Recensione Gli innocenti (2005)

Un film disperato e sincero che non ha pudore di mostrare l'ipocrisia né la lotta alla sopravvivenza, nel tentativo di scardinare le false certezze della società danese.

La colpa delle scelte

Carsten è un professore di scienze sociali. E' sposato con Nina ed ha un figlio, Tobias. Ha anche un'amante, Pil, un'ex-allieva con la quale condivide forti ideali politici; ma se la maturità ha sedato gli slanci interventisti di Carsten, Pil è invece in pieno fermento, diventando autrice di un delitto durante un raid terroristico. Al volante di un furgone, durante il sequestro d'armi, investe una guardia a sangue freddo; sarà catturata insieme ai suoi complici ed incarcerata in attesa di confessione. La durezza dell'isolamento non ne piega la determinazione a sfuggire alla pena, e la giovane è anche supportata da Carsten che per lei lascia famiglia e lavoro. Dichiarata innocente in assenza di prove, Pil recupera la libertà e con essa la voglia di ricominciare, lasciando Carsten ad affrontare una situazione che non riesce più a gestire.

Film conclusivo della trilogia di Per Fly, Gli innocenti esplora la classe media e lo fa con uno sguardo impietoso, in cui non esiste alibi alle scelte fatte. Mentre nei primi due film La panchina e L'eredità si oscilla da un estremo sociale all'altro, partendo dalla disperazione di chi ha toccato il fondo per arrivare a quella di chi non può sfuggire al proprio destino di ricco discendente di una dinastia d'industriali, qui si galleggia nel quotidiano dei medio-borghesi; vita agiata e problemi comuni, pronti a sterzare nel dramma poiché in facile balia degli eventi. Il professor Carsten perde tutto nel momento in cui si rimette in gioco; dopo aver impostato la sua vita sui binari giusti, coinvolto dall'entusiasmo e dal vigore degli ideali giovanili di Pil, rinuncia alla stabilità inseguendo sogni ormai accantonati. Vede nella sua donna la possibilità di ricominciare a vibrare di nuove passioni: l'impegno sociale, la lotta, l'amore. Si batte per difenderla senza più nascondersi, la protegge, la guida e l'aiuta a superare la reclusione, anche quando vorrebbe cedere e confessare, schiacciata dai sensi di colpa. Si sostituisce a lei, per sentirsi ancora vivo, negando l'evidenza e volendola innocente anche quando ammette: _"Volevo che quel poliziotto morisse. Ho desiderato vederlo morto". _ Pil è dura e sa risorgere dalla paura più forte di prima, senza abbandonare la lotta; Carsten è un idealista. Si accorge solo dopo aver distrutto la sua famiglia, abbandonato il lavoro e gli amici di aver sbagliato, incolpando la ragazza, ma sono state le sue scelte, la sua volontà ad averlo spinto fin là. Quando comprende a che punto è arrivata la sua vita, si sente perduto; è confuso, non ha più nulla, intrappolato in un limbo da ignavo, ma quando tenta di tornare sui suoi passi, capisce che è troppo tardi. Carsten è solo, colpevole di aver sposato scelte altrui, abbagliato dall'amore, accecato dall'edonistico sogno di sentirsi ancora giovane, reo di non aver capito subito chi è: un idealista, che guarda il mondo da lontano, come quando sorvola le scogliere col suo parapendio. Lambisce la roccia, sfiora le onde, per poi planare su un grande prato; una metafora della sua condizione, enfatizzata dalla ripresa che allarga sui confini aridi del prato rigoglioso. Carsten si illude d'essere libero, ma è rinchiuso tra i confini del prato oltre i quali il panorama cambia; lui, come rappresentante di una classe sociale imbottigliata in cliché dai quali può prescindere accettando di perdere tutto.

Gli innocenti, che ha al suo attivo una nomination all'European Film Award per il miglior attore protagonista e premi in più festival europei, è un film complesso che parla a diversi strati di coscienza. Apparentemente incentrato sul tema del terrorismo, si rivela una profonda indagine sulla natura umana. Carsten come simbolo di una generazione e di una classe sociale che non ha più una reale ubicazione; vissuto in epoca di contestazioni si è imborghesito ed adagiato nella sua tranquillità per poi tornare ad infervorarsi appena sfiorati i nervi scoperti. Il suo è un vizio sociale che colpisce tutti in modo diverso. Inconsciamente ne è consapevole ed è questo disagio inespresso che lo fa esplodere di rabbia contro la vedova del poliziotto ucciso; Lisbeth perseguita gli assassini ma è solo Carsten a subirne l'ossessione, facendola sua. La scaccia come un brutto sogno, cercando di annullarla per non sentirla più piangere ed urlare, mentre progressivamente scivola verso la follia. Quando la donna muore suicida, se ne riterrà responsabile pur non ammettendolo apertamente, cedendo al panico; inseguito dai sensi di colpa per aver difeso i veri colpevoli ed essersi scagliato contro le vittime si ritrova da solo a fronteggiare la sua vera natura che gli fa orrore. Cerca scampo nella confessione, per condividere con altri il suo fardello, tentando di ricucire i rapporti familiari, ma ormai tutto è perduto.

Gli innocenti è un film sulle scelte e su come siano sbagliate solo quando viene a mancare il supporto ideologico che le ha determinate. E' un film disperato e sincero che non ha pudore di mostrare l'ipocrisia né la lotta alla sopravvivenza, nel tentativo di scardinare le false certezze della società danese.

Ottima la prova di Jesper Christensen, attore icona di Per Fly, che regala al suo professore un volto tragicamente umano, il cui tormento trapela da ogni sguardo, da ogni gesto, in una metamorfosi degenerativa che lo accompagna fino all'ultimo fotogramma.