The Red Road: La via rossa

La nuova serie di Sundance Channel vanta alcuni nomi da grande produzione, a partire dal pilot girato da James Gray, ma il meccanismo a orologeria si limita a una partenza sommessa.

Ritorno a casa
Assente da anni, che ha passato chissà come e in parte pure in galera, Philip Kopus torna nella cittadina dov'è cresciuto, nel New Jersey, nei pressi di una riserva indiana. Vede bambini con il volto dipinto e li riprende: "giocate a fare gli indiani?" "Noi siamo indiani" "È quel che dicono i vecchi di qua per sentirsi importanti, lavatevi quei colori dalla faccia". Tutt'altro che rassicurante, Kopus è un gigante d'uomo (lo interpreta Jason Momoa), arrivato a Walpole per prendere in mano un giro d'affari sporchi che il suo socio Mike ha compromesso uccidendo - accidentalmente dice lui - un ragazzo bianco. Le forze dell'ordine infatti sono massicciamente intente nella ricerca del giovane scomparso (il cadavere è stato gettato sul fondo di un lago, dove per altro Philip, Mike e la giovane coppia Junior e Rachel andranno a fare un bagno notturno). Indaga sul caso anche l'ufficiale di polizia Harold Jensen, che ha fatto il liceo con Philip, e ora è sposato a Jean, figlia di un senatore ma dall'equilibrio mentale instabile al punto da sentire le voci. Quando la sera la figlia maggiore Rachel scappa di casa per incontrarsi con Junior, che è una sorta di fratellastro di Philip, Jean dà di matto e commette un errore irreparabile. Di questo fatto (che ovviamente non riveliamo) viene a conoscenza Philip, che si ritrova così un asso nella manica per gestire da una posizione di forza il suo rapporto con Harold e dunque con le forze dell'ordine.

Vita da indiani
Il titolo The Red Road indica genericamente una filosofia di vita indiana, ma nella serie non ci sono saggi sciamani che impartiscono lezioni e anzi Philip Kopus, decisamente il personaggio più carismatico, mette subito in chiaro che essere un indiano non è un gioco. D'altra parte la vita non è facile nemmeno per i bianchi, Jean avrebbe dalla sua tutti gli agi e i vantaggi possibili, ma l'instabilità mentale la rende miserabile e ha effetti disperanti anche sui suoi famigliari. Che ognuno sia prigioniero della propria condizione non deve stupire, visto che la serie è scritta e ideata da Aaron Guzikowski, fattosi notare quest'anno come sceneggiatore del notevole Prisoners. Anche qui le situazioni estreme fanno da grimaldello morale, per spingere i personaggi verso il baratro e vedere quanto sono disposti ad andare a fondo. Il solo che sembra davvero conoscere se stesso è il più pericoloso tra loro, Philip Kopus, temprato da una vita difficile e perennemente in guerra con la legge. Tutti gli altri, inclusa sua madre che generosamente sta crescendo Junior, si scoprono via via propensi a compromessi di cui forse nemmeno si credevano capaci. Il ruolo di Kopus del resto appare a tratti mefistofelico, annuncia a Mike di essere qui per volere di suo padre, come un Lucifero confinato all'inferno, ma lo fa sorridendo dopo aver piantato un'asse chiodato dentro una libreria con un solo minaccioso fendente. E se il modo in cui coinvolge Harold nei propri affari ha ovvi vantaggi strategici, è invece apparentemente per puro piacere che provoca Rachel e Junior, al punto da portarli in giro insieme a Mike, che sa essere un assassino di ragazzi. Guzikowski, come Philip Kopus, sembra aver disposto alla perfezione i fili della trama.
Questioni di stile
Il limite di The Red Road, soprattutto se confrontato a un pilot folgorante come quello di Rectify - la prima serie del Sundance Channel lanciata l'anno scorso - è allora in uno stile volutamente fin troppo dimesso, nonostante alla regia ci sia un autore di fama come James Gray. Alcune sequenze risultano suggestive, su tutte il movimento di macchina che dal bagno notturno nel lago scende tra le acque fino a mostrare il cadavere e poi passa alla camera buia dove Harold sta sognando inquietamente per svegliarsi come colpito da un presagio. Non c'è però un carattere specifico della città né della riserva e stilisticamente la cosa più evidente dell'episodio è la prevalenza di scene buie e notturne.
Del resto più che una scelta è una necessità dovuta all'intreccio e Gray fa del suo meglio soprattutto nella direzione degli attori, in particolare Momoa ha fatto davvero parecchia strada dai tempi di Stargate: Atlantis e con il capello corto e un look moderno non ricorda più nemmeno il Khal Drogo de Il Trono di spade. Fa poi sempre piacere rivedere un attore bravo quanto notoriamente ingestibile come Tom Sizemore, che qui sembra essersi rimesso in forma, e sorprende il trasformismo di Julianne Nicholson, lucida e determinata in Boardwalk Empire tanto quanto qui è maniacale e incontrollabile.
Così il merito maggiore del pilot lo guadagna il cast, ma se l'episodio risulta più che altro in una presentazione - con tanto di profetico finale "prendi la pistola, ti servirà" - è difficile scacciare il sospetto che, con questo ritmo e una prima stagione di sole sei puntate, The Red Road non abbia spazio per crescere a dovere. Del resto il materiale c'è e si può anche capire che serva un po' di rodaggio: Guzikowski è alla sua prima serie e pure il fratello minore della famiglia Whedon, Zack, qui tra i produttori, non ha mai avuto questo tipo di responsabilità sulle sue spalle. Il potenziale comunque c'è, resta da vedere quanta parte ne sarà realizzata.