La colonna sonora di The Punisher

Dai primi agli ultimi solchi è un susseguirsi di personaggi che fanno della chitarra -quasi sempre heavy e sapientemente distorta - il proprio credo.

Ci sono sicuri motivi di interesse nella migliore colonna sonora dell'estate 2004.
Innanzitutto la curiosità di capire come evolverà la storia artistica dei Queens Of The Stone Age: i titolari di uno dei migliori dischi rock del decennio sono in fase di rimpasto con Josh Homme che ha dato il ben servito al compagno d'avventure Nick Oliveri ed ha proprio in questi giorni confermato la presenza di Mark Lanegan su alcune tracce dal nuovo disco in fase di ultimazione ed in alcune date del prossimo tour, impegni solistici permettendo. Confermata invece l'assenza dell'iperattivo ed energetico Dave Grohl per il quale c'è sempre la postazione pronta dietro tamburi e rullanti.
Tra una Desert Session e l'altra i Queens hanno registrato Never Say Never, in realtà una cover di Romeo Void, con la quale continuano a dimostrare di essere uno dei pochi combi capaci di sorprendere ogni volta.

C'è l'intenzione di valutare l'esatta caratura artistica dei tanto strombazzati Seether, venuti alla ribalta per la bontà dei primi due dischi e per la love story fra Shaun Morgan ed Amy Lee degli Evanescence (con i quali sono stati in tour); i due dettano nella dolcissima Broken e senza Amy i Seether sono presenti anche con un secondo pezzo: Sold Me.
Un altro titolare degli Evanescence, Ben Moody, esordisce come solista in The End Has Come.

Vogliamo mettere alla prova anche due alfieri del plagio grunge, i Puddle Of Mudd ed i Nickelback, che non avevano deluso coi rispettivi esordi ma che sembrano già alla frutta nei loro sogni di emulare gli idoli assoluti Vedder e Cobain; tutto sommato nei loro nuovi dischi oltre le solite 2 - 3 canzoni azzeccate c'è poca carne al fuoco, per The Punisher ci propongono rispettivamente Bleed (guarda caso stesso titolo di uno degli anthem dei Nirvana, anche se qui la somiglianza è più con gli ormai defunti Alice In Chains) e Slow Motion (che strizza l'occhiolino ai primi Pearl Jam).
Ed a proposito di eroi grunge qui ce n'è uno vero, trattasi di Jerry Cantrell, ex co-leader proprio degli appena citati Alice In Chains, la sua voce colora Ashes To Ashes e ci fa rimpiangere tutto quello che non potrà mai più comporre con l'amico di sempre Layne Staley.

In apertura sono stati piazzati i Drowning Pool, metal band che ebbe un ottimo esordio negli States con l'album Sinner ed il relativo singolo Bodies, partecipò all'Ozzfest nelle edizioni 2001 e 2002, nel corso del quale (il 3 agosto 2002) fu trovato morto per cause apparentemente naturali il cantante Dave Williams, sostituito solo all'inizio del 2004 da Jason Jones.
Occhio anche ai tre fratelli Chevelle, partiti nel 1999 con un disco prodotto da Steve Albini al quale diedero un seguito tre anni dopo con Wonder What's Next, il quale grazie al passaggio alla Epic divenne disco di platino.
Gli altri protagonisti (molto meno noti) del soundtrack sono Smile Empty Soul, Trapt, Edgewater, Finger Eleven, Strata, Hatebreed, Seven Wiser, Submersed, Atomship e Mark Collie per un totale di 19 tracce, e non è poco, anche se per la verità fra nu-metal e reminescenze grunge non c'è poi molto per cui gridare al capolavoro.

Dai primi agli ultimi solchi è un susseguirsi di personaggi che fanno della chitarra (quasi sempre heavy e sapientemente distorta) il proprio credo, delineando una colonna sonora indicata per gli amanti di almeno un paio dei gruppi citati finora (o almeno uno fra Korn, Soundgarden e Metallica, senza attendersi i picchi raggiunti da costoro).
Se preferite suoni meno disturbati meglio restare alla larga.