Quando c'era Marnie: il canto del cigno dello Studio Ghibli

Storia di formazione che nasconde un retrogusto amaro; dopo una prima parte in cui vengono gettate le fondamenta della storia, il film cambia passo, richiedendo uno sforzo ulteriore allo spettatore e mettendo in campo dinamiche narrative che saranno apprezzate dal pubblico più adulto.

Lo scorso anno il leggendario Studio Ghibli ha annunciato la chiusura del dipartimento di produzione, forse per sempre. La compagnia che ha dominato per anni l'animazione giapponese, permettendole di acquisire un peso fondamentale a livello mondiale e facendo sognare schiere di giovani generazioni di spettatori, ha deciso di interrompere la produzione di lungometraggi.

Quando c'era Marnie: Anna e Marnie su una barca in un momento del film animato
Quando c'era Marnie: Anna e Marnie su una barca in un momento del film animato

Le ragioni vanno cercate nel pesante flop de La Storia della Principessa Splendente che, dopo otto anni di lavorazione e un super budget, ha fatto perdere allo studio 25 milioni di dollari o, più probabilmente, nell'annuncio del ritiro dall'attività del maestro Hayao Miyazaki, motore creativo dello Studio Ghibli. Guarda caso, dopo che Miyazaki ha annunciato il pensionamento, le pellicole sfornate dallo studio non sono più riuscite a far breccia nel cuore del pubblico. Gli spettatori, orfani della linfa vitale infusa nelle abbacinanti opere a sfondo ecologico firmate da Miyazaki, sembrano essersi disaffezionati agli altri autori dello studio ed è un peccato perché Quando c'era Marnie è un'opera originale e affascinante.

La ragazza nella casa sull'acqua

Quando c'era Marnie: Anna e Marnie in un'immagine del film d'animazione
Quando c'era Marnie: Anna e Marnie in un'immagine del film d'animazione

Malinconico romanzo di formazione, Quando c'era Marnie è ufficialmente (almeno per ora) l'ultimo lungometraggio prodotto dallo Studio Ghibli. La storia, ispirata al celebre romanzo inglese per ragazzi firmato da Joan G. Robinson, pur essendo trasposta in Giappone mantiene un'estetica e un'atmosfera decisamente europee. Protagonista è Anna, una ragazzina solitaria e malinconica che ha perso i genitori in tenera età ed è stata affidata alla bontà di Yoriko. La donna l'ha cresciuta da sola, tentando di superare la barriera d'incomprensione che le separa. Dopo un violento attacco d'asma, Yoriko decide di mandare Anna presso una coppia di parenti che vivono sul mare, nel villaggio di Kushiro. Qui Anna viene irresistibilmente attirata da una maestosa villa disabitata che si affaccia sulla palude, ma una sera, sbirciando attraverso una delle finestre, scopre che in realtà nella casa vive una misteriosa ragazzina dai lunghi capelli biondi di nome Marnie. Anna e Marnie stringono amicizia e si frequentano tutte le sere, dopo il tramonto, quando la casa sulla palude improvvisamente riprende vita.

Un film per ragazzi dai toni adulti

Quando c'era Marnie: un primo piano di Marnie
Quando c'era Marnie: un primo piano di Marnie

Dopo Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento, il regista Hiromasa Yonebayashi si rivolge a un target di pubblico più maturo con un'opera per ragazzi, ma dai temi decisamente adulti. Quando c'era Marnie è un racconto stratificato che, al primo livello, mostra una bella storia di amicizia tra due bambine isolate dal resto del mondo per motivi diversi. Sotto la superficie, però, si intrecciano legami familiari, lotta per l'indipendenza e l'autoaffermazione, ricerca dell'amore, difficoltà di relazionarsi col mondo esterno, nostalgia dei tempi passati e rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere. Quando c'era Marnie è un romanzo di formazione che nasconde un retrogusto amaro. Dopo una prima parte in cui vengono gettate le fondamenta della storia, il film cambia passo, richiedendo uno sforzo ulteriore allo spettatore e mettendo in campo dinamiche narrative che saranno apprezzate dal pubblico più adulto. A colpire è anche l'ambientazione, anomala rispetto a quella a cui l'animazione giapponese ci ha abituato. La magione di Marnie si affaccia su un acquitrino percorso su e giù dalle due ragazzine in barca, circondato da alte sponde invase dall'erba che rievocano cupi e suggestivi paesaggi irlandesi. Un immaginario diverso da quello che ci saremmo aspettati.

Quando l'Oriente incontra l'Occidente

Quando c'era Marnie: un'immagine naturalista del cartoon di Studio Ghibli
Quando c'era Marnie: un'immagine naturalista del cartoon di Studio Ghibli

Due sono le suggestioni che ci colpiscono durante la visione. La dimensione onirica, la qualità fantasmatica del personaggio di Marnie, dei suoi genitori e della servitù che la circonda nelle meravigliose feste retrò date dai suoi genitori nella villa sulla palude instillano il dubbio che ciò che stiamo vedendo non sia reale. Il fatto che Anna incontri Marnie solo di notte e che, dopo la scomparsa della ragazzina, si ridesti nei luoghi più strani ci fa sospettare di stare assistendo a un lungo sogno. Ecco che ci torna in mente un certo filone letterario inglese che fa a capo a opere come Giro di vite di Henry James e questa atmosfera europea si perpetua per buona parte del romanzo grazie anche all'ambientazione e all'estetica occidentale scelta da Hiromasa Yonebayashi per caratterizzare i personaggi. D'altra parte il mood meditativo, la sottrazione, l'assenza di spiegazioni e la ruvidezza di certi caratteri sono tratti che ritroviamo in tante opere di animazione giapponese. La ricchezza di Quando c'era Marnie nasce proprio da questa commistione tra Oriente e Occidente che rende l'opera un prodotto strano e affascinante, difficile da definire. Il film sembra quasi voler gettare le basi per una possibile evoluzione della poetica dello Studio Ghibli ed è un peccato che al momento, purtroppo, ne rappresenti il canto del cigno.

Movieplayer.it

3.5/5