Recensione Yella (2007)

'Yella' mostra tutti i suoi limiti nella ricerca forzata di una complessità narrativa che già due anni fa in 'Gespenster', seppur in maniera minore, l'autore aveva dimostrato di non saper gestire.

La nuova vita di Yella

Quando Yella decide di andar via dal suo paese d'origine, non ha molto da lasciare alle sue spalle, se non un matrimonio andato male e sogni infranti.
L'inizio della sua nuova vita non è dei migliori: un violento incidente d'auto insieme all'ex-marito che quasi le impedisce di prendere il treno che la deve portare verso il suo nuovo lavoro e la delusione proveniente proprio da questa nuova occupazione, una volta a destinazione.
Per sua fortuna, l'incontro con il giovane manager Philip le dà la possibilità di rifarsi e rimettersi in carreggiata, per di più facendo proprio il lavoro che sognava.
Non tutto, però, procede per il verso giusto, nella vita di Yella, così come nel film Yella: la donna inizia a sentire suoni e provare strane sensazioni. Inoltre sembra che il suo ex-marito continui a tormentarla.

E' in questi aspetti che il nuovo lavoro di Christian Petzold mostra tutti i suoi limiti, nella ricerca forzata di una complessità narrativa che già due anni fa in Gespenster, seppur in maniera minore, aveva dimostrato di non saper gestire.
E' il Petzold sceneggiatore ad essere responsabile di un film che non funziona. Interessato a dare una cornice surreale alla storia di Yella, non si rende conto di quanto questa cornire, per la sua inconsistenza, ma soprattutto incongruenza, narrativa rovina quello di buono fatto nella parte centrale del film.

La storia e la rivincita di Yella, infatti, avrebbero potuto reggere da sole un film lineare ed equilibrato, anche grazie ad una atmosfera ben costruita e calibrata ed all'interpretazione di Nina Hoss, efficace nel dipingere una donna allo stesso vecchio stile, ma allo stesso tempo moderna. Ma funzionano anche i richiami interni al film (il modo in cui Philip rimanda all'ex-marito Ben), il modo in cui le mediazioni finanrziarie sono descritte, anche se in modo semplicistico, con senso dell'umorismo.

Quello che risulta perdente è la voglia di novità e di originalità di Petzold, aspetti che pagano solo quandi si è in grado di gestirli.

Movieplayer.it

2.0/5