Recensione Slevin - Patto criminale (2006)

Sceneggiato dal giovane talento Jason Smilovic, il film si snoda per 110' minuti fra flash back ed eventi in tempo reale con snellezza sorprendente.

Le scommesse uccidono

Slevin Kelevra è l'uomo sbagliato al momento sbagliato.
Arrivato a New York in visita ad un amico, viene scambiato per lo stesso, scomparso misteriosamente. La sfortuna vuole che dallo scambio di persona derivino solo guai; il ragazzo si ritrova in poche ore minacciato da due bande rivali. L'una lo assolda per uccidere l'erede dell'altra, mentre quest'ultima, per eliminare il boss della prima. Ebrei contro afro-americani in una guerra all'ultimo sangue fra killer e gangster.
Tutto sembra ormai perduto quando in un turbinare di eventi ogni tassello torna al suo posto per svelare una sola, sconvolgente verità.

Paul McGuigan firma la regia di questo thriller originale e denso di colpi di scena.
Sceneggiato dal giovane talento Jason Smilovic, già autore di Out of sight e The forgotten, il film si snoda per 110' minuti fra flash back ed eventi in tempo reale con snellezza sorprendente. Ogni piccolo dettaglio filmato è un elemento chiave servito allo spettatore col gusto del poliziesco anni cinquanta. Omaggiando Intrigo internazionale McGuigan usa i suoi personaggi per ordire una trama sottile e raffinata in cui nulla è mostrato a caso e tutto è funzionale all'epilogo degno del miglior Hitchcock.
Ispirato alla nouvelle vague di vendette orientali degli ultimi tempi, Slevin - patto criminale conserva la spettacolarità del cinema americano spogliandosi però delle azioni rocambolesche e fracassone che lo hanno caratterizzato negli ultimi trent'anni. Non più inseguimenti e auto distrutte né sparatorie al fulmicotone; solo attenzione al particolare e precisione nella narrazione.
Dialoghi che seguono il tono della vicenda e decollano brillanti strappando qualche sorriso, per incupirsi sempre più chiudendosi nel dramma finale.

Sullo sfondo, una New York impietosa con tappezzerie anni settanta e un cielo plumbeo: qui la lotta di potere fra i due gangsters è simboleggiata dai palazzi in cui vivono prigionieri di sé stessi da vent'anni, nel tentativo di sfuggire alla reciproca vendetta. Moderne torri medievali, inespugnabili nelle loro altitudini, a fronteggiarsi nel cuore della città. Magistrale la ripresa a 180' gradi che sintetizza questa sfida fra titani; come fil rouge lo skyline più famoso del mondo.
Regia attenta, coadiuvata da una fotografia pulita che illumina ogni angolo più recondito dello schermo, con l'opera sapiente di Peter Sova.
E dove non arrivano le tecniche fotografiche, ci pensa il talento degli attori in scena a dominare lo schermo. Un cast all star che vanta ben due premi oscar: Ben Kingsley e Morgan Freeman rispettivamente il Rabbino e il Boss. Con loro anche Bruce Willis e Josh Hartnett, di nuovo insieme dopo Sin city e Lucy Liu, ormai un must del genere.

Un buon film che parte con ottime premesse e le mantiene tutte, avvincendo fino all'ultimo fotogramma.