Automata ripensa le regole della robotica

Il film di Ibanez attinge con furbizia a elementi ed atmosfere consolidate della science fiction, ma non riesce ad andare oltre, arenandosi in uno script con troppi difetti.

Riflettere sul futuro, guardare ai possibili sviluppi della nostra tecnologia, all'evoluzione della nostra civiltà è sempre stato centrale nella produzione fantascientifica, letteraria prima ed anche cinematografica poi. In tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, è ovvio che la riflessione viri al cupo e che si tenda a ragionare su un mondo che potrà vivere una involuzione piuttosto che un sensibile sviluppo positivo. Si guarda avanti con preoccupazione e sconforto, non con affascinata speranza.

Antonio Banderas protagonista di 'Automata'
Antonio Banderas protagonista di 'Automata'

Lo fa anche il regista spagnolo Gabe Ibáñez con i suoi co-autori Igor Legarreta e Javier Sanchez Donate, immaginando in Automata un mondo cupo, arido, spento e desolante risultato di un incremento delle esplosioni solari che hanno desertificato il nostro pianeta uccidendo il 99% della popolazione mondiale. Ma quello del 2044 immaginato da Ibanez è anche un futuro regredito dal punto di vista tecnologico, a dispetto dei numerosi robot umanoidi che lo abitano, chiamati Pilgrims (Pellegrini) e creati dai sopravvissuti umani per aiutarli a ricostruire nelle proibitive condizioni in cui era necessario operare.

Le leggi della robotica di Automata

Automata: Antonio Banderas interagisce con un robot in una scena del film
Automata: Antonio Banderas interagisce con un robot in una scena del film

Chiunque abbia letto di robot sa dell'importanza del lavoro di un autore come Isaac Asimov sull'argomento, tanto da rendere impossibile pensare di affrontare l'argomento senza imporre delle regole, o limitazioni, allo sviluppo dell'intelligenza artificiale che li rende operativi. Il rischio concreto, altrimenti, è di perderne il controllo ed arrivare alle derive da Skynet che ben conosciamo grazie a Cameron. Non lo ignora Ibanez, che però opera in economia e si limita a sole due regole, due protocolli, per i suoi robot, seppur pensate con criterio: i robot non possono causare danni a nessun'altra forma di vita; i robot non possono modificare sé stessi o altri loro simili. Un'ottima opera di sintesi che però già in partenza limita la dipendenza dei robot nei confronti degli esseri umani, rinunciando ad imporre l'obbedienza in modo esplicito nei protocolli. Un problema secondario per la ROC, l'azienda che li ha fabbricati, perché nessuno è mai riuscito ad aggirare modificare, alterare o aggirare i protocolli.

Operai con libero arbitrio

Automata: Antonio Banderas tra i robot in una scena del film di fantascienza
Automata: Antonio Banderas tra i robot in una scena del film di fantascienza

Eppure un poliziotto di nome Wallace (Dylan McDermott) sostiene di aver sparato ad un robot che tentava di autoripararsi ed è qualcosa che alla ROC sanno di dover indagare. Se ne occupa l'agente assicurativo in forza all'azienda, Jacq Vaucan, disilluso dalla vita ed in cerca di una via di fuga per sé e la moglie in procinto di partorire, lontano dalle città che fungono da unico riparo per gli uomini, verso una spiaggia che appare nelle sue visioni e sembra scaturita da ricordi del suo passato. Una doppia ricerca, quella della verità su cosa sta accadendo ai robot e di un rifugio sicuro per la sua famiglia, alla quale il protagonista Antonio Banderas cerca di dar sostanza con la sua abituale presenza scenica e che si dipana con superficialità e qualche incongruenza per tutta la durata di Automata senza mai riuscire a sviluppare le buone, seppur poco originali, premesse iniziali.

Promesse non mantenute

Automata: Antonio Banderas in una scena d'azione del film
Automata: Antonio Banderas in una scena d'azione del film

Il film di Ibanez, infatti, attinge con furbizia a elementi ed atmosfere consolidate della science fiction, riprende il tema della robotica e dello sviluppo delle intelligenze artificiali, strizza l'occhio dal punto di vista estetico al look di classici quali Blade Runner grazie alla cura visiva, ma non riesce ad andare oltre, arenandosi in uno script con troppi difetti, dalla superficialità con cui sono gestiti alcuni aspetti chiave, ai diversi problemi logici che sfociano in veri e propri buchi di sceneggiatura. Proprio per queste lacune, la parte meno riuscita di Automata è quella più propriamente action thriller, che cerca, senza riuscirci, di rendere appassionate un background esteticamente curato ma mai approfondito, dando la sensazione di un forzato filo conduttore tra due idee distinte (quella del mondo post-apocalittico e della presa di coscienza dei robot) che si è cercato di far confluire in un unico progetto.

Movieplayer.it

2.0/5