Recensione Toy Story (1995)

Non possiamo che rimanere stupiti pensando che si tratta dell'opera prima di questo gruppo di creativi destinato alla celebrità; eppure tutto si svolge e scorre in modo ottimo, fluido, con una continuità di storia, sceneggiatura, ambientazione colorata e allegra come non si era mai vista in un cartone animato.

La rivincita dei balocchi

Nel 1995 la Disney-Pixar uscì al cinema con un film realizzato completamente in computer grafica e ambientato nel mondo dei giocattoli, chiamato Toy Story. Fu il primo nel suo genere, e fu anche quello che aprì la strada a quello che poi oggi è diventato uno dei filoni cinematografici più innovativi e ancora inesplorati. Il film narra le vicende di un gruppo di giocattoli che si trovano in una camera di un bambino di nome Andy. Come tutti i bambini, Andy si ritrova a trascurare i vecchi giocattoli con l'arrivo di uno nuovo...e da qui nasce tutto il pandemonio, perché i giocattoli hanno una loro vita segreta, quando le persone sono lontane. Dopo aver ricevuto il nuovo giocattolo - Buzz Lightyear, il piccolo Andy sembra aver dimenticato quello che prima di allora era stato il suo immancabile compagno di giochi, il mitico Cow Boy Woody. Woody è arrabbiato e ingaggia un combattimento con Buzz, e quest'ultimo cade dalla finestra. Gli altri giocattoli accusano Woody, che a questo punto deve uscire di casa, affrontando mille pericoli, per riportare Buzz indietro. Tutto è animato alla perfezione, con espressioni e effetti di luce mai visti prima in una realizzazione cinematografica. Logicamente questa produzione vista con gli occhi di oggi a volte fa sorridere, visto che in alcune scene i personaggi sono troppo scopertamente "finti", come non avviene invece nei film d'animazione più recenti, dove i personaggi sono sempre più realistici e a volte è difficile distinguerli da attori in carne ed ossa.

Tuttavia, poiché stiamo parlando di otto anni fa, non possiamo che rimanere stupiti pensando che si tratta dell'opera prima di questo gruppo di creativi destinato alla celebrità; eppure tutto si svolge e scorre in modo ottimo, fluido, con una continuità di storia, sceneggiatura, ambientazione colorata e allegra come non si era mai vista in un cartone animato. La parte da leone in questi lavori non la fanno gli attori logicamente, ma i doppiatori, che devono essere più espressivi e coordinati possibile, visto che devono adattare la loro voce soltanto a dei movimenti inventati. Per la lingua inglese troviamo due doppiatori d'eccezione. Per la voce di Buzz Lightyear si è ricorsi alla verve e alla carica di simpatia di Tim Allen conosciuto negli States per produzioni interne esportate anche da noi sotto il patrocinio di casa Disney, come Quell'uragano di papà, e chiamato anche per il doppiaggio nel seguito Toy Story 2 sempre nel ruolo del ranger dello spazio Buzz Lightyear. Per la parte del coprotagonista, il cowboy Woody, si è optato per Tom Hanks, che non fa altro che aggiungere prestigio e credibilità a questo nuovo progetto.
In italiano, i doppiatori sono Massimo D'Apporto e Fabrizio Frizzi, che prestano le corde vocali rispettivamente a Buzz e a Woody. In conclusione possiamo dire che, nonostante gli anni e i passi da gigante della tecnologia lo abbiano reso in parte obsoleto, il pioniere della CG per il grande schermo è ancora oggi un film divertente e godibile.