Lo spietato, la recensione: Riccardo Scamarcio su Netflix in un noir vecchio stile

La recensione de Lo spietato, il film Netflix con Riccardo Scamarcio, diretto da Renato De Maria, che omaggia i poliziotteschi anni '70.

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Lo Spietato: Riccardo Scamarcio in una scena del film

C'è un aspetto importante da tener presente nello scrivere una recensione de Lo spietato, il film Netflix con Riccardo Scamarcio aggiunto al catalogo del colosso dello streaming dal 19 Aprile dopo l'uscita evento di tre giorni, ovvero la scelta decisa e consapevole del regista Renato De Maria di realizzare un omaggio a un genere, quello del poliziottesco italiano anni '70, e la ricostruzione del contesto di quel periodo che fa da sfondo alla vicenda. Da questi punti di vista, soprattutto, Lo spietato è un'operazione riuscita e intrigante, che riesce a ricalcare almeno parte delle caratteristiche del genere e del mondo di riferimento, seguendo la storia e l'evoluzione del suo protagonista nel corso del tempo. Desta, però, qualche perplessità sul fronte narrativo, per un intreccio non troppo brillante e qualche momento di stanca di troppo, che gli impediscono di imporsi tra le novità più degne di nota di questa primavera.

La nascita di un criminale nella trama de Lo spietato

La trama de Lo spietato ci porta nella Milano del boom economico e della crescita, la cosiddetta Milano da bere, ma parte da lontano, dalla provincia calabrese in cui il protagonista Santo Russo è nato e cresciuto. È lì, in quella periferia dell'Italia meridionale, che compie i primi furti e reati, ma è dopo il trasferimento al nord, a Buccinasco, che subisce le prime esperienze nel carcere minorile e si ritrova coinvolto totalmente nel mondo della criminalità, diventando nel giro di poco tempo parte integrante di una potente banda, sporcandosi sempre più le mani in ogni tipo di attività illecita, da rapine a sequestri, traffico di stupefacenti e riciclaggio. Fino alle inevitabili e spietate esecuzioni. Una strada lastricata di crimini che porta alla ricchezza e affermazione sociale, a una vita in cui non manca una componente privata: da una parte la moglie Mariangela, devota e remissiva, dall'altra l'amante Annabelle, libera ed elegante, due donne all'opposto che rappresentano e evocano quelle scelte diametralmente opposte tra le quali tutta la sua vita è stata divisa.

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Lo Spietato: Un primo piano di Riccardo Scamarcio

Riccardo Scamarcio e i personaggi de Lo Spietato

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Lo Spietato: Riccardo Scamarcio con Marie-Ange Casta in una scena

Scelte, dicevamo, quelle che hanno condotto un uomo che in fondo avrebbe aspirato a una vita da borghese verso la criminalità più pura, su un percorso che l'ha reso lo spietato del titolo. Questa è la chiave di Santo Russo e i personaggi de Lo spietato, questa inesorabile discesa nell'inferno del crimine e dell'illegalità da tutti i punti di vista, dal quale è difficile sfuggire. Riccardo Scamarcio è bravo a tratteggiarne la figura, efficace nel dipingere la brutalità del suo personaggio, evitando di finire sopra le righe e affidandosi, dove necessario, all'ironia. Accanto a lui, ai due opposti, Sara Serraiocco che dà vita alla moglie Mariangela e Marie-Ange Casta (sorella di Laetitia Casta) che impersona Annabelle, l'artista francese capace di affascinarlo. Ma colpisce come tutte le figure di contorno, soprattutto nell'ambito della malavita che lo circonda, abbiano i volti giusti per rendere credibile il contesto in cui la storia si muove.

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Lo Spietato: Riccardo Scamarcio in una scena d'azione

Gli anni '70, tra auto e canzoni

È infatti proprio la Milano di quegli anni a rappresentare un altro importante personaggio della storia che Renato De Maria ha tratto dal libro Gangster calibro 9 di Pietro Colaprico e Luca Fazzo: grande e attenta cura è rivolta all'ambientazione, al background delle vicende di Santo Russo e la sua banda criminale. Uno sfondo che richiama le sue fonti d'ispirazione per luci, colori e suoni, nella fotografia così come nelle scenografie, nelle auto così come nella selezione di canzoni che accompagna la storia. Peccato non ritrovare la stessa attenzione nello sviluppo della trama, a volte un po' brusca e superficiale nell'affrontare alcuni passaggi, e in uno script che si affida un po' troppo al voice over per raccontare l'evoluzione del suo protagonista. Lo spietato resta, ad ogni modo, un film godibile e un tassello importante della produzione italiana di Netflix, che speriamo confermi questa voglia di omaggiare e richiamare la storia cinematografica del nostro paese, ma senza rinunciare a espanderla e arricchirla di nuove idee e suggestioni.

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Lo Spietato: una scena d'azione con Riccardo Scamarcio

Conclusioni

Come detto nella nostra recensione de Lo spietato, il film di Renato De Maria è un lucido e interessante omaggio al filone poliziottesco dei nostri anni ’70, con atmosfere da noir e un approccio brutale, oltre che ironico, alla criminalità. Atmosfere in cui Riccardo Scamarcio si trova a suo agio, ma poco sostenute da uno script che si affida troppo al voice over per raccontarne l’evoluzione e manca il necessario approfondimento in alcuni passaggi, che risultano così troppo sbrigativi.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
2.5/5

Perché ci piace

  • L’atmosfera noir e l’omaggio al poliziottesco anni ’70.
  • La prova di Riccardo Scamarcio e del cast nel suo complesso, vivo e credibile.
  • La ricostruzione dell’ambientazione della Milano degli anni in cui si svolge la storia.

Cosa non va

  • L’abuso di voice over per raccontare l’evoluzione del protagonista.
  • Alcuni passaggi della sceneggiatura un po’ troppo sbrigativi.