L'entusiasmo di attori e regista nel presentare La casa sulle nuvole

Successivamente all'anteprima romana de La casa sulle nuvole, si è svolto un incontro con attori e regista contraddistinto dal grande attaccamento degli stessi al progetto.

Presentato a Roma martedì 5 maggio, il lungometraggio d'esordio di Claudio Giovannesi si è distinto anche per l'entusiasmo dimostrato dal cast, quando si è trattato di parlare con la stampa del film e della propria partecipazione al progetto. Tra tutti una nota di merito va senz'altro al giovane Emanuele Bosi, per via di una scelta personale che non riguarda l'ambito strettamente cinematografico, quanto piuttosto il sociale. L'attore, già protagonista di Questo piccolo grande amore, si è infatti proposto quale testimonial della campagna "Più acqua, più vita", per la costruzione di due pozzi di acqua potabile a Santo Domingo.
Sempre a livello di cast, La casa sulle nuvole ha potuto schierare anche veterani del calibro di Adriano Giannini e Paolo Sassanelli, apparsi concordi nel giudicare positiva l'esperienza di un film cui non manca certo il tocco esotico, essendosi effettuata gran parte delle riprese a Marrakech e in altre località del Marocco, col fascino delle ampie distese desertiche sullo sfondo. Se in tanti, quindi, si sono espressi positivamente riguardo all'atmosfera che si respirava sul set, i responsabili dell'Istituto Luce e del Centro Sperimentale di Cinematografia presenti in sala hanno voluto ricordare più volte quanto il lavoro del giovane regista sia stato sostenuto, sin dall'inizio. Ed è proprio dando la parola a lui che l'incontro con i giornalisti è entrato nel vivo.

Come è nata l'idea del film?

Claudio Giovannesi: Quando studiavo al Centro Sperimentale avevo un soggetto, notato poi anche dall'Istituto Luce, grazie al quale sono potuto partire molto presto per approfondire le ricerche in Marocco. Lì, analizzando i profili dei 23 italiani residenti a Marrakech, sono emersi risvolti interessanti, che mi hanno ispirato nella costruzione dei personaggi. La nostra indagine ha infatti portato alla luce tre tipologie di italiani diversi. Ci sono gli imprenditori approdati in Marocco per sfruttare la manodopera locale e fare buoni affari. Ci sono i galleristi che continuano ad occuparsi di arte come se si trovassero a New York o a Soho, ignorando sostanzialmente la realtà circostante. E per inciso il gallerista che compare nel film è uno che svolge veramente tale occupazione a Marrakech! Infine c'è la categoria forse più interessante, quella che ha in parte ispirato il personaggio di Dario Raggi, in fuga dall'Italia e dalla propria famiglia: sono quei figli degli anni '60, delusi dal crollo dei sogni tipici di quella generazione, che negli anni successivi hanno trovato rifugio in posti come il Marocco, o il Sudamerica, o l'India, spinti da un profondo disagio per i mutamenti in atto nella società italiana.

Ed è quindi una visione coerente con la battuta che si ascolta nel film, quando uno dei personaggi definisce l'Italia paese senza possibilità?

Claudio Giovannesi: Direi di sì, difatti gli esuli che ho incontrato odiano e rimpiangono al tempo stesso il paese da cui provengono. Dario, il padre di Michele e Lorenzo, è proprio uno di quei personaggi che attribuiscono all'Italia, per come si presenta attualmente, i propri fallimenti e le proprie delusioni.

Ci sembra però che tu non voglia dare un giudizio netto su questa particolare figura paterna, nonostante il fatto che abbia abbandonato i figli senza una spiegazione.

Claudio Giovannesi: In definitiva il film stesso è più leggero, rispetto a quanto possa apparire dal modo in cui stiamo ora affrontando certi temi. Del resto ci sono momenti come quello in cui il più ostile dei due figli, di fronte a un maghrebino appena conosciuto, definisce Dario un buon padre, da cui si deduce che a quel punto persino lui ha smesso di odiarlo. Ma ora, forse, vorrete fare qualche domanda agli interpreti.

Certo, ad esempio vorremmo chiedere ad Adriano Giannini come si è trovato a lavorare con un autore così giovane.

Adriano Giannini: Bene, perché lui ha grande entusiasmo, una voglia di raccontare che riesce poi a trasmettere a tutti gli attori che lavorano con lui. Questa, del resto, è un'impressione che ho avuto sin dagli incontri che hanno anticipato le riprese. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, trattandosi di incontri preparatori, Claudio ha cominciato a lavorare sulle luci e su altri aspetti tecnici sin da allora! Per me che ho iniziato come operatore, tanti anni fa, è stata una bella sorpresa.

Tornando a te, Claudio, come hai scelto gli interpreti principali, in particolare Bosi e Giannini?

Claudio Giovannesi: Loro due li ho scelti insieme, penso che se non ci fosse stato l'uno non ci sarebbe stato neanche l'altro. Anche perché tra loro c'è una certa somiglianza fisica, ed io volevo proprio questo, che i due fratelli un po' si assomigliassero.
Quanto ad Emilio Bonucci, che interpreta Dario, oltre ad essere un bravo attore si prestava perché ha una serie di trascorsi personali che lo avvicinano molto alla biografia del personaggio.

Come definirebbe invece il suo sguardo sulla società marocchina?

Claudio Giovannesi: L'idea della famiglia che in Marocco ospita i due fratelli è nata molto prima, volevo un esempio di migrazione al contrario, tant'è che all'inizio avevo pensato anche all'Europa dell'Est tra le possibili mete del viaggio. Ma poi ho scelto il Marocco così da accentuare i contrasti, dato che la società islamica ha con la famiglia un rapporto fondamentale, mentre purtroppo da noi giornale e televisioni danno spesso di quel mondo un'immagine distorta, caricaturale.

Cosa c'è di voi interpreti nei rispettivi personaggi?

Paolo Sassanelli: Relativamente al mio personaggio, penso che di mio non ci sia nulla.

Claudio Giovannesi: Magari il sigaro!

Paolo Sassanelli: Oh, quello sì, per il resto ho provato un certo divertimento nel costruirlo, essendo così distante da me.

Adriano Giannini: Per me vale lo stesso discorso, cerco sempre di distanziarmi il più possibile dal personaggio, anche se poi qualcosa di tuo filtra comunque. Se dovessi poi isolare un tratto comune col personaggio in questione, direi che di Michele condivido l'amore per i cani.

Emanuele Bosi: A parte il fatto di essere anch'io in famiglia il fratello minore, ho ugualmente lavorato per dassicurare un'identità al mio personaggio, cercando di interagire il più possibile con gli altri attori, in particolare con Adriano.