L'infanzia di un capo: l'assenza di amore genera mostri

Presentato nel 2015 nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia e aggiudicatosi il premio De Laurentiis per la migliore opera prima e quello per la miglior regia, il debutto dietro la macchina da presa di Brady Corbet è un'opera coraggiosa e potente che però sul piano narrativo presenta qualche evidente difetto.

The Childhood of a Leader: un primo piano del film di Brady Corbet
The Childhood of a Leader: un primo piano del film di Brady Corbet

Fin dall'immersivo incipit accompagnato da una musica ipnotica ed enfatica in cui si susseguono immagini di repertorio mostranti violenza e desolazione della prima guerra mondiale, seguite da una lunga "soggettiva" di un treno in corsa a inquadrare le rotaie e uno zoom in avanti che introduce in maniera inquietante il bambino protagonista, appare subito chiaro come con L'infanzia di un capo non ci si trovi di fronte a un'opera prima come tante altre. Il ventinovenne statunitense Brady Corbet, in passato interprete in film di autori quali Michael Haneke (Funny Games), Lars von Trier (Melancholia), Ruben Östlund (Forza Maggiore), Olivier Assayas (Sils Maria) e Mia Hansen-Løve (Eden), dimostra immediatamente di essere un ottimo regista e, soprattutto, di avere coraggio da vendere e una gran voglia di sorprendere con un'opera prima spiazzante, potente e stimolante.

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Rapporti familiari inquietanti e oscuri

Ispirato in primis al racconto del noto intellettuale francese Jean-Paul Sartre Infanzia di un capo, dal quale riprende diversi elementi di base della trama, ma anche ad altri testi tra cui il romanzo dello scrittore inglese John Fowles Il mago, il film segue la quotidianità di Prescott (Tom Sweet), bambino appena trasferitosi in Francia in compagnia della madre (Bérénice Bejo) e del padre (Liam Cunningham) a causa degli impegni politici di quest'ultimo, assistente del Segretario di Stato degli Stati Uniti Lansing impegnato nelle trattative che porranno fine al primo conflitto mondiale.

L'infanzia di un capo: Bérénice Bejo in una scena del film
L'infanzia di un capo: Bérénice Bejo in una scena del film

Diviso in cinque capitoli (per essere precisi, si tratta di tre capitoli più un'apertura e una chiusura), L'infanzia di un capo approfondisce i rapporti, progressivamente sempre più tesi e cupi, tra l'inquieto, problematico piccolo Prescott e i due rigidi, disinteressati genitori, che preferiscono demandare cura ed educazione del figlio a governanti della tenuta di famiglia in cui vivono da poco e una giovane insegnante di francese (Stacy Martin). Il film, così, sembra sostenere con forza la tesi che la mancanza in tenera età di amore e affettuosa attenzione da parte dei parenti più stretti può degenerare nello sviluppo di personalità disturbate e molto pericolose, come si evincerà chiaramente anche dal sorprendente finale che non staremo certo qui ad anticiparvi.

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L'eleganza e la potenza della forma

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Presentato due anni fa al Festival di Venezia e aggiudicatosi il premio De Laurentiis per la migliore opera prima e quello per la miglior regia tra i film presenti nella sezione Orizzonti, il lavoro di Brady Corbet ha il grande pregio di tenere una tensione costante per l'intera sua durata, alternando con sapienza sequenze vigorose sul piano visivo (si vedano l'incipit citato in apertura di articolo e il finale cui si è appena accennato) e sequenze rigorose ed eleganti che ben rappresentano sul piano formale la freddezza, il distacco e la sostanziale assenza d'amore che contraddistinguono i rapporti tra i tre protagonisti principali.

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Se una particolare nota di merito va tanto al direttore della fotografia Lol Crawley (recentemente apprezzato anche nella serie televisiva Netflix The OA e in 45 anni di Andrew Haigh) quanto al compositore delle musiche Scott Walker, va detto che il cast è senz'altro all'altezza della situazione, grazie in primo luogo alle prove di Berenice Bejo e del piccolo Tom Sweet, ma anche di Liam Cunningham, Stacy Martin e dello stesso Robert Pattinson, interprete di due piccoli ruoli che risultano infine avere una notevole importanza.

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Una certa mancanza di profondità e un finale provocatorio non del tutto convincente

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Scritto a quattro mani dallo stesso Corbet con la moglie cineasta, sceneggiatrice e attrice norvegese Mona Fastvold, L'infanzia di un capo per l'idea di fondo porta alla mente Il nastro bianco di Haneke (il maestro austriaco figura anche tra i ringraziamenti nei titoli di coda), senza però averne la profondità, la maestria nel giocare con il non detto e le ambiguità dei personaggi o la capacità di padroneggiare appieno suggestioni e riferimenti storico-culturali. Proponendo infine un finale di certo di grande impatto e ottimamente girato, ma che sembra più una ludica provocazione atta a sorprendere lo spettatore che una conclusione completamente coerente e convincente. Nonostante ciò, il talento e l'audacia di Brady Corbet dietro la macchina da presa sono evidenti e attendiamo con molta curiosità il suo prossimo lavoro da regista previsto per il 2018: Vox Lux con protagonisti Rooney Mara, Jude Law e Stacey Martin.

Movieplayer.it

3.5/5