Boss: Le verità sepolte

Sono molti i motivi di interesse legati alla serie televisiva di Starz, il primo è la presenza di uno dei più grandi interpreti del piccolo schermi americano, Kelsey Grammer, e poi, non ultimo, lo sguardo rigoroso gettato non tanto sul mondo della politica americana, sia pure 'locale', quanto sulla realtà umana degli amministratori della cosa pubblica.

Tom Kane è un politico. E' il sindaco di Chicago, la più americana delle città, un regno in cui convivono diversi gruppi etnici, dove gli intrighi sono all'ordine del giorno, vince il più forte. E il più forte è lui. Almeno fino al momento in cui gli viene diagnosticata una gravissima malattia neurologica degenerativa, un morbo che distruggerà lentamente le sue facoltà intellettive. In poche parole quelle che lo hanno reso l'uomo che è. Kane così si ritrova per la prima volta nella parte del debole, condizione a cui reagisce nella sola maniera che conosce: attaccando. Decide di tenere all'oscuro tutti sulla sua condizione, affidandosi a degli spacciatori per ottenere in tutta sicurezza le medicine di cui ha bisogno almeno per ritardare gli effetti della sua malattia. Tutto insomma deve essere fatto pur di non perdere il potere; ma in questo caso non si tratta solo di prestigio e senso di dominio ma di non perdere di vista un'identità costruita soprattutto sull'apparenza, a costo di non dissolversi.

Sono molti i motivi di interesse legati alla serie televisiva Boss che da giovedì 4 ottobre arriva in prima assoluta in Italia su Rai Tre. Il primo, il più importante, è la presenza di uno dei più grandi interpreti del piccolo schermi americano, quel Kelsey Grammer vincitore di ben 5 premi Emmy (tutti per la sitcom di culto Frasier) e due Golden Globe, l'ultimo dei quali ottenuto proprio per la straordinaria performance in Boss. Il secondo è vedere all'opera per il piccolo schermo un regista come Gus Van Sant, che ha diretto il pilot della serie. E poi, non ultimo, lo sguardo rigoroso che viene gettato non tanto sul mondo della politica americana, sia pure 'locale', quanto sulla realtà umana degli amministratori della cosa pubblica, grazie all'effetto dirompente creato dalla notizia della malattia. Un elemento di per sé perturbante che tuttavia non viene mai mostrato nei suoi aspetti patetici o sterilmente commoventi. Non è un caso se lo stesso Grammer, anche produttore della serie, abbia scomodato un paragone importante (e in questo caso non scomodo) con William Shakespeare.

Liberamente ispirato al Re Lear, Boss mette in scena le più bieche macchinazioni del potere, quel demone tanto potente da chiedere in cambio 'l'anima' ad ogni devoto fedele. Ecco che la malattia, cuore pulsante della storia, diventa un nemico da combattere a ogni costo per non perdere sé stessi. Il malfunzionamento del corpo, che lascia intravedere la propria mortalità nonostante Kane pensi di poter vivere in eterno, spinge a mentire, a ignorare ogni precetto morale, pur di non essere dimenticati o peggio scavalcati da un rivale più giovane e smaliziato. Ma non c'è solo questo, poiché il grande teatrino della politica viene messo alla berlina con estrema puntualità. Tutti ricoprono un ruolo ben preciso in questo meccanismo che obbliga le pedine in gioco ad una disumanità quasi necessaria. I media sembrano essere usati come un vero e proprio megafono (l'allestimento della conferenza stampa ne è esempio lampante), ma non mancano le eccezioni come quella del reporter che indaga in ogni maniera possibile sulla verità. Se il giornalista sia mosso da un reale senso di giustizia o solo dalla voglia di mettersi in mostra, lo si scoprirà strada facendo. Scritta da Farhad Safinia, la serie è approdata stabilmente sull'emittente via cavo Starz che trasmetterà la seconda stagione a partire dal prossimo agosto.