Recensione Ma che ci faccio qui! (2006)

Il cinema italiano comincia questa nuova stagione da dove si era interrotto, dalla scuola finita e dalle estati dei primi baci, ma si mettono finalmente da parte i "favolosi anni '80" per tornare ai giorni nostri.

La nuova estate degli adolescenti italiani

Il primo lungometraggio ad uscire dal Centro Sperimentale di Cinematografia, dopo il lavoro ad episodi Incidenti, è un film che lascia abbastanza perplessi, per la convenzionalità della sua sceneggiatura e l'incapacità di osare, di raccontare l'universo adolescenziale, così caro al cinema italiano degli ultimi tempi e così fortunato al botteghino, secondo toni e situazioni finalmente diverse. L'impressione che alla fine si ha del film è, infatti, quella del "vorrei ma non posso", un'opera semplice e appassionata, ma che deve accontentarsi di quello che è. Avrebbe potuto essere un road-movie, un Y tu mamá también all'italiana (film al quale il regista Amato dichiara espressamente di essersi ispirato, ma dei begli affanni del film di Cuarón non ci pare di scorgere nulla), e invece, forse anche per i soliti problemi di budget che affliggono le produzioni italiane, il sogno del viaggio resta irrealizzabile per il giovane protagonista, costretto ad arrestare la sua fuga in motorino ad una manciata di chilometri da Roma, sul litorale di Anzio, dove conoscerà una "gabbia di matti" che, inevitabilmente, diventerà per lui una seconda famiglia.

Il cinema italiano comincia questa nuova stagione, quindi, da dove si era interrotto, dalla scuola finita e dalle estati dei primi baci, ma si mettono finalmente da parte i "favolosi anni '80" per tornare ai giorni nostri, anche se buona parte della colonna sonora tradisce un'ostinata nostalgia per quei tempi andati. Il nuovo canto adolescenziale su pellicola ha ancora i colori dell'estate, stagione di scoperte, deputata alla maturazione e al cambiamento, o, quantomeno, momento fondamentale dei film di formazione. Così, ci si ritrova sulla spiaggia di Anzio, allo stabilimento La Serenella, un mostro che affonda i suoi piedi nel mare pronto ad essere abbattuto e che diventa il luogo di crescita del borghese diciottenne Alessio, alle prese con pesanti lavori proletari, realtà altre vissute dal di dentro, e infiniti problemi che ritardano la ripresa del suo viaggio e il sogno di raggiungere i suoi amici in giro per l'Europa. Il viaggio mancato diventerà così un viaggio conquistato nel territorio della vita, tra micro-avventure ai bordi della quotidianità e baci appassionati e inaspettati. Daniele De Angelis, giovanissimo alla sua prima esperienza da attore, è bravo, sa come muoversi con disinvoltura davanti alla macchina da presa, ma il suo personaggio è anche quello meno riuscito, forse per colpa dell'impossibilità di costruirlo e approfondirlo in maniera adeguata, data la mancanza di tempo, arruolato ad una sola settimana dalle riprese.

Ma che ci faccio qui! risulta tutto sommato un film godibile, una commedia senza troppe pretese, ma anche senza troppe risate, a cui manca soprattutto quel retrogusto amaro che rende indimenticabili certe commedie. Il film saggio di diploma del regista Francesco Amato e dei suoi compagni di scuola al CSC, prodotto dallo stesso Centro con l'aiuto di Rai Cinema e Istituto Luce, soffre però troppo di una sovrabbondanza di macchiette (dal ragazzino terribile incubo dei bagnini al nerd cadaverico maniaco dei videogame che avrà la sua immancabile rivincita), di qualche scelta gratuita di regia (incantata dagli slip del giovane protagonista, propostici da ogni angolazione), del dialetto poco credibile e, alla lunga, decisamente seccante, inventatosi dal pur bravo Paolo Sassanelli nel ruolo dello strampalato proprietario-difensore di quel mostro ambientale che è La Serenella, e della assoluta mancanza di originalità di uno script comunque rigoroso e ben chiuso, mai volgare e caratterizzato da una leggerezza ed un'energia apprezzabili. Un film dedicato a chi ha già nostalgia di quest'estate ormai agli sgoccioli.