Recensione Blades of Glory (2007)

Con ampio ritardo rispetto agli Stati Uniti arriva sui nostri schermi uno dei campioni d'incassi della stagione cinematografica USA, Blades of glory, commedia demenziale ambientata nel mondo del pattinaggio artistico.

Lame spuntate

Con ampio ritardo rispetto agli Stati Uniti arriva sui nostri schermi uno dei principali campioni d'incassi della stagione cinematografica USA, Blades of glory, commedia demenziale ambientata nel mondo del pattinaggio artistico. Chazz Michael Michaels e Jimmy MacElroy, campioni di pattinaggio antitetici per personalità e aspetto fisico, vengono squalificati a vita dalle competizioni dopo una rissa scoppiata durante la premiazione di una gara olimpica. Tre anni dopo i due pattinatori scoprono un cavillo del regolamento che gli permetterà di tornare a gareggiare, ma solo come coppia. Per vincere la medaglia d'oro dovranno vedersela con i terribili rivali Stranz e Farchild Van Waldenberg e i loro loschi piani.

Per comprendere a fondo lo strepitoso successo di pubblico che Blades of glory ha riscosso in patria occorre partire dal cast, o meglio, dai due protagonisti: un Will Ferrell capellone sessuomane inguainato in aderenti tutine rosse cosparse di paillettes, e il giovane Jon Heder, reduce dal discreto Napoleon Dynamite, qui nei panni di un ex bambino prodigio che sfoggia un biondo caschetto vaporoso degno del "Mary Tyler Moore Show". Ferrell ormai ci è stato riproposto in tutte le salse, pochi attori riescono a essere credibili nei panni di elfo natalizio per poi riciclarsi come alter ego alleniani in una commedia sofisticata come Melinda e Melinda; il suo nome fa parte di quella rosa di comici che assicurano grandi incassi al botteghino anche quando le loro performance non sono supportate da una sceneggiatura all'altezza e Blades of glory ne è la dimostrazione lampante.

Modello dichiarato: il solito Zoolander trasportato su ghiaccio. Ai complotti internazionali si sostituisce una faida interna tra pattinatori, ma la sostanza non cambia. Ancora una volta, al centro della vicenda, vi è una conflittualità iniziale che sfocia in amicizia "virile" dai chiari risvolti omosex. Ingredienti che in mano a Ben Stiller hanno dato vita a una delle più caustiche e demenziali commedie degli ultimi anni, ma che affidati a due registi semiesordienti si trasformano in parodia annacquata privando la pellicola di quella satira "politically uncorrect" che la materia di per sé offrirebbe. Pochi e limitati i riferimenti sessuali, per altro piuttosto scontati, con una strizzatina d'occhio finale all'incesto, scarsi i momenti puramente comici e gli scambi di battute. Una volta che l'occhio si è abituato al volteggiare dei nostri eroi nelle scintillanti tutine di lamè, il film corre verso un finale prevedibilissimo lasciandoci, come unico motivo di interesse, qualche scaramuccia tra i due protagonisti e un'esibizione finale sulle note dei Queen che non verrà dimenticata tanto facilmente.

Movieplayer.it

2.0/5