Recensione La nave dolce (2012)

La fusione coerente tra le immagini di repertorio e le dichiarazioni dei protagonisti crea un legame molto saldo, soprattutto dal punto di vista emotivo, tra la vecchia storia di un intero Paese e quella dei singoli individui che sono riusciti a ricostruire la propria vita lontano dalla madre patria.

Lamerica è vicina

Nel 1989 il crollo del Muro di Berlino diede il 'La' ad una reazione a catena dagli esiti solo in parte imprevidibili. Due anni più tardi si sarebbe sciolta l'Unione Sovietica e sulla spinta delle elezioni democratiche in Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Bulgaria, anche in Albania iniziarono a diffondersi i primi fermenti anti-comunisti. Fu un movimento che tuttavia non si concretizzò in una reale metamorfosi politica, ma spronò la popolazione a ricercare altrove libertà e benessere socio-economico. Uno scenario, questo, che pose le basi per l'arrivo in Italia della Vlora. Era l'agosto del 1991 quando, durante le normali operazioni di scarico a Durazzo, il vecchio mercantile adibito al trasporto dello zucchero fu preso d'assalto da una moltitudine che costrinse il capitano Halim Milaqi a fare rotta verso la Puglia. Dopo essere stata respinta al porto di Brindisi, la nave sbarcò a Bari con a bordo 20.000 albanesi in fuga da Tirana. Un numero impressionante di persone disidratate e a digiuno, stipate negli angusti spazi dell'imbarcazione oltretutto in avaria, la cui odissea continuò anche a terra, prima con il raduno nello stadio della Vittoria, poi con il rimpatrio forzato. Il primo respingimento di massa della nostra nazione. Completamente impreparate a gestire l'emergenza le autorità locali, molte delle quali in ferie, non seppero curarsi della marea di individui che furono accolti tra lo stupore generale dalla popolazione locale, il più delle volte pronta ad atti di generosità nei confronti di quegli stranieri, con qualche sporadico caso di delazione. C'erano donne e bambini, studenti disillusi da anni di regime, uomini che avevano perso il posto di lavoro. Tutti accomunati dalla speranza di imprimere una svolta, una cambio di direzione, ad una vita che non aveva più molto da offrire.


La nave dolce, nuovo lavoro di Daniele Vicari, presentato Fuori Concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nell'ambito delle proiezioni speciali, nasce con il desiderio di raccontare la grande rivoluzione culturale innescata da quello sbarco; un evento spartiacque che rappresentò l'inizio di un profondo cambiamento nel nostro tessuto sociale, con l'arrivo di un numero sempre più crescente di cittadini stranieri. Dai 300.000 del 1991 ai quattro milioni e mezzo dei nostri giorni. Per narrare questa trasformazione, l'autore reatino ha raccolto video nascosti negli archivi delle televisioni locali e nazionali, mescolandoli con i documenti prelevati dall'Archivio di Stato albanese, un materiale preziosissimo, quest'ultimo, per descrivere una società fondata sul consenso assoluto e sulla paura, dominata dal padre-padrone Enver Hoxha. Grazie al paziente lavoro di accumulazione di video, risalenti agli anni '60-'70 e poi via via sempre più moderni, il documetario di Daniele Vicari acquista proprio la qualità che lo fa apprezzare, una fusione coerente tra le immagini di repertorio e le dichiarazioni dei protagonisti che crea un legame molto saldo, soprattutto dal punto di vista emotivo, tra la vecchia storia di un intero Paese svilito da anni di dittatura comunista e quella dei singoli individui che sono riusciti a ricostruire la propria vita lontano dalla madre patria.

Non si tratta di un elemento di poco conto in un lavoro che pur nella sua precisione non si mostra mai asettico. Gli avvenimenti del passato vengono raccontati attraverso una cronaca dettagliatissima, un resoconto coinvolgente perché (naturalmente) sono gli stessi testimoni ad elencarli con grande lucidità e puntiglio, come se non fossero trascorsi 20 anni da quei fatti. Varrebbe la pena elencarli tutti i nomi degli intervistati, diciassette in totale, dal celebre ballerino televisivo Kledi Kadiu, all'epoca non ancora maggiorenne ad Agron Sula, rimpatriato più volte e attualmente apprezzato pizzaiolo di Bari Vecchia, senza dimenticare Luca Turi il fotoreporter che immortalò lo sbarco della Vlora nel porto di Bari, uno scatto che fece il giro del mondo e Vito Leccese, il giovane assessore alla Sanità del Comune di Bari che affiancò il sindaco Enrico Dalfino nella coordinazione degli aiuti, ottenendo gli ingenerosi rimproveri del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a causa dell'atteggiamento critico della Giunta Comunale del capoluogo pugliese nei confronti delle decisioni prese dal Governo. Con un meccanismo virtuoso, attraverso quelle parole, le immagini assumono un nuovo valore; qualcosa che oltrepassa la semplice certificazione degli eventi e delinea aspetti toccanti della vita di chi era lì.
In La nave dolce, sorta di negativo di Diaz, dove il crudo realismo della messa in scena ben si sposava con l'insensata violenza di quanto narrato, è la morbidezza dello sguardo a prevalere, a smussare ogni angolo di una dolorosa e amara ricostruzione. Vicari dà voce a chi ha sofferto in prima persona il dramma del rimpatrio forzato, i giorni di stenti e paura vissuti a bordo del Vlora, l'angoscia per il salto nell'ignoto, diverso dal classico viaggio della speranza, non tralascia le confessioni di chi ammette di aver finto di stare male per avere qualche aiuto in più dai soccorritori. E' la grande forza di questo lavoro pulito ed estremamente diretto, che forse pecca solo nella eccessiva monotonia della struttura; se da un lato, infatti, le interviste condotte su un set bianco, accompagnate dalle ipnotiche musiche di Teho Teardo, danno continuità al racconto, ponendo tutti gli 'attori' su uno stesso piano, dall'altro rischiano di non valorizzare l'unicità di ogni singolo protagonista, facendo scemare la tensione. Un difetto che tuttavia non intacca una pellicola il cui pregio, la profonda e vera umanità delle testimonianze rese, resta sempre in primo piano. Come gli occhi di chi in quei giorni ha visto cose difficili da dimenticare.

Movieplayer.it

3.0/5