La principessa e il ranocchio: incontro con Andreas Deja

La Disney torna alla tradizione, e per promuovere il delizioso La principessa e il ranocchio arriva nella Capitale il veterano Andreas Deja, supervisore dell'animazione.

Quest'anno la Disney torna all'animazione fatta a mano, da sempre il suo cavallo di battaglia nonostante le insidie del nuovo che avanza. Parafrasando la fiaba "Il principe ranocchio" dei fratelli Grimm, i registi John Musker e Ron Clements raccontano la storia di Tiana, che, nel generoso tentativo di riportare alle sembianze umane lo scellerato principe Naveen, ridotto a rospo dal voodoo, verrà trasformata parimenti in rana. I due dovranno quindi imparare a convivere reciprocamente, nonché con la loro nuova forma, in attesa che un bacio reale li riporti alla normalità. Abbiamo incontrato il supervisore dell'animazione Andreas Deja, che ci ha illustrato la genesi e la realizzazione di questo nuovo, atteso progetto Disney, La principessa e il ranocchio.

Lei ha dichiarato di aver sempre voluto diventare disegnatore per la Disney. In un certo senso, quindi, come nelle fiabe i sogni si avverano?

Andreas Deja: Certo, se vogliamo vederla in questo modo è proprio quello che è successo. Spesso mi chiedono: ora che ce l'hai fatta, che sei diventato disegnatore, che succede? E io rispondo che voglio diventare bravo quanto i disegnatori storici, che hanno fissato standard altissimi e ai quali guardo sempre come ad un esempio.

Come mai, ora che il mondo dell'animazione di orienta sempre più verso il 3d, avete scelto di tornare all'animazione fatta a mano?

La ragione per cui l'animazione tradizionale era stata abbandonata era il box office, la vecchia amministrazione decise che quel tipo di animazione era finita perché la nuova produceva incassi e risultati non raggiungibili altrimenti. Quello è stato un giorno molto triste, ma noi sapevamo che non era il pubblico ad aver cambiato gusti, ma che forse eravamo noi a non aver saputo raccontare le storie giuste. E' un'idea che ho sempre condiviso con John Lasseter, e infatti la prima cosa che ha fatto una volta ritornato a condurre il settore animazione è stata quella di decidere di realizzare un film tradizionale.

Come avete scelto l'ambientazione? Avevate dei riferimenti cinematografici a cui ispirarvi?

Io non sono mai andato a New Orleans perché in quel periodo ero ancora impegnato a realizzare il cortometraggio con Pippo [How to Hook Up your Home Theatre, n.d.r.], ma i registi, l'art director e il direttore degli effetti speciali sono andati là, a osservare, fotografare, prendere confidenza con l'ambiente. Poi abbiamo condiviso tutti insieme le loro impressioni e abbiamo sviluppato l'idea. Per quanto riguarda la canzone della maga Mama Odie, volevamo che fosse sul genere dei gospel, e questa è stata la nostra principale ispirazione.

A volte nei film Disney i malvagi hanno un aspetto ridicolo, mentre i suoi sono spesso gotici. Come mai questa visione archetipica del cattivo?

Dipende dal tipo di storia che viene raccontata, a volte è vero, il cattivo non è così spaventoso, ha una certa leggerezza, ad esempio il maggiordomo de Gli Aristogatti non fa certo paura. In altri film invece il cattivo fa paura eccome: Disney stesso pensava che non fosse un male mostrare la cattiveria, che per i bambini andasse bene, basta che poi ci fosse un lieto fine. Ad esempio la matrigna di Cenerentola fa davvero paura, ma si può mostrare perché comunque la storia finisce bene.
John Lasseter ha dichiarato che questo è il film con il quale si è più emozionato.

Come mai?

Questo è il primo film in cui è stato coinvolto dall'inizio, che ha preso la decisione di realizzare, mentre prima era sempre stato chiamato da altri. Inoltre è stato molto importante perché è stato il primo film realizzato dopo aver deciso di accantonare definitivamente l'animazione a mano.

Ha detto che nell'animazione tradizionale è molto importante la storia. Quali sono secondo lei i punti forti di questa storia?

La storia è importante in qualsiasi tipo di film, ma in questo io credo che sia particolarmente riuscita la sua morale: ha una confezione old-style, ma Tiana è una donna in carriera, quasi una workaholic, ha un solo obiettivo, ma dovrà capire che non basta quello per essere felici, e quindi lascerà spazio all'amore. Io conosco molte persone così, specialmente in America in cui tutti sono molto focalizzati sul lavoro, e trovo che una morale come questa sia molto moderna.

Si è parlato molto dell'elemento razziale. Tiana era afroamericana anche prima dell'elezione di Obama, però.

Si, noi avevamo immaginato Tiana così molto prima che il mondo conoscesse Obama. Questa scelta è stata fatta subito dopo aver deciso la location: da subito avevamo pensato a una città americana, magari Chicago, ma poi Lasseter ha deciso per New Orleans, perché ama molto anche il suo background musicale. Da lì è nata l'idea di fare una protagonista afroamericana.

E' vero che il principe doveva inizialmente essere bianco?

Non mi risulta ci sia mai stata una simile idea. Naveen ha un'origine mista, fin dall'inizio proveniva da questo paese immaginario, la Maldonia, ma molti pensavano addirittura che fosse argentino, perché in originale ha un accento che ricorda quello sudamericano.

Nel film sono presenti molte citazioni ai grandi classici. E' stato un omaggio voluto?

Non è stato un tributo, molti ce l'hanno visto ma non è stato un atto intenzionale. Nel repertorio Disney ci sono così tanti personaggi che per forza qualcuno si assomiglia, ad esempio molti hanno detto che l'alligatore Louis ricorda Baloo, o che Mama Odie assomiglia a Maga Magò.

Come è cambiato nel tempo il lavoro dell'animatore?

Il lavoro per creare e fare muovere i personaggi è lo stesso che era negli anni Trenta, addirittura usiamo ancora alcuni dei tavoli da disegno originali, prendiamo un foglio da una pila di carta e iniziamo a disegnare, a buttare impressioni, movimenti. Quello che è cambiato è quello che succede dopo l'animazione, ovvero il colore: adesso non si deve più dipingere, ma si scansionano i disegni e li si colora al computer.

Quanto conta in fase di disegno sapere chi darà la voce ai personaggi?

Gli attori sono sempre scelti per la qualità della voce, se si adatta o no al personaggio che dovranno interpretare. A volte somigliano anche fisicamente, magari i disegnatori riprendono da loro qualche espressione interessante, ma l'aspetto non è importante. L'importante è che la voce venga fuori dal disegno, ad esempio l'attrice che dà la voce a Tiana le somiglia, ma quella che doppia Mama Odie ovviamente no.

Questo ritorno ai classici segna un nuovo inizio? Cos'hanno in più questi film rispetto ai loro predecessori?

L'obiettivo è quello di fare storie nuove, con nuovi concetti, che possano attirare il pubblico. La regia e la direzione artistica, poi, sono nuove. La computer grafica può aver segnato una svolta, ma la si può avere anche nell'animazione tradizionale. Noi abbiamo preso ispirazione dalle pellicole anni Cinquanta, ad esempio a Lasseter piace moltissimo Lilli e il vagabondo, ma non è detto che non si possa intraprendere anche un percorso diverso.

Quali stereotipi governano i personaggi buoni e quelli cattivi?

I cattivi sono molto più divertenti da realizzare, sono più espressivi; i buoni vogliono mantenere le cose nella normalità, sposarsi, fare dei figli, mentre i cattivi spingono al cambiamento, motivano la storia. I cattivi Disney poi non sono soltanto malvagi, ma sono interessanti: se fossero semplicemente cattivi risulterebbero noiosi, invece far vedere le loro luci e ombre è molto più stimolante.

Per il cattivo di turno, lo stregone Facilier, avete preso spunto da un personaggio reale?

Bisognerebbe chiederlo all'animatore che si è occupato del suo sviluppo, ma comunque l'ispirazione primaria è sempre data dalle voci. Poi abbiamo lavorato tutti insieme, ognuno portando avanti le proprie idee.