni, piuttosto che essere costretto a chiudere la serie in modo insoddisfacente dopo sette.

Nella prima edizione del RomaFictionFest vennero qua tre attori, Terry O'Quinn, Jorge Garcia e Henry Ian Cusick che dissero che la serie aveva una fine, quindi anche loro hanno sempre avuto la sensazione di lavorare ad una serie che avrebbe avuto una conclusione. Inoltre vorrei chiedere se è vero che una fonte d'ispirazione è Twin Peaks.

Carlton Cuse: Quando il pilot andò in onda, la nostra sensazione era che avremmo avuto giusto una dozzina di episodi prima della fine della serie e nessuno di noi pensava che Lost sarebbe andato avanti a lungo, quindi Twin Peaks poteva essere una fonte d'ispirazione per noi perchè l'intenzione fu di realizzare dodici episodi molto fichi per diventare un oggetto di culto come la serie di Lynch o Il prigioniero, con un forte seguito in DVD. Ma dopo il successo dei primi episodi capimmo che avremmo potuto continuare la serie a lungo, così sviluppammo una mitologia ed una serie di pietre miliari per svelarla, ma il problema era il non sapere quanto a lungo sarebbe dovuta durare, fino a quando non abbiamo negoziato la data finale con il network. Da qui il ritmo lento della serie; se avessimo avuto fin dall'inizio un'idea della durata dello show, saremmo andati molto più spediti nel nostro viaggio verso il finale della serie.

Damon Lindelof: Vorrei aggiungere una cosa su Twin Peaks. Si tratta di una serie incentrata sul mistero, non solo quello sull'omicidio di Laura Palmer, ma il senso generale di "cosa sta succedendo?". E' questa stessa atmosfera che abbiamo cercato di dare a Lost perchè pensiamo che sia quello che piace alla gente, non solo il mistero del mostro ma in generale il mistero di Lost. In questo senso possiamo dire che si sviluppa il parallelo con Twin Peaks.

Per riagganciarci al discorso dell'evoluzione dello show nel corso del tempo, nel corso dell'incontro con il pubblico avete detto di aver avuto fin dall'inizio in mente il pilot ed il finale della serie e che quello che non avevate in mente era come riempire il gap tra questi due momenti. Ora, dopo cinque anni passati appunto a riempire questo vuoto narrativo, sentite di essere rimasti fedeli alla rotta originale? In che misura vi siete allontanati dal percorso e dal finale che avevate in mente?

Damon Lindelof: All'inizio, visto che non sapevamo quanto a lungo avremmo dovuto continuare la serie, abbiamo continuato ad aggiunere nuovi personaggi: quindi nella seconda stagione il gruppo della coda, nella terza gli Altri, nella quarta la gente sulla nave, tutte cose che ci sono servite come riempitivo e che una volta avuta una data di fine non ci servono più e infatti nella quinta stagione non c'è niente di nuovo, giusto delle piccole aggiunte, ma nessun regular della stagione, ed abbiamo continuato ad esplorare quello che già avevamo. La serie ha avuto bisogno di nuovi impulsi, essendo una character story, ma ormai tutta la gente nella coda è morta, tutti quelli sulla nave, tranne uno, sono ormai morti, perchè la nostra idea era che questi personaggi arrivassero per creare dei conflitti e degli stimoli per il gruppo base, per mettere in luce i personaggi originali della serie, questo era il loro scopo. Se la serie avesse avuto una durata di tre o quattro stagioni, non ci sarebbero stati tutti questi innesti.

In realtà c'è un nuovo personaggio molto importante: l'amico di Jacob.

Damon Lindelof: Beh, sì, ma in realtà lui c'è stato fin dall'inizio, anche se non si vedeva. Ne abbiamo sempre parlato.

Nell'elaborazione di questo percorso, quanto siete riusciti ad essere impermeabili a quello che è diventato il fenomeno Lost? Anche nello sviluppo di un personaggio piuttosto che di un altro, per esempio.

Carlton Cuse: Abbiamo sempre cercato, da narratori, di non farci influenzare troppo dalle reazioni esterne. Come abbiamo detto, noi iniziamo ogni giornata di lavoro discutendo insieme nel nostro ufficio ed una nostra regola creativa è sempre stata che se un'idea fosse sembrata buona ad entrambi, sarebbe finita nella serie; e visto che ha funzionato sin dall'inizio, è una regola valida ancora adesso. Se ci fossimo concentrati troppo sull'esterno, non saremmo stati credibili, così abbiamo deciso di tenere sempre tutto il processo creativo chiuso all'interno, cercando di fare uno show che potesse piacere a noi, sperando che in questo modo avremmo realizzato qualcosa che potesse piacere anche agli altri.
Ovviamente non siamo del tutto immuni alle influenze dal mondo esterno e quando ci sono domande ricorrenti, come quella che riguarda il perchè Hurley non perdesse peso, abbiamo cercato di dare risposte nel corso della serie, in questo caso per esempio spiegando che aveva delle riserve di cibo nella giungla. Ma non ci concentriamo sulle reazioni dei fan per le decisioni creative più importanti per lo sviluppo della serie.

Io vengo dal futuro e conosco la fine di Lost, ci potete spiegare perchè avete scelto questo tipo di finale?

Damon Lindelof: Sfortunatamente noi veniamo dal passato e stiamo ancora cercando di capire cosa c'è nella botola!