Recensione L'alba dei morti viventi (2004)

Zack Snyder è riuscito ad omaggiare un capolavoro come il film di Romero del 1978 ed al contempo ha realizzato un film efficace e legato alle ansie della contemporaneità.

L'evoluzione degli zombi

Per la seconda volta in questa stagione esce nelle sale un film che è il remake di un cult dell'horror moderno: dopo il Non aprite quella porta di Hooper rifatto da Marcus Nispel, questa volta è il capolavoro Zombi di George A. Romero ed essere riportato al cinema per mano di Zack Snyder, regista pubblicitario alla sua prima esperienza cinematografica. E se l'operazione di Nispel e Bay ha avuto esiti più che discreti, le cose sono andate ancora meglio nel caso di questo film, che riprende il titolo originale del film di Romero, Dawn of the Dead, intitolandosi quindi L'alba dei morti viventi.
Se Non aprite quella porta versione 2003 era un remake piuttosto fedele dell'originale con l'inserimento di alcuni nuovi elementi, del Zombi di Romero ne L'alba dei morti viventi rimane (pur forte) solo lo scheletro di base, intelligentemente rielaborato dagli sceneggiatori (tra cui il James Gunn di tromesca provenienza) e riempito di contenuti e situazioni più legate al mondo attuale, rendendo quindi l'omaggio all'originale ancora più sentito e rispettoso.
Anche in questo film infatti un gruppo di "sopravvissuti" all'epidemia che sta trasformando in zombi la popolazione trova un angolo sicuro in un centro commerciale deserto, che gli servirà da rifugio e fonte di sostentamento; ma se tutto questo - lo shopping mall, lo sfruttamento delle risorse, l'assedio degli zombi che premono per entrare - era per Romero solo il pretesto per gettare una sferzante e sarcastica accusa alla società dei consumi, nel film di Snyder questo aspetto è virtualmente assente, come coerentemente richiesto da quella che è la rilettura più attuale e contemporanea dei personaggi degli zombi.

In questo senso, ancor di più che al film di Romero, L'alba dei morti viventi è infatti debitore nei confronti di 28 giorni dopo. Del film diretto da Danny Boyle vengono non solo riprese le caratteristiche dei morti viventi ma anche la riflessione e l'attenzione posta sulle risposte che i singoli ed il gruppo danno nei confronti della catastrofe che li circonda: come nel film di Boyle infatti gli zombi non sono più creature inesorabili ma lente e vittime di una sorta di trance (trance indotta dal Sistema che ipnotizza e soggioga), ma esseri veloci, frenetici ed aggressivi (come l'individuo contemporaneo), non vittime controllate dal Sistema ma schegge impazzite e fuori controllo, che si rivoltano contro tutto e tutti. Non a caso, come nel film di Boyle, le immagini all'inizio del film, quelle che mostrano l'avvio dell'apocalisse, sono immagini dove è la rabbia irrazionale delle grandi folle a farla da padrona; e non a caso si pone ancora una volta l'accento sulla causa virale alla radice del problema.
Per questi e altri motivi il film di Snyder è decisamente più frenetico ed adrenalinico rispetto a quello di Romero, basandosi su di un'estetica cinematografica che non è tanto ispirata (come spesso di recente accade in casi simili) a quella della pubblicità e dei videoclip, quanto ad un'interessante rielaborazione di quella dei videogame, come dimostrano alcune scene molto riuscite come quella della fuga in auto di Sarah Polley.
Ma come l'originale, nemmeno questo remake si tira indietro quando si tratta di calcare la mano sugli aspetti e sui momenti più gore della storia, regalando alcune delle scene più splatter viste recentemente al cinema in un film proveniente da una major, né quando si tratta di inserire elementi ironici e ricchi di humor nero; e non a caso alcune delle scene più riuscite della pellicola nascono dall'unione tra questi due elementi, come quella del ludico e spensierati gioco del tiro al bersaglio sugli zombi assiepati in strada. Tanta ironia quindi, ma anche tante scene forti e ricche di pathos (la sottotrama della coppia che aspetta un bambino ne è testimonianza), in un film che oltre all'originale regala anche una serie di citazioni e strizzate d'occhio riguardanti altri film del panorama horror contemporaneo, come il già citato 28 giorni dopo, e ancora il zombesco Resident Evil e persino Final Destination. Il tutto sopportato da un cast decisamente in parte del suo complesso e da una colonna sonora coinvolgente e funzionale.

Tra elementi originali e citazioni, tra momenti gore e duri ed altri più perversamente spensierati, L'alba dei morti viventi scorre avvincente e irrefrenabile per tutta la sua durata, regalando un intrattenimento più che godibile anche per chi l'horror lo mastica poco, partendo con un incipit folgorante e terminando con un finale coraggiosamente pessimista, il tutto incorniciato da due splendide sequenze di titoli di testa e titoli di coda, assolutamente da non perdere.
Complimenti quindi a Snyder, che è riuscito ad omaggiare un capolavoro come il film di Romero del 1978 ed al contempo ha realizzato un film efficace e legato alle ansie della contemporaneità, come ogni horror che si rispetti dovrebbe fare.