Recensione Calendar Girls (2003)

Una divertente e malinconica commedia tratta da un celebre fatto di cronaca, scritta fin troppo per avere successo e diretta dal regista di "L'erba di Grace".

La realtà che si ispira al cinema per tornare realtà

Qualche anno fa, un fatto di cronaca fece il giro del mondo suscitando interesse e curiosità, fino a divenire un fenomeno mediatico. Alcune donne inglesi di mezza età dello Yorkshire, iscritte al Women's Institute, forse ispirandosi al celebre film Full Monty, pensarono bene di pubblicare un calendario alternativo (a quelli tipici paesaggistici dell'istituto), per beneficenza. Lo scopo benefico era quello di comprare un comodo divano per la sala d'aspetto di un ospedale, nel quale era morto di leucemia il marito di una di queste donne. L'iniziativa, che consisteva nel mostrarsi ironicamente seminude, ebbe un successo enorme che portò alla stampa di 300.000 copie di questo calendario e alla fama internazionale delle "modelle" che ci posarono. Ancora oggi l'iniziatrice del progetto, Trincia Stewart (l'amica più intima della moglie del defunto) e altre cinque donne del calendario originale girano il mondo per promuovere questa iniziativa che ha portato molti soldi alla fondazione contro la leucemia e che ha in serbo l'uscita di un'altra edizione del celeberrimo calendario.
Tutto questo e molto altro sono ora un film; per la precisione, sono il tema della nuova commedia di Nigel Cole, l'acclamato regista di L'erba di Grace.

Trainato da tanto clamore e da una buona dose di sentimenti e di divertimento, ben girato e soprattutto ben interpretato (straordinaria come sempre la prova di Helen Mirren), il film di Cole ha tutte le carte in regola per sbancare i botteghini e per essere citato nei nostri amabili talk show e telegiornali.
Nigel Cole, ci tiene a precisare che, nonostante i toni e le situazioni del suo film siano prettamente britannici, rifiuta lo stereotipo del "piccolo film inglese". Rifiuto giustificato. Difatti il film, che indubbiamente strappa più volte gustose risate, del cosiddetto "piccolo film inglese" (a Ken Loach e a Mike Leigh, probabilmente fischieranno le orecchie), non ne condivide né pregi né difetti, avvicinandosi molto più a qualcosa come Quattro matrimoni e un funerale, senza raggiungerne la perfezione e l'eleganza.

Il bravo Cole, infatti, poggiandosi su un copione ben poco elastico, fa il suo compitino al meglio, non punge e non presenta una tesi o comunque un punto di vista sulla storia, non che gli si chieda. Semplicemente, confeziona un buon prodotto, vincente quanto anonimo, prendendosi le uniche libertà di inserire dei dettagli fittizi nella storia a scopi narrativi; dettagli che ci sono stati chiariti in sede di conferenza stampa da Lynda Logan e Trincia Stewart (i soggetti reali della storia). Commenta infatti argutamente la Stewart: "Nel film abbiamo trovato molto della storia vera, specialmente del senso dell'umorismo che la anima. D'altronde era questa l'intenzione del regista, con cui abbiamo passato un'intera notte a discutere del progetto. I pochi elementi di fiction non sono sostanziali, ma per lo più dovuti a un'esigenza drammaturgica, come quello del conflitto con mio figlio. In realtà mio figlio, non è adolescente, ma ha 25 anni e mi ha sempre appoggiato".