Recensione John Rabe (2009)

Alternando una puntuale ricostruzione storica a un abbondante uso di immagini di repertorio, John Rabe scorre rapido verso il drammatico finale riproponendo le tappe essenziali dell'opera del dirigente tedesco e dei suoi sforzi per proteggere il maggior numero possibile di cinesi dalle rappresaglie dei soldati del Sol Levante.

L'uomo di Nanchino

Nel 1937 un uomo d'affari tedesco membro del Partito Nazista e dirigente della filiale cinese della Siemens mise a rischio la propria vita e i propri beni per proteggere i suoi operai dai massacri compiuti dall'esercito giapponese divenuti noti come 'Massacro di Nanchino'. A settant'anni di distanza dai brutali crimini di guerra che causarono la morte di duecentomila civili cinesi la storia di John Rabe diventa un film scritto e diretto dal regista bavarese Florian Gallemberg. Non mancano le affinità tra il tedesco John Rabe e il pluripremiato Schindler's List diretto da Steven Spielberg nel 1993. Come Oskar Schindler, anche il volitivo John Rabe, interpretato dal tedesco Ulrich Tukur, è un uomo d'affari abituato a vivere nel benessere e ad occupare ruoli di prestigio che si trasforma in eroe per caso grazie alla sua grande umanità che lo spinge a sacrificare la propria posizione e a mettere a repentaglio la sua stessa vita per proteggere gli inermi civili cinesi.

Nel caso di importanti biopic come questo il rischio che si corre è quello di costruire un'opera agiografica ad uso e consumo delle masse glissando gli aspetti negativi dell'eroe di turno che è in realtà un essere umano non privo di debolezze. L'astuzia del film, in questo caso, è quella di sorvolare sull'appartenenza di Rabe al Partito Nazista Tedesco mostrandone piuttosto la reticenza a sposare in pieno la causa hitleriana. E' funzionale allo scopo la figura di uno dei cattivi per eccellenza, il ligio nazista giunto in Cina per richiamare John Rabe in patria e prenderne il posto alla guida della Siemens che rimane scandalizzato dallo scarso attaccamento alla bandiera dimostrato dal dirigente e dal gruppo di fedeli di cui l'uomo si circonda. In questo senso è fondamentale l'uso dell'ironia che stempera i momenti più drammatici con intelligenti battute messe in bocca allo stesso Rabe e al talentuoso Steve Bushemi, qui nel ruolo del medico americano Robert Wilson, responsabile dell'ospedale locale impegnato, insieme a Rabe, nell'organizzazione di un'area protetta all'interno della quale vigesse il divieto assoluto dell'utilizzo delle armi. Tra le scene migliori del film vi è, infatti, un divertente siparietto che vede Bushemi e Tukur in preda ai fumi dell'alcool intonare canzoncine parodistiche dedicate al Führer.

Alternando una puntuale ricostruzione storica a un abbondante uso di immagini di repertorio - probabilmente per colmare le lacune dovute a una limitata disponibilità di budget - John Rabe scorre rapido verso il drammatico finale riproponendo le tappe essenziali dell'opera del dirigente tedesco e dei suoi sforzi per proteggere il maggior numero possibile di cinesi dalle rappresaglie dei soldati del Sol Levante. Per tratteggiare con maggiore accuratezza la personalità del coraggioso industriale tedesco, il regista Gallemberg si affida ai diari dello stesso Rabe che ricostruiscono la sua lunga esperienza in terra cinese fornendo con dovizia di dettagli la sua versione dei fatti. La contrapposizione tra l'operosa popolazione cinese, che dimostra con canti e manifestazioni d'affetto di varia natura la riconoscenza per l'impegno di Rabe, e i gelidi e feroci soldati giapponesi mette a rischio manicheismo la ricostruzione storica operata nella pellicola, rischio al quale, più in generale, sono sottoposte tutte le pellicole a sfondo bellico. Inevitabile dunque una riflessione sulla parziale strumentalizzazione dei fatti narrati e sulla comprensibile scelta di mostrare al lettore gli eventi bellici in modo unilaterale, sposando il punto di vista di Rabe e dei suoi compagni impegnati nella salvaguardia della causa cinese. Questa scelta di campo risulta comunque perdonabilissima considerata la complessità degli eventi storici narrati. D'altronde pellicole ben più blasonate sono cadute nella stessa tentazione con risultati ben peggiori, mentre il giovane Gallemberg sembra per lo più riuscire a tenere saldamente le redini della pellicola senza mai indulgere nella retorica.

Qualche sbavatura di troppo la ritroviamo solo nel finale troppo auto-celebrativo e lievemente buonista, dove il regista punta a muovere a commozione lo spettatore ormai partecipe alla vicenda narrata, e nell'uso insistente di una colonna sonora con funzione di commento enfatico alle scene più coinvolgenti, in primis l'improvviso bombardamento della Siemens durante il party d'addio di Rabe. A far da contraltare a questi espedienti vi è una lucidità di fondo nella ricostruzione dei fatti che permette allo spettatore di venire a conoscenza di un episodio minore nell'economia degli eventi storici che preludono allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ma importante per il futuro sviluppo delle vicende belliche che hanno segnato la storia moderna di numerosi nazioni.

Movieplayer.it

3.0/5