La verità sul caso Harry Quebert, la recensione degli episodi 1x01 e 1x02: come si scrive un thriller

La recensione degli episodi 1x01 e 1x02 de La verità sul caso Harry Quebert: il bestseller di Joël Dicker diventa una serie tv appassionante nella trama ma convenzionale nella messa in scena.

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La verità sul caso Harry Quebert: un primo piano di Patrick Dempsey

Doverosa premessa: chi scrive questa recensione de La verità sul caso Harry Quebert episodi 1x01 e 1x02 non ha letto l'omonimo romanzo di Joël Dicke*. Il che può essere visto come un male per tutti coloro che cercano un legittimo paragone tra l'imminente serie tv in onda su Sky Atlantic e il celebre libro del giovane autore svizzero, oppure come un ottimo modo per giudicare questa trasposizione per il piccolo schermo in modo neutrale, incontaminato da pregiudizi e confronti. Da queste parti vi racconteremo le nostre impressioni sui primi due episodi di questa miniserie da 10 puntate, dedicata a una storia di scrittura e di rimozioni, di inchiostro e di sangue, di creazione e di dissoluzione.

Come ogni grande storia, anche il romanzo dell'allora enfant prodige Dicker (all'epoca ventisettenne) è abitata da contrasti forti, da opposti che hanno attratto milioni di lettori dentro un thriller scorrevole e brillante nel tono. Scritto con l'obiettivo di creare dipendenza nei lettori come una serie tv fa con il pubblico amante del binge-watching, La verità sul caso Harry Quebert si ispira al ritmo di Homeland (per espressa ammissione del suo autore), il che rende la sua trasformazione in serie tv un passo naturale e prevedibile. Diretta da Jean-Jacques Annaud, che di misteri se ne intende sin da Il nome della rosa, La verità sul caso Harry Quebert si apre in una piovosa estate nel Maine. Un affascinante scrittore scruta la vastità dell'Oceano Atlantico quando una giovane ragazza cattura la sua attenzione. Spensierata, candida e radiosa, Nola ha il tipico fascino da Lolita; la Musa perfetta per uno scrittore stimato come Quebert.

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La verità sul caso Harry Quebert: Kristine Froseth e Patrick Dempsey in una scena

Trentatré anni e una relazione segreta tra i due dopo, però, i resti del corpo di Nola vengono ritrovati nei pressi della lussuosa tenuta dei Harry. Ha così inizio una lunga indagine per scoprire la verità su un rapporto in bilico tra puro amore, attrazione proibita e probabile omicidio. Il tutto vissuto attraverso gli occhi di Marcus Goldman, giovane e vanaglorioso scrittore in crisi di ispirazione dopo il clamoroso successo del suo primo romanzo. Ex allievo di Quebert, Goldman ora avrebbe davvero una storia da scrivere, ma soprattutto un maestro da decifrare una volta per tutte.

La verità sul caso Harry Quebert 1x01: un thriller classico ma brillante

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La verità sul caso Harry Quebert: Kristine Froseth in una scena

Una ragazza scomparsa, un cadavere ritrovato, un uomo ambiguo su cui fare luce. Le premesse da cui parte la trama de La verità sul caso Harry Quebert sono classiche e tutt'altro che innovative. Lecito chiedersi da dove derivi il clamore generato dal romanzo, e stando a quanto visto dalla serie la risposta è nel punto di vista da cui viene raccontata la storia. Gli occhi del nostro testimone prediletto sono quelli di Marcus, brillante ed egocentrico allievo di Quebert. Ovvero la persona perfetta attraverso cui vivere questo caso così grigio, pieno di luci e di ombre. Perché Marcus stima il suo ex professore, talmente illuminante e prezioso da diventare la sua guida e il suo faro nei momenti di sconforto. Per Goldman Quebert non è soltanto un maestro, ma una figura quasi paterna, con la quale entra anche in conflitto. Sì, perché stiamo parlando di due egocentrici, di due persone disposte anche a barare e a mentire pur di mantenere alta la loro fama di scrittori stimati.

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La verità sul caso Harry Quebert: Patrick Dempsey, Ben Schnetzer in una scena

In entrambi il successo non ci appare un merito senza macchia. Questo malsano legame tra i due, così affini nel vivere la scrittura come uno strano miscuglio di vanto e necessità espressiva, dà vita al meglio di quanto visto finora nella serie. I dialoghi tra Harry e Marcus sono taglienti e arguti, dando vita a un interessante rapporto tra mentore-allievo. Nelle sequenze dedicate ai due emerge forte l'origine letteraria dell'opera, perché segnate da una scrittura brillante e fresca, per niente stantia come le premesse del caso potrebbero far pensare. Alla causa contribuisce la buona alchimia tra un Patrick Dempsey incanutito, rabbuiato e meno patinato del solito (ma non privo di fascino nei flashback) e un Ben Schnetzer a suo agio nel prendere le redini di un personaggio che può facilmente risultare antipatico e respingente. Mitigato dalla sua faccia bonaria, Marcus diventa lo spettatore dello spettatore, la nostra guida di cui fidarci o da cui prendere le distanze.

La verità sul caso Harry Quebert 1x02: l'inevitabile ombra di True Detective

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La verità sul caso Harry Quebert: Damon Wayans Jr. e Ben Schnetzer in una scena

Se il primo episodio ha seminato con cura sospetti, indizi e personaggi, il secondo entra già nel vivo di un'indagine fai-da-te, basata su un giovane ragazzo che decide di seguire la sua incondizionata stima nei confronti di un uomo accusato di omicidio. Marcus diventa così complice di Quebert, personaggio del quale la serie inizia poco per volta a minare l'aspetto di uomo impeccabile e irreprensibile. Il tutto ci porta davanti a dinamiche troppo forzate e inverosimili (ad esempio prove compromettenti consultate in luoghi pubblici), in cui assistiamo a scene che mettono troppo a dura prova la nostra sospensione dell'incredulità. Il secondo episodio, infatti, mostra il fianco di una serie canonica e poco raffinata nella forma, piena zeppa di momenti didascalici e ripetizioni ridondanti, come se fossimo in un telefilm di vent'anni fa.

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La verità sul caso Harry Quebert: una scena con Patrick Dempsey

A questo bisogna aggiungere un registro espressivo troppo indeciso tra dramma e siparietti più spensierati, che (per quanto ben scritti) spezzano la tensione e rendono La verità sul caso Harry Quebert una serie tv dalla personalità poco marcata. Magari ci ricrederemo andando avanti, ma per adesso è davvero impossibile non ritenere questa serie un buon prodotto canonico, abbastanza ligio al suo dovere, senza l'ambizione di valicare i binari in cui è stata inserita. Anche perché, va detto, se si parla di un'indagine scandagliata attraverso tre piani temporali, il pensiero non può che volare verso le vette del troppo vicino True Detective. Un paragone scomodo e un'aspirazione ardita per questa serie che cita la creatura di Nic Pizzolatto con una sigla d'apertura sin troppo ruffiana e citazionista. Qui, va detto, siamo su un altro livello. Più elementare ma non per questo condannabile. Ecco la nostra prima "verità" sul caso Harry Quebert.

Movieplayer.it

3.0/5