La legge della notte: Gangster movie senz’anima

Il quarto film da regista di Ben Affleck è un omaggio al genere del gangster movie girato con tecnica impeccabile, ma privo di empatia e guizzi che gli permettano di reggere il confronto con i suoi illustri predecessori. Già tutto visto e scritto.

Boston, il suo volto oscuro, l'anima inquieta, il sottobosco criminale più volte indagato e portato sul grande schermo seguendo i dettami del thriller: Ben Affleck torna alla città simbolo di ben due dei suoi tre film da regista, ma questa volta lo fa sfidando le regole del gangster movie. Mafia e mangiaspaghetti, sparatorie, inseguimenti, femme fatale, sbirri, cattivi senza scrupoli, la giusta dose di umorismo, gli anni del proibizionismo, fiumi di alcol, montagne di soldi tutti rigorosamente illegali, la parabola del gangster (ascesa, caduta e redenzione) che poi, tutto sommato, non è così un cattivo ragazzo: ne La legge della notte Affleck cavalca tutti i cliché del genere e attinge a piene mani da personaggi e situazioni diventati iconici, ma non per innovarli o offrirne una personale rivisitazione come ha dimostrato di saper fare altrove (Gone Baby Gone, The Town, Argo) quanto per emularli.
E proprio nell'ambizione al confronto con precedenti illustri, da Martin Scorsese a Michael Mann, risiede uno degli errori di questa sua quarta pellicola. A salvarla non basta la penna di Dennis Lehane, autore del romanzo ('Life by night') da cui è tratto il film e, tanto per intenderci di Gone Baby Gone (debutto di Affleck alla regia), Mystic Ryver, Shutter Island: qui manca l'originalità degli esordi, la solidità di The Town (che pure si era guadagnato il consenso della critica) e la finezza di Argo, Oscar per il Miglior Film nel 2013.

La legge della notte: Ben Affleck in una scena del film
La legge della notte: Ben Affleck in una scena del film

Joe Coughlin, ascesa di un fuorilegge

Affleck lo dirige, lo scrive (da solo) e si riserva anche il ruolo da protagonista, Joe Coughlin, un reduce della Prima Guerra Mondiale, fuorilegge anticonvenzionale ("Non voglio essere un gangster. Ho smesso di baciare anelli tanto tempo fa") come lui stesso ama definirsi e figlio del Vice Sovrintendente della Polizia di Boston.
Un cattivo che ha scelto di vivere secondo un proprio codice morale a differenza dei gangster con cui si rifiuta di entrare in affari, almeno fino a quando la vita e il cuore infranto per aver perso la donna che ama (Sienna Miller), non lo costringeranno a rompere il patto con se stesso.

La legge della notte: Ben Affleck e Sienna Miller in una scena del film
La legge della notte: Ben Affleck e Sienna Miller in una scena del film

Spinto dal desiderio di vendetta, Joe accetterà di lavorare per l'italiano Don Maso Pescatore (Remo Girone), che lo porterà dalla gelida Boston alla calda e melliflua estate di Tampa dove insieme alla sua banda conquisterà il mercato del rum e ritroverà l'amore (Zoe Saldana). Il cammino e l'ascesa di Joe da semplice criminale a gangster, in una spirale che non gli lascerà alternativa ("Non importa più quello che vuoi tu. Ora ci sei dentro", sentenzierà Don Maso), si sviluppa seguendo tutti i canoni del genere: il ritmo è serrato e il tempo scorre tra colpi di pistola, scazzottate, barili di rum, fumosi speakeasy e bellissime donne.

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L'Affleck attore

La legge della notte: Elle Fanning in una scena del film
La legge della notte: Elle Fanning in una scena del film

Nel mezzo c'è tempo anche per la questione razziale con le incursioni del Ku Klux Klan da un lato e il fondamentalismo cattolico dall'altro, emblematica l'immagine 'mariana' di Elle Fanning nei panni della predicatrice nonché eroinomane redenta, che si metterà tra Joe e i suoi sogni di gloria (la costruzione di un casinò).
Degna di nota la ricostruzione storica dell'epoca, precisa e dettagliata nei costumi di Jacqueline West, che già aveva accompagnato il regista in Argo, e illuminata dalla fotografia di Robert Richardson, collaboratore di Quentin Tarantino.

La legge della notte: Zoe Saldana e Miguel in una scena del film
La legge della notte: Zoe Saldana e Miguel in una scena del film

Ma il limite principale del film resta una regia anonima, ossequiosa nei confronti delle convenzioni e una scrittura priva del necessario lavoro di approfondimento sui singoli personaggi ridotti a macchiette caricaturali; lunghe sequenze che ripropongono scene viste già altre migliaia di volte, senza il guizzo dei grandi classici, con un Affleck attore prigioniero di una sola monolitica espressione e incapace di restituire le complesse sfumature del gangster perennemente diviso tra l'indole del bravo ragazzo e quella dello spietato criminale.
Un racconto tecnicamente impeccabile e rivelatore di una profonda conoscenza e passione per il genere, ma che rimane vuoto e senza anima.

Movieplayer.it

2.0/5