Le inchieste dell'Ispettore Zen: Intrighi senza tempo

Il RomaFictionFest ha presentato in anteprima i primi due episodi della serie poliziesca, una coproduzione tra Italia, Gran Bretagna e Germania con al centro un ispettore impegnato a dirimere gli oscuri segreti della Capitale.

Le co-produzioni internazionali, specie quelle pensate per offrire prodotti poco "italiani" nel respiro e nella concezione, non sono mai state un terreno particolarmente battuto dalla nostra fiction. Nell'ottica di un superamento della logica autarchica che ha spesso caratterizzato i prodotti nostrani da prima serata, è da sottolineare questa nuova serie targata Mediaset, prodotta, tra gli altri, insieme alla britannica BBC e alla tedesca ZTF. Le inchieste dell'ispettore Zen, previsto per il prime time di Canale 5 (ma non è ancora stata precisata una data di trasmissione), presentato in anteprima nell'ambito del RomaFictionFest, mostra in effetti più di un motivo di interesse. L'ambientazione in una Roma da cartolina, che lascia tuttavia intravedere un volto cupo e nascosto, e la presenza di una star come Rufus Sewell nel ruolo di protagonista, sono elementi che destano curiosità intorno a un prodotto che, nonostante l'inflazione di investigatori e di storie poliziesche da piccolo schermo, potrebbe rivelarsi una gradita sorpresa. I primi due episodi visti nell'ambito della kermesse romana, tratti da altrettanti romanzi dello scrittore inglese Michael Dibdin (scomparso nel 2007, e padre letterario del personaggio) hanno mostrato un prodotto scritto e realizzato con una certa cura, in cui alle vicende autoconclusive di ogni singola storia (con la seconda che resta in realtà in sospeso, spalmandosi presumibilmente su due puntate) si sovrappone una trama orizzontale tutta da seguire: incentrata, quest'ultima, sulle vicende di un personaggio che genera la giusta dose di curiosità, e su una serie di intrighi politici destinati a far da filo conduttore all'intera serie.

Nel primo episodio, vediamo il protagonista Aurelio Zen (non c'entra nulla la filosofia orientale: il cognome ha origini veneziane) indagare sul misterioso suicidio del ricco Umberto Ruspanti, che si sarebbe lanciato da un ponte del Tevere schiantandosi sul terreno sottostante. Il poliziotto, da subito poco convinto della tesi del suicidio, avvicina il nervoso avvocato dell'uomo, che gli rivela di alcune importanti informazioni che Ruspanti stava cercando di vendere. L'ispettore viene poi avvicinato da una prostituta con cui l'uomo avrebbe passato le sue ultime ore, e apprende di una misteriosa organizzazione segreta, la Cabala, che Ruspanti aveva tradito e che forse lo voleva morto. Nella seconda puntata, assistiamo alla vendetta di un uomo che, anni prima, subì un'ingiusta detenzione: questi si mette sulle tracce di tutti i responsabili del suo arresto e li elimina. Dopo il magistrato che lo condannò, e il falso testimone a suo carico, il suo prossimo bersaglio sarà proprio l'ispettore Zen. Nel frattempo, quest'ultimo è alle prese con la riapertura di un vecchio caso, un duplice omicidio in una villa che ha visto vittime un imprenditore politicamente influente e una prostituta; per il delitto fu condannato il socio in affari dell'uomo, ma quest'ultimo ha recentemente ritrattato la sua confessione. In queste prime puntate, facciamo anche la conoscenza del fraterno amico dell'ispettore Gilberto Nieddu (interpretato dal recentemente scomparso Francesco Quinn, alla cui memoria la serie è dedicata), del suo capo Moscati (un divertente Stanley Townsend), della compagna del protagonista Tania Moretti e della preoccupata madre Donata (interpretate rispettivamente da Caterina Murino e Catherine Spaak).
A giudicare dai due episodi visti, Le inchieste dell'ispettore Zen sembra distaccarsi dalla media dei prodotti da prima serata targati Mediaset, mostrando una cura nella costruzione visiva e una dinamicità nell'intreccio che tradiscono chiaramente il suo carattere di co-produzione internazionale. Sewell riesce a conferire il giusto fascino e la giusta dose di ironia al personaggio (i suoi duetti con la madre, così come quelli con Quinn, risultano riusciti e divertenti) ma è probabilmente il sottofondo politico della trama a dare il maggiore interesse all'opera: il protagonista riceve i suoi incarichi dal Ministro dell'Interno Colonna, una figura ambigua e chiaramente poco trasparente, che cerca costantemente di spingere l'ispettore a quei compromessi a cui lui, uomo integerrimo e votato a un'idea totale di giustizia, non vuole sottostare. Gli intrighi politici che fanno da sottofondo alla trama, e che costituiscono un vero elemento di raccordo tra i vari episodi (il finale del primo è in questo senso indicativo) si rivelano debitori della tradizione del feuilleton, e hanno inoltre il pregio di fare da contraltare al carattere scintillante dell'ambientazione, di aprire un piccolo spiraglio, come si diceva, sul lato oscuro della Città Eterna, su un mondo (reale o immaginato) di sette segrete e massoneria, di collusioni inestricabili tra potere politico, economia e potenti organizzazioni occulte. Temi non certo nuovi, figli di una tradizione (letteraria prima che cinematografica) lunga almeno due secoli, ma interessanti da recuperare in un'ottica di fruizione da prima serata; vivificati da una felice sintesi tra lo stile del poliziesco british (di cui il protagonista incarna molto dell'impostazione) e l'attenzione a un pubblico abituato a stilemi, visivi e narrativi, ben collaudati. Una sintesi finora foriera di buoni risultati, e che spinge a tenere in attenta considerazione il prodotto, nell'ottica del suo prossimo passaggio sul piccolo schermo.