Recensione Wolfman (2010)

Litri di sangue versato, budella al vento, decine di teste e braccia strappate via ai legittimi proprietari, Wolfman assolve al suo compito dal primo all'ultimo minuto divertendo e raccontando una storia d'altri tempi attualizzandone il contenuto.

L'Uomo Lupo settant'anni dopo

La vita del sonnolento paesino vittoriano di Blackmoor, poco distante da Londra, non è più tranquilla come Lawrence Talbot l'aveva lasciata. Dopo un'infanzia difficile e la tragica morte della madre in una notte di luna piena, Lawrence viene spedito dal padre in un manicomio minorile e poi in America a studiare dove viene cresciuto da uno zio. Dopo decenni trascorsi a cercare di ricostruire un'esistenza serena sui pochi ricordi felici che rimangono del suo passato, Lawrence torna a Londra da attore di fama mondiale dopo aver ricevuto una lettera da Gwen, promessa sposa di suo fratello, che chiede il suo aiuto per riuscire a scoprire la sorte dell'amato, scomparso nel nulla ormai da giorni. Le preoccupazioni della donna sono fondate perchè da tempo nei boschi circostanti la tenuta di famiglia si aggira un misterioso assassino assetato di sangue che semina terrore e morte, sulle cui tracce c'è già anche Scotland Yard. L'amore per il fratello minore e la voglia di scoprire chi o cosa si nasconda dietro queste innumerevoli nefandezze, spinge Lawrence a tornare a casa e a confrontarsi con suo padre e con ricordi che non avrebbe mai voluto rivangare. Durante una notte di luna piena decide di fare una passeggiata di ricognizione nel bosco abitato da una carovana di gitani, accusati in un primo momento di essere la causa della carneficina, e nel tentativo di salvare qualche vita umana dalle grinfie della bestia, Lawrence viene aggredito e morso al collo. La ferita che avrebbe ridotto in fin di vita chiunque altro guarisce però in maniera stupefacente destando non pochi sospetti tra gli abitanti del villaggio. In realtà Lawrence Talbot non è stato solo morso ma anche contagiato irrimediabilmente da quella creatura a metà tra l'uomo e il lupo, e nelle notti di luna piena non potrà esimersi dall'abbandonarsi alla sua natura di cacciatore. Braccato dalla polizia, dalle ronde degli abitanti ma protetto strenuamente da Gwen, che nel frattempo si è innamorata follemente di lui, Lawrence proverà a lottare contro la sua stessa natura e contro le radici dell'odio che hanno fatto breccia nel suo cuore sin da quando era ancora un bambino.

A 69 anni dalla sua prima apparizione sul grande schermo e dopo diverse imitazioni e rimodernamenti più o meno efficaci che lo vedevano combattere contro altri 'mostri' sacri dell'orrore cinematografico e letterario o approdare nelle grandi metropoli contemporanee, il licantropo per eccellenza torna a terrorizzare le platee in una versione blockbuster davvero stupefacente. Nato tra le pagine della sceneggiatura originale de L'Uomo Lupo del 1941 ad opera di Curt Siodmak, il personaggio del licantropo gentiluomo fu allora interpretato dall'eclettico Lon Chaney Jr., uno dei più grandi attori di quegli anni, e diretto da George Waggner in 70 minuti di orrore classico che hanno rappresentato l'ultimo monster-movie della storia dei B-movie della Universal, pellicola indimenticabile che vedeva anche due straordinari cammei orrorifici, quello di Bela Lugosi (leggendario Dracula) e quello di Claude Rains (l'Uomo invisibile).
Remake di alta qualità, allungato, rimodernato nel look, variegato e ampliato per quel che riguarda i personaggi, Wolfman ha avuto una lavorazione lunga e travagliata che ha visto diverse sostituzioni, dal regista allo sceneggiatore, scene girate daccapo, tagli e aggiustamenti che hanno prorogato di molto la sua uscita nelle sale e messo a repentaglio la fluidità narrativa della storia che fortunatamente non ha accusato troppo il colpo.
Supportato dal lavoro del monster-maker più famoso di Hollywood Rick Baker, sei volte premio Oscar e padre putativo del licantropo più agghiacciante della storia del cinema protagonista del capolavoro 'londinese' di John Landis, Wolfman rilancia i lupi mannari cinematografici omaggiando, grazie all'abilità visiva e narrativa di Joe Johnston, sia la tradizione gotica che l'horror puro, aggiungendo quello che non può mancare in un action moderno: violenza, sangue, ritmo e sentimento.

Litri e litri di sangue che schizzano ovunque, budella al vento, decine di teste e braccia strappate via ai legittimi proprietari, Wolfman assolve al suo compito dal primo all'ultimo minuto divertendo, spaventando e raccontando una storia d'altri tempi attualizzandone il contenuto, anzi usandolo come metafora sulla diversità e sull'amore, mostrando come dall'Ottocento ad oggi le cose non siano poi troppo cambiate. Siamo infatti di fronte ad una favola nera che racconta di una società chiusa in se stessa che non accetta la diversità né la natura umana nella totalità delle sue accezioni.

Notevole lo sforzo produttivo, stellare il cast, impeccabili le ricostruzioni della Londra vittoriana che rimandano al Mistero di Sleepy Hollow e a La vera storia di Jack Lo Squartatore dominata da un ululato lunare che semina morte e distruzione. Tutto questo in uno spettacolare film d'intrattenimento ed insieme un rimodernamento assai fedele al classico del 1941, un prodotto che riporta agli antichi splendori un personaggio tra i più popolari della cinematografia nera, un mostro che il pubblico di oggi avrà il piacere di apprezzare in tutte le sue innumerevoli sfaccettature psicologiche. Protagonista pressochè perfetto è Benicio Del Toro, capace di regalare al suo uomo lupo il volto livido, scavato e immalinconito di un attore 'bestiale', capace di immedesimarsi a tal punto nel 'suo' Amleto da non riuscire più a distinguere tra il suo essere o non essere, ma nel finale in grado di lasciare che sia l'amore l'unica ancora di salvezza da una guerra all'ultimo sangue con se stesso. Guardatelo bene perchè non so quante altre volte vi capiterà di vedere Benicio Del Toro uscire dai suoi 'soliti' panni e vestire quelli del mostro.

(Per ulteriori approfondimenti su Wolfman, segnaliamo l'intervista al cast, e le interviste a Del Toro e alla Blunt)

Movieplayer.it

3.0/5