Recensione L'imbalsamatore (2002)

Matteo Garrone firma un ottimo film dalle atmosfere noir e dai risvolti inquietanti. Tratto da un fatto di cronaca nera, L'imbalsamatore mette in scena l'incontro casuale e fatale di tre personaggi molto diversi e fortemente connotati da caratteristiche fisiche.

L'oscura passione

Matteo Garrone firma un ottimo film dalle atmosfere noir e dai risvolti inquietanti. Tratto da un fatto di cronaca nera, L'imbalsamatore mette in scena l'incontro casuale e fatale di tre personaggi molto diversi e fortemente connotati da caratteristiche fisiche. C'è il nano affabulatore Peppino, c'è il bellissimo e altissimo Valerio, e la ragazza dal viso rifatto Deborah. Tre tipi non comuni, dunque; tre vertici di un triangolo malato, ossessivo, e soprattutto non voluto.

L'imbalsamatore Peppino, losco individuo legato alla camorra, s'innamora segretamente del giovane e influenzabile Valerio, e lo convince con la sua straordinaria abilità persuasiva a lavorare con lui. L'idillio si spezza quando, in seguito ad un viaggio a Cremona, l'auto di Peppino si guasta consentendo l'incontro tra Valerio e Deborah nell'officina meccanica dalla quale lei viene licenziata. Deborah s'innamora di Valerio e decide di seguirlo, ma la presenza di Peppino si fa sempre più oppressiva ed ingombrante.

Tra le gabbie di uno zoo napoletano si aggira incuriosito il giovane Valerio, Valerio Foglia Manzillo. Tra le sbarre arrugginite dei suoi animali, lo scruta l'astuto imbalsamatore Peppino, Ernesto Mahieux. L'incontro avviene per caso di fronte alla gabbia di un uccello rapace che, da dietro le sbarre, mostra ormai solo occhi rassegnati. Da subito scatta una simpatia tra il carismatico ed esperto tassidermista e l'ingenuo cameriere. L'uno si mostra paterno e rassicurante, l'altro, orfano di padre, si mostra bisognoso di protezione. Peppino arriva nel momento giusto offrendo a Valerio ciò che gli manca: un lavoro remunerativo, una casa, e diverse distrazioni.
Peppino diviene il punto di riferimento, la guida, la fonte del benessere, colui al quale si deve esser riconoscenti, e colui al quale ci si lega, fatalmente. L'uno ha bisogno dell'altro. L'uno compensa l'altro. Si crea così un equilibrio, che mostra presto i tratti di una dipendenza.
L'incontro tra Valerio e Deborah, Elisabetta Rocchetti, guasta il rapporto tra i due. I baci e le carezze dei giovani, divengono ferite all'orgoglio e ai sentimenti di Peppino, i cui occhi rassegnati e sofferenti, ricordano quelli del rapace in gabbia.
Un futuro di normalità è ciò che i giovani vogliono costruire, ma l'oscuro passato non può essere dimenticato. Peppino riemerge ossessivamente dalle nebbie e rivendica quell'equilibrio spezzato, spezzandone a sua volta uno.

L'imbalsamatore è avido di bellezza. La contempla nel giovane Valerio, e la restituisce ai corpi privi di vita. Non la possiede, ma la cerca e la brama.
Anche Deborah cerca la bellezza e la realizza ritoccando il suo viso. Valerio la possiede, ed è al centro del contendere.
Il desiderio nasce da una mancanza, e si trasforma in (p)ossessione. Tutt'intorno il buio, la nebbia, l'ombra.
L'imbalsamatore percorre l'incubo di ciò che ritorna, perseguita, tormenta. Scruta nelle pieghe del desiderio malato e perverso. Apre ferite, ma sceglie di non chiuderle. Così, quel senso d'inquietudine rimane, sospeso, come le nebbie, che sembrano restituire i fantasmi del passato.