La sorpresa al cinema, un gusto quasi perduto

Nell'era della comunicazione globale siamo bombardati di clip, immagini, preview e altro ancora, e assistere ad un film con la mente completamente sgombra è diventato un privilegio...

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Sembrerà un inizio da favola, ma una volta c'era davvero un tempo lontano in cui andare al cinema voleva dire davvero sedersi comodamente in poltrona, attendere che si spegnessero le luci e assistere ad uno spettacolo (quasi) completamente inedito. Sia chiaro, i trailer esistono praticamente da quando esiste il cinema, ma è anche vero che mai si era arrivati ad un tale bombardamento di immagini, clip, preview ed anticipazioni così come sta avvenendo in questi primi lustri del ventunesimo secolo. Siamo d'altronde nell'era della comunicazione globale, e sarebbe impensabile promuovere in modo differente qualsiasi prodotto - figuriamoci un'opera composta da suoni e immagini - eppure in un periodo di festival come questo, in bilico tra Venezia appena concluso e Toronto da poco iniziato, viene da chiedersi se un altro tipo di approccio non sia davvero possibile.

Un festival non è certamente immune da questo tipo di condizionamenti, anzi, ma almeno per i film più "piccoli", per quelli più di nicchia e senza le grandi produzioni/distribuzioni alle spalle, c'è davvero ancora la possibilità di ritrovare un po' di quella sensazione magica che è immergersi in un film a mente completamente sgombra. Ci sono poi casi estremi, come il film di Vincent Gallo, Promises Written in Water appena passato al Lido, in cui l'esasperazione dell'autore - che ha chiesto alla Mostra di non fornire alcun tipo di informazione a pubblico e stampa, né plot né immagini - rischia magari di ottenere il risultato opposto (ovvero il totale disinteresse), ma è evidente che un po' di mistero potrebbe in alcuni casi giovare non poco a molte pellicole.

Keira Knightley, Andrew Garfield e Carey Mulligan, protagonisti di Never Let Me Go
Keira Knightley, Andrew Garfield e Carey Mulligan, protagonisti di Never Let Me Go

Rimanendo per esempio nell'attualità vengono subito in mente i casi di Never Let Me Go, presentato proprio in questi giorni al festival canadese, e il blockbuster atipico Inception finalmente in arrivo anche nelle sale italiane a fine settembre. Il primo film, diretto da Mark Romanek, è tratto da uno dei casi letterari più eclatanti del decennio passato, il romanzo omonimo (in italiano Non lasciarmi) di Kazuo Ishiguro, che gioca tutto sull'ambiguità e sul mistero delle parole della protagonista/narratrice e che trasforma così quello che fondamentalmente è un dramma di notevole spessore anche in un affascinante mistery. Di Inception di Nolan invece si è già detto tutto e il contrario di tutto, decisamente troppo, e come invece per altri film precedenti del regista (Memento o The Prestige) meno si sa non solo del plot ma anche della struttura narrativa, meglio è. D'altronde perché questa necessità di arrivare in sala preparatissimi, quando se al termine della pellicola qualcosa non dovesse essere chiaro c'è sempre l'affascinante e salutare opzione di una seconda visione?

Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger in una scena di The Expendables
Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger in una scena di The Expendables

Ma è davvero possibile rimanere "vergini" fino alla visione di questi film? Noi ve lo auguriamo, ma quanto sarà arduo per chiunque scansare ogni articolo riguardante il film in questione quando, come nel caso della pellicola di Romanek, basta davvero una parola, un semplice termine nemmeno più così inusuale, per rovinare la sorpresa? E senza arrivare a casi così estremi, sorge spontaneo chiedersi quanto sarebbe stata più divertente la scena di The Expendables in cui Stallone si incontra con Willis e Schwarzenegger, se i camei dei due attori non fossero già stati preannunciati fin da prima dell'inizio delle riprese. D'altronde, sempre prendendo ad esempio il governatore della California, anche venti anni fa James Cameron aveva scritto tutto l'inizio di Terminator 2 giocando sull'ambiguità buono/cattivo del T-800, ma una volta giunto il film nelle sale praticamente tutti già sapevano del "cambio di fazione" del Terminator rispetto al primo film.

Heather Donahue in una scena di THE BLAIR WITCH PROJECT - IL MISTERO DELLA STREGA DI BLAIR
Heather Donahue in una scena di THE BLAIR WITCH PROJECT - IL MISTERO DELLA STREGA DI BLAIR

Dal punto di vista degli autori è giusto l'atteggiamento di continuare a scrivere sperando di trovarsi davanti un cervello scevro da condizionamenti, aspettative e anticipazioni, anche se ovviamente c'è chi fa tutto il contrario e cerca di sfruttare queste fughe di notizie per fare autopromozione: in campo televisivo per esempio, molti set di serie TV sono blindatissimi e sugli script vige il silenzio più assoluto, ma non è certo un segreto che certe fughe di notizie siano assolutamente controllate e perfino utilizzate per testare eventuali reazioni da parte del fandom. Il caso più bello, e più unico, rimane comunque quello di The Blair Witch project, che, presentato al Sundance Film Festival dopo settimane di tam tam internettiano come un autentico documentario e non un mockumentary, creò reazioni di vero panico in sala e fuori, e conseguentemente divenne uno dei più grandi casi cinematografici di sempre. Peccato che una volta arrivato da noi in sala la notizia del bluff fosse già nota.

La distanza tra l'uscita domestica e quella italiana dei film stranieri è un'ulteriore aggravante per questo "eccesso" d'informazione, ed è anche per questo che il mistero del cinema dalle nostre parti è un gusto quasi perduto e spesso filtrato. Accontentiamoci quindi dei festival - belli o brutti che siano, nel nostro paese di certo non mancano - e godiamoceli fino in fondo, magari lasciandoci alle spalle insieme ad aspettative ed anticipazioni anche le immancabili polemiche, e mettiamoci seduti in poltrona, in silenzio e trepidazione, in attesa di una nuova magica e misteriosa proiezione.