La colonna sonora di Mission: Impossible II

Un disco roccioso, come le impervie montagne che l'impavido Tom Cruise non teme di affrontare.

Una scarica di adrenalina.
Per accompagnare Tom Cruise nelle imprese di Mission: Impossibile II si è scelto di dare al soundtrack un forte e deciso sapore nu-metal.
I fans di Korn, Linkin Park e Limp Bizkit non crederanno alle proprie orecchie mettendo questo disco nel lettore: inattesa la scelta di una scaletta così alternative per accompagnare un film tanto atteso ed importante che riempì i cinema nell'estate del 2000, altra scelta singolare ma che permise alla pellicola di non avere concorrenti nelle sale.

La linea musicale è azzeccatissima per un film d'azione ed il disco si presenta così omogeneo tanto da poter risultare il prodotto di un'unica band all'ascoltatore distratto.
Gli episodi migliori sono concentrati nella parte iniziale, le prime due tracce di Limp Bizkit e Metallica tolgono il fiato; gli zietti Metallica in particolar modo con I Disappear danno vita ad un prodotto che supera qualitativamente le incisioni del loro successivo disco ufficiale (St. Anger) che li riporterà verso sonorità primordiali, preferite comunque dai fans di vecchia data.
Del resto i Limp Bizkit si confermano gruppo capofila di un tipo di musicalità che cerca di far confluire le scariche elettriche del metal nella tipica metrica rap.
Bella l'inedita coppia Foo Fighters / Brian May che tinge di sapore nu-metal la pinkfloydiana Have a Cigar (originariamente apparsa su Wish You Were Here), aggiornandone lo spirito ed adeguandola ai giorni nostri; Waters e Gilmour si saranno stropicciati gli occhi dall'incredulità.

C'è l'occasione per ascoltare Chris Cornell a cavallo tra le esperienze Soundgarden ed Audioslave ed a ridosso dell'esordio solista di Euphoria Morning, e sono risultati sempre apprezzabili qualunque siano la forma prescelta (grunge, cross-over o linee cantautorali alla Jeff Buckley) ed i compagni di viaggio (i miti di Seattle piuttosto che gli ex Rage Against the Machine), grazie al dono di corde vocali in grado d'arrampicarsi su scale irraggiungibili persino al Plant di zeppeliniana memoria.
Going Down dei Godsmack non avrebbe demeritato nel miglior disco degli Alice in Chains, anche se il peso specifico delle due bands è ben diverso.

Per il resto si susseguono episodi più o meno originali, più o meno lucidi, più o meno interessanti: Rob Zombie, Butthole Surfers, Pimps, Uncle Kracker, Apartment 26, Diffuser, Buckcherry, Tinfed, per un tripudio di chitarre, incursioni rappate, un paio di scratchate, ritornelli orecchiabili e ad alto tasso di aggressività.
L'eccessiva omogeneità del disco però non regge alla distanza e ci consente di consigliarlo esclusivamente ai veri appassionati del genere o a coloro che intendano farsene un'idea (anche se piuttosto vaga).

Si discostano dal filone principale le ultime quattro tracce (volutamente poste in fondo) che concedono spazio alla malinconia pop dei Powderfinger, alla linda sensualità di Tori Amos, ai sapori flamenco - andalusi della coppia Zimmer/Pereira, al ludismo dell'ennesima versione di Iko-Iko ad opera delle Zap Mama.
Un disco roccioso, come le impervie montagne che l'impavido Tom Cruise non teme di affrontare.