Il settimo figlio: quando il kolossal diventa un B-movie

Tratto dal primo libro della saga L'apprendista del mago, nato con ambizioni e budget da kolossal, Il settimo figlio è un fantasy che si ritrova ad essere quasi B-movie senza forse la consapevolezza di esserlo.

Gli indizi c'erano tutti, dell'intenzione di fare di questo Il settimo figlio il primo di una nuova saga cinematografica young adult di genere fantasy. "Io ti verrò a cercare... un giorno di rivedremo... vivi la tua vita, segui il tuo destino, noi ci incontreremo ancora...". Frasi pronunciate alla fine del film dai vari personaggi, che vorrebbero lasciare quanto mai aperta la possibilità di vedere sul grande schermo il prosieguo delle avventure del mago Mastro Gregory e del suo apprendista Thomas Ward, impegnati contro streghe, mostri e fantasmi. Volendo il materiale narrativo non mancherebbe, visto che il film è tratto da L'apprendista del mago, primo libro di una collana di ben tredici romanzi della serie dark fantasy Wardstone Chronicles di Joseph Delaney.

Il settimo figlio: una scena del film
Il settimo figlio: una scena del film

Ambizioni da kolossal per un inconsapevole B-movie

Un budget da cento milioni di dollari, con un cast di prim'ordine, da Jeff Bridges, già vincitore di un Oscar, insieme a Julianne Moore, che il suo lo vincerà presumibilmente tra qualche giorno; nonché una schiera di giovani talenti perfetti per il pubblico young adult, come il principe Caspian Ben Barnes, il "tronista" di spade Kit Harington e la deliziosa svedesina Alicia Vikander, che vedremo nell'atteso Ex Machina di Alex Garland. Le spettacolari scenografie del tre volte premio Oscar Dante Ferretti, i costumi di Jacqueline West, le musiche di Marco Beltrami, la supervisione agli effetti speciali di John Dykstra.

Ben Barnes e Jeff Bridges nella prima immagine di The Seventh Son
Ben Barnes e Jeff Bridges nella prima immagine di The Seventh Son

Qualcosa però non deve essere andato per il verso giusto visto che nonostante i presupposti iniziali e gli sforzi produttivi messi in campo, il risultato è piuttosto deludente e le ambizioni di creare un nuovo fenomeno seriale devono fare i conti con un triste esordio ai botteghini americani dove per ora il film ha incassato meno di 14 milioni al secondo weekend di programmazione. Ma soprattutto invece di quello che doveva essere un kolossal, ci troviamo davanti ad un film che ha l'aria di una produzione low budget, un B-movie che non ha (ed è questo in fondo che pregiudica maggiormente il risultato finale) neanche la consapevolezza di esserlo.

Un fantasy senza stupore e magia

Il settimo figlio: Kit Harington in una scena del film
Il settimo figlio: Kit Harington in una scena del film

Guardando i teaser e pensando al materiale di partenza, l'idea era quella di trovarsi magari di fronte ad un fantasy un po' vecchio stile, ben disposti ad una sospensione dell'incredulità di fronte ad una storia epica di maghi, streghe e draghi, uno sword and sorcery dove l'evocazione della magia non fosse necessariamente relegata all'uso del CGI e la mancanza di novità del soggetto fosse sopperita da una volontà di fare qualcosa di dichiaratamente un po' vintage. C'era la possibilità di ispirarsi a qualcosa sul genere di Willow di Ron Howard o de La storia fantastica di Rob Reiner, tanto per intenderci. E invece siamo più dalle parti di Eragon, Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe o peggio Dungeons & Dragons. Evidentemente il russo Sergej Bodrov (qui all'esordio americano), regista degli apprezzati Il prigioniero del Caucaso e di Mongol, è tanto a suo agio con l'elemento naturalistico e le grandi panoramiche sui favolosi (quelli sì) scenari delle location canadesi (una volta tanto non siamo in Nuova Zelanda), quanto assolutamente impacciato con la leggerezza e le atmosfere del fantasy e i suoi canoni.

Il settimo figlio: Antje Traue in una scena del film
Il settimo figlio: Antje Traue in una scena del film

Non ci voleva neanche troppo a mettere in scena una storia che fosse appena più sensata e lineare, visto che l'ossatura è quella semplice di tanti classici del genere: l'eroe inconsapevole (il settimo figlio di un settimo figlio, caratteristica che in questo caso lo rende particolarmente adatto come ammazza streghe, ma la leggenda non viene approfondita come quasi tutti i restanti temi) viene strappato alla tranquillità della sua vita ritirata dal mago, stregone o druido di turno (da Gandalf ad Allanon de La spada di Shannara, di illustri predecessori di Mastro Gregory se ne contano svariati) per essere catapultato in un avventura più grande lui e compiere il suo destino: e se ci scappa trova pure l'amore perché un pizzico di romance non guasta mai. Partendo da questa linea guida, la sceneggiatura è però assolutamente incapace di evolversi in alcuna direzione, né quella romantica né tantomeno quella del percorso di formazione, liofilizzando i contenuti del corposo (e molto più complesso di quanto si creda) romanzo in un'ora e mezza di film: i personaggi, le loro dinamiche e le leggende che li circondano, sono solo abbozzati e qualsiasi sviluppo della trama e trattato in maniera grossolana e frettolosa, per cui non ci si appassiona veramente ai protagonisti e soprattutto non si capisce in fondo il senso di quello che fanno e del perché lo fanno. Soprattutto non c'è stupore, non c'è magia, non c'è epica: alla fine si riduce tutto ad un'accozzaglia di mostri, draghi e streghe metamorfiche che se la danno di santa ragione, un ennesimo action dall'estetica videoludica con creature animate da dosi massicce di CGI tutte più o meno già viste, che ruggiscono e muoiono alla stessa maniera sgretolandosi in polvere o prendendo fuoco.

Mastro Drugo e Madre Maude Lebowsky

Il settimo figlio: Jeff Bridges nel ruolo del Maestro Gregory
Il settimo figlio: Jeff Bridges nel ruolo del Maestro Gregory

L'emblema di questa allegra anarchia che regna nel film, è rappresentato dal personaggio di Tusk, una specie di orco addomesticato, scudiero e aiutante del mago, che sembra uscito da un film degli anni '80 o dal laboratorio di Jim Henson, talmente spaesato e fuori contesto rispetto a tutte le creature digitali che lo circondano, che ogni tanto sparisce quasi a volersi nascondere, salvo poi riapparire in un andirivieni senza molto senso che accomuna un po' tutti i personaggi di contorno del film. Al di là delle vicissitudini produttive travagliate, con i fondi recuperati in extremis per riuscire a terminare le riprese, il problema è forse proprio il contrario: se i soldi per tutti questi effetti non ci fossero stati dall'inizio, invece di puntare ad un kolossal d'azione ipercinetico, ci si sarebbe sforzati di arricchire i contenuti cercando di far leva sui sentimenti e le atmosfere, e anche il senso di ridicolo di certe trovate sarebbe stato magari voluto e non involontario e avrebbe fatto tutto un altro effetto.

Il settimo figlio: Julianne Moore nei panni di Madre Malkin in una scena del film
Il settimo figlio: Julianne Moore nei panni di Madre Malkin in una scena del film

Nel pasticcio totale rimangono impantanati anche i due protagonisti, ed è un peccato perché rivedere insieme Jeff Bridges e Julianne Moore dai tempi de Il grande Lebowski era un'occasione ghiotta: il primo ha la stessa espressione contrita e mascellosa nonché la stessa parlata biascicata che aveva ne Il grinta, ma sembra comunque divertirsi moltissimo (come se la fiaschetta da cui beve in continuazione non sia affatto vuota) e sopratutto vorrebbe divertire più di quanto la sceneggiatura glielo consenta. Riguardo alla strega e drago Madre Malkin di Julianne Moore, diciamo che la divina ha fatto di meglio e auguriamoci che i giurati dell'Academy abbiano già votato prima che gli capiti sott'occhio questo film.

Movieplayer.it

2.0/5