L'insostenibile dialettica di Pieraccioni

Incontro con i principali artefici di "Ti amo in tutte le lingue del mondo", ultima fatica del regista/attore toscano

Alla presenza di Pieraccioni, Veronesi, Ceccherini, Panariello e compagnia cantando, diventa difficile riportare il succo di una conferenza stampa trasformatasi ben presto in una sequela di gaga, molte delle quali piuttosto autoreferenziali. Abbiamo colto dei passaggi degni di nota e, come al solito, ve li offriamo.

Come le sembra sia andato questo film?

Leonardo Pieraccioni: Ottimamente. Guardi sono proprio felice, ma tanto. Non cambierei proprio nulla, non toccherei nulla. Gli attori stessi mi sembrano assolutamente perfetti. Rifacendolo, lo lascerei proprio così. Sono proprio felice!

Perché ha scelto una storia d'amore non lineare, così intorcinata? Leonardo Pieraccioni: Ho voluto fare un film su quegli amori che si rincorrono, quelli non semplici, ma quelli dove stai sempre ad inseguirti, e che quando si coronano, sono probabilmente i più belli. Vede, l'undici settembre dell'amore è stato quando si sono lasciati Al Bano e Romina. Da allora servono sempre grandi amori che si rincorrono, se no non c'è gusto.

Com'è nato lo splendido personaggio di Panariello? Quanto l'attore l'ha modificato?

Giorgio Panariello: Io ho toccato pochissimo di quel che era stato scritto sul personaggio. Era davvero ben tratteggiato, un po' la parte grulla del personaggio di Leonardo. Io mi sono limitato a costruirne visivamente l'esteriorità, l'aspetto fisico. Un paio di anni fa avrei rischiato di ridurre un personaggio del genere a una macchietta. Forse arriva in uno dei momenti di maturità della mia carriera artistica.

Ceccherini, ma lei un personaggio normale mai?

Massimo Ceccherini: Mah, guarda, io sono contento del personaggio, ma solo a metà. A me Leonardo aveva promesso di farmi fare la donna. Ero convinto che avrei fatto il personaggio femminile. Poi mi ha detto di farmi crescere la barba. Ohibò ho pensato, e che tipo di donne gli piacciono a questo!?

Dopo tanti film cosa hai imparato sul cinema? Leonardo Pieraccioni: Penso innanzitutto che la macchina da presa debba stare a disposizione dell'attore, e non viceversa. Uso tantissime inquadrature a teatrino per poter far interagire liberamente i miei personaggi e i miei attori. Qua e là magari mi pento perché avrei voluto sottolineare qualcosa che non ho fatto, ma va bene così. Alla fine il mestiere del regista, il cinema, o ce l'hai o non ce l'hai, non c'è nulla da fare. Io preferisco semplicemente non sbagliare. Se mi dessero da fare un film come King Kong non saprei che pesci pigliare. La mia risposta a King Kong è Papaleo ignudo. Il perizoma che gli avete visto nel film l'ha portato lui da casa.

Sta dando molto più spazio a ruoli femminili... Leonardo Pieraccioni: Eheh, oggi le mie protagoniste, oltre che ovviamente essere avvenenti, devono avere una grande capacità attoriale.

Ma come nascono queste sceneggiature?

Giovanni Veronesi: Per esempio Manuale d'amore è molto autobiografico. Quando faccio solo lo sceneggiatore e non anche il regista mi diverto di più, mi sento più libero. Io e Leonardo ci mettiamo entrambi circa tre mesi per scriverne una. Leonardo, dal primo film, è migliorato tantissimo.

E' la classica commediola di Natale, ma si vede sotto la volontà di fare qualcosa di più serio. C'è una grande abilità di regia e di scrittura... Leonardo Pieraccioni: Mah, sono io che ho chiesto alla distribuzione questo spazio, nonostante questo mio film non si allontani da altri che ho fatto e che non sono usciti in questo periodo. A dicembre non ci sono tanti film italiani natalizi.

E' molto affascinante quest'idea di questa sorta di "coro greco" della lavanderia. Leonardo Pieraccioni: Mi faceva molto ridere quest'idea di amalgamare dialetti quasi incomprensibili, a fronte di un cinese che ormai sa parlare benissimo la nostra lingua. E, se ci pensa, un balbuziente porta avanti da solo tutto il film!

Sono passati dieci anni dal suo primo film. Com'è cambiato? Leonardo Pieraccioni:: Se dieci anni fa una diciassettenne la potevo invitare fuori a cena, oggi potrei essere suo padre. Ormai se a quarant'anni hai la sindrome di Peter Pan ti briatorizzi, continui ad andare a donne e in discoteche. Il mio personaggio è bello se si adegua, si appropria della sua età. A me i quarant'anni hanno fatto un po' impressione in effetti...