Recensione Amatemi (2004)

De Maria muove la sua donna tra le trasparenti architetture iper-moderne di palazzi e centri commerciali e fa in modo che il suo sguardo più intimo sul mondo debba attraversare i cristalli dei finestrini di un'automobile.

La rinascita dal corpo

Isabella Ferrari, reginetta della fiction italiana targata Mediaset, torna al suo primo amore, il cinema, in un film diretto da suo marito, Renato De Maria, l'apprezzato regista di Hotel Paura e Paz!, alle prese qui con una storia al femminile che riflette sui rapporti sociali nella modernità. Ambientato sulla costiera adriatica, tra Riccione e Senigallia, Amatemi racconta la storia di Nina (Isabella Ferrari), una trentacinquenne lasciata improvvisamente dal marito (Pierfrancesco Favino) che non sa come reagire a quella dolorosa solitudine che la sta lentamente annullando. Paralizzata dalla nostalgia e dai rimpianti, ad un passo dal perdere il lavoro come speaker in un grande centro commerciale, Nina troverà la forza di rinascere grazie all'aiuto di un'amica e vedrà i propri sensi risvegliati da una serie di amanti che la restituiranno alla vita, più leggera, più sicura di sé, pronta a credere nel miraggio di un nuovo amore.

De Maria costruisce un film-acquario: muove la sua donna tra le trasparenti architetture iper-moderne di palazzi e centri commerciali e fa in modo che il suo sguardo più intimo sul mondo debba attraversare i cristalli dei finestrini di un'automobile. Il percorso evolutivo della protagonista, che dal buio di una colpevole tristezza riesce ad aprirsi lentamente un varco nella gioia di vivere, è lo stesso del film, che passa dal dramma più cupo della parte iniziale ai toni leggeri della commedia che contraddistinguono il resto della pellicola. Quello dipinto dal regista lombardo è il ritratto di una donna castrata da un matrimonio naufragato nella routine e rabbuiata da un abbandono senza preavviso, ma che sul punto di affogare recupera le energie per tornare a galla e trasformarsi in sirena. Nina non riesce a pensarsi da sola e, piuttosto che cominciare tutto da capo, vorrebbe riaccendere un amore che è ormai solo cenere. Ridotta a un fantasma che boccheggia in luoghi chiusi, intrappolata dentro scatole che sembrano mancare d'ossigeno, come la cucina o il posto di lavoro, trova la forza di distruggere i ricordi e camminare a testa alta quando decide di fermare la corsa delle cose che le scorrono passivamente sotto gli occhi e comincia a guardare, a fissare la bellezza della vita che si rivela sotto forma di mani che rubano un libro, spiagge bagnate dal mare e mele verdi nelle quali affondare i denti.

Nina riscopre se stessa, la propria femminilità, attraverso il corpo, il suo e quello degli altri, e cerca di succhiare amore da ogni storia, da ogni piccola avventura. Attorno a lei una serie di bizzarri personaggi, a partire da Drazen (Branko Duric), un misterioso uomo che, senza dire una parola, ma lasciando parlare la carne, accenderà per primo in lei una rinnovata sensualità che la porterà fuori dal dolore. E' l'inizio di una nuova era per Nina, che trova un'identità più lieve e il coraggio di amarsi e di farsi amare dagli altri senza aspettative. Quella che potrebbe sembrare una debolezza, è in realtà la sua più grande forza, lo scivolare da un letto all'altro le regala brividi e una nuova consapevolezza di se stessa e della sua bellezza. Il quadretto caricaturale dell'uomo non è esaltante: impaccio, timidezza e disorientamento sembrano caratterizzare il maschio che si relaziona alla donna in epoca postmoderna. Di fronte alla sua intraprendenza l'uomo abbassa la testa e si rimette alla sua volontà, incapace di dettar legge.

Amatemi è un film godibile, diretto con bravura da De Maria e ben interpretato da Isabella Ferrari, protagonista assoluta di un'opera senza troppe pretese, che strappa qualche risata e lascia spazio a riflessioni più serie.